mercoledì 24 febbraio 2016

LA LEGGENDA DI BACCO E ARIANNA


Ad  Adriana,
cara amica scomparsa prematuramente,
nel ricordo della sua bellezza e celestialità




Sommario: a) La leggenda greco-cretese di Dioniso ed Arianna nei suoi tratti essenziali, pp. 1-2;  b) L'assassinio di Androgeo e la punizione inferta ad Atene da parte del padre Minosse, pp. 2-3;  c) L'annientamento del Minotauro coll'aiuto del famoso 'Filo d'Arianna', pp. 3-4;  d) Fuga di Teseo, nozze di Arianna con Dioniso e suicidio di Egeo, pp. 4-6;  e) Trasposizione cretese e cipriota del racconto mitico, pp. 6-7;  f) Trasposizione latina nella leggenda di Bacco e Arianna, pp. 7-8; g)  Nascita e culto di Bacco-Dioniso, pp. 8-13; h)  Celebrazioni posteriori del mito nella letteratura e nell'arte, pp. 13-17;  i) Conclusioni, p.18.






a) La leggenda greco-cretese di Dioniso ed Arianna nei suoi tratti essenziali

         L'antefatto di questa leggenda è la morte di Androgeo, figlio di Minosse, per supposta colpa di Atene (1).   Egeo, sovrano di Atene, aveva inviato Androgeo contro il Toro Selvaggio di Maratona, il quale disgraziatamente l'aveva ucciso.  Vi è naturalmente un'altra versione dell'avvenimento, che a differenza di quella testé citata incolpa direttamente Egeo d'aver tramato un'assassinio vero e proprio ai danni del figlio di Minosse, re cretese, per ragioni politiche.  Ma tutto questo lo approfondiremo, al meglio, nel prossimo paragrafo.  Per ora ci basti sapere che il desiderio di vendetta da parte di Minosse, dopo aver avuto notizia dell'accaduto mentre era intento ad un sacrificio nell'isola di Paro (2)ha fatto sí che  Creta esigesse regolarmente un tributo di sangue annuale.          Questo tributo consisteva nell'invio di giovani e giovinette da offrire in pasto al Minotauro, il mostruoso figlio di Pasife, coniugatasi immoralmente col Bianco Toro Marino inviato in omaggio da Poseidone al marito.  Sennonché Egeo inviò segretamente assieme alle vittime designate suo figlio Teseo che, coll'aiuto miracoloso (il Filo Magico) di una delle due figlie del Re di Creta (Arianna), annienterà il Mostro riuscendo ad uscire dal 

         
  
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pericoloso Labirinto in cui esso era rinchiuso.  Teseo diverrà in tal modo l'amante di Arianna, ma attraverso un sogno sarà Dioniso a farla sua sposa.  La storia avrà un epilogo con l'amore da parte di Teseo per Fedra, sorella di Arianna e suo doppione secondo Graves (3), dopo aver tradito la propria sposa Ippolita (4).



b)  L'assassinio di Androgeo e la punizione inferta ad Atene da parte del padre Minosse

         Procediamo, dunque, ad analizzare in dettaglio l'intero racconto.  Dopo che Eracle aveva lasciato libero il Toro di Creta nella Piana di Argo, l'animale era passato attraverso l'Istmo di Corinto nella Piana di Maratona, dove aveva ammazzato centinaia d'uomini.  Compreso Androgeo, inviato contro di esso, proditoriamente o meno.  Mentre Teseo qualche anno dopo riuscí ad afferrarlo per le corna e a condurlo in qualche modo, attraverso le strade di Atene, fino all'Acropoli per sacrificarlo a Poseidone (5).  Non avendo evidentemente creduto alle loro scuse, al fine di far espiare loro la colpa per la morte del figlio, Minosse decise che gli Ateniesi dovessero inviare ogni anno 7 fanciulle e 7 fanciulle nel Labirinto di Creta da offrire in pasto al Minotauro.  Il nome proprio di questo mostro era Asterio/ Asterione secondo Diodoro Siculo et al.  Esso è era stato generato da Pasife unitasi in amplesso al Toro Marino, donato a Minosse da Poseidone.  Vi sono varie ipotesi che descrivono l'invio di Teseo alla volta di Creta assieme alle 14 vittime sacrificali.  L'arrivo di Teseo ad Atene coincise col terzo tributo che la città doveva pagare.  Se nelle due precedenti spedizioni erano state inalberate sempre vele nere al ritorno, in quella terza spedizione Egeo affidò a Teseo anche una vela bianca, giacché il figlio s'era proposto di tentar d'uccidere il Minotauro onde liberare Atene dai gravosi tributi di sangue.  Fosse, o non fosse, d'accordo con Minosse circa questa eventualità.
         In attesa della partenza Teseo condusse le vittime designate, estratte a sorte, nel tempio del Delfino (6) e le fece benedire dal dio offrendogli un ramo d'olivo avvolto in un filo di lana bianco (7).  Prima di partire per Creta, le madri della gioventú da sacrificare 




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recarono al tempio le provviste per il viaggio, rincuorandola con narrazioni eroiche e storie di prodigi.  Teseo fra l'altro pensò bene di sostituire due fanciulle con due fanciulli dall'aspetto un po' effemminato ma in realtà assai coraggiosi, in modo da potersi eventualmente difendere con maggiore scorta.  Per poter ingannare Minosse li fece profumare nel capo e nelle membra con oli ed essenze varie, dopo aver chiesto loro di far dei bagni caldi e pulirsi per bene (8).



c)  L'annientamento del Minotauro coll'aiuto del famoso 'Filo d'Arianna'

         Giunta la nave a Creta dopo alcune peripezie, non essendo allora gli Ateniesi ancora esperti di pilotaggio nautico, arrivò Minosse per controllare che le vittime richieste vi fossero tutte; ed, invaghitosi d'una delle vergini, incorse nell'ira di Teseo quando tentò di violentare la fanciulla.  Essendosi Teseo presentato agli occhi del sovrano quale <Figlio di Poseidone> (in senso eroico), Minosse gli chiese di provare la sua ascendenza divina e gettò in acqua un anello domandandogli di riportarglielo dal 'Fondo del Mare' (9).  Prima di gettarsi in acqua al fine di recuperarlo, Teseo chiese a propria volta al suo interlocutore di provargli che era davvero un <Figlio di Zeus> (idem come sopra).  Al che il re elevò una preghiera al Signore dell'Olimpo ed all'improvviso si vide il balenío d'un lampo  nel cielo, accompagnato dal fragore del tuono.  Non appena l'Eroe si tuffò ecco venirgli in contro uno stuolo di Delfini per condurlo sino al Palazzo di Anfitrite, la Regina del Mare, che inviò subito delle Nereidi a cercare l'anello (10) e poi glielo consegnò congiuntamente ad una corona (11).
         La 'Corona' (12) era quella di Afrodite Urania, figlia-sposa di Urano; equivalente all'Aprodita della Magna Grecia, detta Ana dai Messapi, popolazione protostorica del Salento (13).
        Due vergini si concessero poi spontaneamente a Teseo, loro prodigo difensore, in attesa d'essere sacrificate.  Non solo, anche Arianna s'innamorò di lui a prima vista, a dimostrazione che Afrodite  cui egli aveva sacrificato, su consiglio dell'oracolo 



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delfico, prima di compiere il periglioso viaggio per mare – stava dalla parte dell'Eroe.  La figlia di Minosse, prima d'aiutarlo a compiere la difficile missione, si fece giurare in segreto che l'avrebbe portata seco quale sposa in Atene dopo l'annientamento del mostruoso fratellastro.  Arianna allora, possedendo il <Filo Magico> (14che le aveva donato Dedalo (costruttore del Labirinto, in quanto incarnazione del Demiurgo), spiegò a Teseo il metodo onde raggiungere il Minotauro dormiente nell'ambito labirintico collo scopo di sacrificarlo a Poseidone.  Teseo si comportò in base alle istruzioni ricevute ed, assicurato un capo del 'Filo' ad uno stipite della porta d'ingresso del Labirinto, lo lasciò sgomitolare pian piano; fino a che, trovatosi di fronte al Mostro, lo colpí a morte con un'arma.  Tale arma varia, a seconda degli autori, dalla Spada offertagli da parte di Arianna alla Clava sottratta a Scirone.
         Dopodiché il 'Filo' si riaggomitolò prodigiosamente e l'Eroe ebbe modo di tornare sano e salvo all'ingresso.  Riemerso dal Labirinto colla veste insanguinata, avendo compreso quel che aveva fatto Arianna lo abbracciò, guidandolo poi al porto unitamente agli altri ateniesi.  Intanto le vergini erano state liberate dai due giovani dall'apparenza effemminata e dagli altri maschi, che avevano fatto fuori le guardie.  Si radunarono tutti assieme ed, essendo sopraggiunta la sera, si allontanarono da Creta a forza di remi.  Prima di ciò, tuttavia, Teseo sembra abbia aprto delle falle negli scafi cretesi per impedire un eventuale inseguimento.  Ciononostante, gli ateniesi dovettero affrontare una piccola battaglia navale mentre s'allontanavano dal porto col favore delle tenebre.  Fortunatamente, si tramanda, non subirono perdita alcuna (15).




d)  Fuga di Teseo, nozze di Arianna con Dioniso e suicidio di Egeo

         Qualche giorno dopo, essendosi l'Eroe fermato con Arianna presso Dia (16), lasciò che s'addormentasse e poi l'abbandonò miseramente salpando per Delo.  Anche in tal caso le versioni 




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dell'evento variano: 1) Teseo aveva in mente un'altra donna; 2) Teseo temeva di suscitare scandalo in Atene coll'arrivo di Arianna, essendo costei in fin dei conti la figlia del re cretese; 3) Teseo fuggí terrorizzato scorgendo che giungeva la 'Nave' di Dioniso (17).  Quest'ultima versione, appoggiata da Pausania e Diodoro Siculo (18), risulta la più verosimile.  Vedendosi abbandonata dall'amante nonostante l'aiuto fornitogli, Arianna proruppe in un pianto disperato, poiché per Teseo aveva tradito patria e genitori.  Invocò dunque la vendetta del Cielo e Padre Zeus, interpellato dalle sue invocazioni, acconsentí di aiutarla.  In quel mentre giunse Dioniso, col suo corteo di Satiri e di Menadi, a consolarla prima e poi a sposarla ponendole sul capo la Corona (19che Teseo le aveva lasciato.  Gli autori antichi (Catullo, Igino, Pausania ecc.) ci tramandano che la coppia ebbe numerosa prole (20).
         Raggiunta Delo, Teseo aveva sacrificato ad Apollo e gli aveva offerto una statua di Afrodite scolpita da Dedalo e lasciata da Arianna sulla nave a vela.  Attorno a questa statua, deposta sull'altare di Afrodite dell'ara di corna situata nell'isola e dedicata ad Apollo (21), Teseo si dice abbia danzato la cd. 'danza delle gru'; diffusa in parecchi centri dell'Egeo e, al dire di Plutarco, persino in certe coste italiane (22).  Il figlio di Egeo faticò ovviamente a veleggiare sino alle coste dell'Attica, onde si scordò quand'era prossimo al ritorno in patria d'issare la vela bianca consegnatagli dal padre prima della partenza.  Sicché, avendo dimenticato di cambiare la vela nera, il padre che scrutava il mare dall'Acropoli la vide e disperato si gettò giú fra le rupi.    In alternativa, si narra che svenne alla vista e rotolò giú per le rupi.  Dal che il mare delle coste greche fu da allora chiamato col suo nome, appunto 'Egeo' (23)
         Secondo la tradizione la nave che avrebbe condotto Teseo a Creta sarebbe stata impiegata anualmente per un viaggio d'andata e ritorno fino a Delo; ma, sarebbe stata riparata talmente tante volte, che i filosofi ne hanno fatto un'immagine del tema logico dell'identità (24).   
        Il Graves dopo aver tratteggiato la narrazione secondo la tradizione greca (25), offre motivi di spunto per una disamina critica del mito, menzionando l'interpretazione cretese e quella cipriota 



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dello stesso.



e)  Trasposizione cretese e cipriota del racconto mitico

        In ottica cretese (razionalizzante) la faccenda del Minotauro sarebbe esclusivamente una narrazione mitica, pur avendo un sottofondo storico ben preciso, ed il Labirinto una prigione in cui venivano custoditi i giovani ateniesi in attesa dei giochi funebri in onore di Androgeo.  Alcuni venivano sacrificati, altri venivano concessi in premio ai vincitori dei giochi.  Tauro, il comandante supremo delle truppe di Minosse, si tramanda vincesse sempre i giochi e perciò reclutava per sé giovani e fanciulle.  Inoltre, avendo tradito il suo re con Pasife, la moglie di Minosse, aveva generato in lei un figlio che molto gli somigliava.  Ecco dunque il motivo per cui Minosse concesse a Teseo di lottare contro di lui.  In quanto ad Arianna, sembrerebbe che la principessa cretese si sia invaghita del principe ateniese dopo averlo visto gareggiare mostrando tutta la sua abilità nella lotta.  
         Minosse alfine, soddisfatto dell'esito delle gare avendo Teseo sconfitto Tauro, volle accettarlo quale genero rinunziando ai tributi prima imposti ad Atene (26).  Al dire del Graves (27) i discendenti di cotali ateniesi, schiavizzati dai cretesi, a causa dell'eccedenza del loro numero finivano a Delfi, in Tracia ed in Iapigia.
         In ottica cipriota le cose parevano stare ancor diversamente.  Ovverosia Minosse e Teseo avrebbero stretto un patto in base a cui non potevano navigare nell'Egeo imbarcazioni con piú di 5 uomini.  Sennonché, quando Dedalo fuggí da Creta (28), Minosse lo inseguí colla sua intera flotta; ma irritato per il non mantenimento del patto da parte del sovrano cretese nei confronti del proprio <figlio> il dio del mare scatenò allora una procella, che spinse il re fino alle coste siciliane, ove trovò la morte.  Il dissidio di Teseo continuò piú tardi con Deucalione, il figlio diMinosse (29), allorché prese il posto del padre.  Infatti il fratello di Arianna minacciò di sopprimere gli ostaggi lasciati a Creta dagli ateniesi a garanzia del patto stipulato, qualora non gli avessero consegnato Dedalo.  Tergiversando Teseo cercò di pigliar tempo, mentre intanto organizzava una flotta a 



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Trezene coll'aiuto del nonno materno Pitteo; con tale flotta veleggiò alla volta di Creta ed, essendo questa stata scambiata per quella di Minosse che si supponeva tornasse dalla Sicilia, poté entrare nel porto a vele spiegate senza colpo ferire.  Impadronitosi cosí del porto, l'Eroe si diresse verso Cnosso, dove sterminate le guardie del palazzo reale finí poi per annientare lo stesso Deucalione. 
         Il comando passò quindi ad Arianna, colla quale Teseo si sposò unificando i due regni di Creta e di Atene (30).  Celebrate le nozze, i due sposi salparono insieme per raggiungere l'Attica, ma una tempesta li costrinse a riparare presso Cipro.    Arianna, che nel frattempo era già rimasta gravida, soffriva il mal di mare e perciò domandò al marito d'esser lasciata ad Amatonte (31).  Non appena Teseo risalí  sulla sua nave, un vento fortissimo lo spinse al largo e lo ricondusse in patria.  Arianna rimase dunque sola in Amatonte, dove le donne del luogo cercarono di confortarla, fingendo che Teseo si era interessato a lei con delle lettere.  Infine Arianna morí di parto (32).
        Vi sono due ulteriori diverse versioni dell'evento.  In una si tramanda che Arianna sia stata uccisa da Artemide coi propri dardi a causa del fatto che Dioniso, geloso, si lagnò colla dea dopo il matrimonio di Arianna; nell'altra si spiega che fu la figlia di Minosse medesima ad impiccarsi, per timore d'una punizione da parte di Artemide.  Ciò c'introduce al motivo dell'Arianna Impiccata, il quale ha come varianti quelli dell'Elena Impiccata, della Fillide Impiccata (33) o dell'Artemide Impiccata.  Ma una disquisizione su codesto motivo mitologico non rientra nei piani del nostro presente studio (34)    
         

       
f)  Trasposizione latina nella leggenda di Bacco e Arianna 

         In versione latina la leggenda greca attraverso il personaggio di Bacco assume un carattere alcoolico-erotico accentuato, ovvero "tantrico" per cosí dire, ed è la coppia Bacco-Arianna (Dioniso-Ariadne) anziché quella di Teseo-Arianna a dominare tematicamente la scena nella letteratura e nell'arte che la concerne. 
         



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Mentre Teseo in pratica scompare dal vivo della saga.  Non che il dionisismo non fosse "tantrico" anche in Grecia, anzi forse considerando gli aspetti spirituali del tantrismo in India, lo era sicuramente di piú del bacchismo.  E non è certo un caso che Dioniso nel Libro XIII delle Dionisiache, di Nonno di Panopoli (IV-Vsec. d.C.), per volere del Re degli Dei compia un viaggio in quella terra al fine di conquistarla a sé; anche se, poi, è costretto a combattere contro gl'Indiani (Libri XIV-XV).  In tutta evidenza già prima nella letteratura latina, e soprattutto dopo in quella neo-latina, la leggenda acquista una dimensione prevalentemente filosofica ed umanistica.  Si perde, frattanto, l'alone misterico ed iniziatico che la connotava nettamente in Grecia.  Basta considerare la differenza fra le feste greche riguardanti Dioniso ed i Baccanali romani.
         Bacco, come dio latino, giunge nella cultura italica nel II sec. a.C.  Il nome latino Bacchus deriva dal gr.βάκ-χ-ος (cfr. col scr.bhak-t-a), che in principio non era un nome proprio, ma indicava semplicemente lo stato estatico in cui trovavasi il devoto nella contemplazione del nume.  L'iconografia dipinge il dio alquanto paffutello e con in mano la Coppa, alla maniera dell'asiatico Kubera, suo esatto corrispettivo nell'induismo.  Tratti particolari del Bacco latino sono invece l'accentuazione del rapporto col vino (35), sebbene questa interpretazione limitativa sia visibilmente d'origine plebea.  D'altra parte, siccome divinità della IV Generazione Divina (dopo Urano, Crono e Zeus), egli presiede per natura tanto agli Inferi  visto che il suo omologo Dioniso è stato identificato in Grecia ad Ade (36– quanto al popolino.       
         



g)  Nascita e culto di Bacco-Dioniso  

         Bacco-Dioniso è stato generato secondo la tradizione greco-latina da varie madri, ma la principale tra queste supposte dee che gli hanno conferito i natali sembra essere la lunare Semele; figlia di Cadmo, re di Tebe, e della sua consorte Armonia.  Zeus pigliò veste mortale per avere rapporti sessuali con lei, ma la gelosa Era fece in modo che la relazione s'interrompesse tragicamente dopo 6 mesi di 
         



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gravidanza.  Ne nacque ugualmente un figlio, rimasto subitamente orfano, ma Hermes riuscí lo stesso a salvarlo cucendolo per 3 mesi nella coscia di Zeus.  La <Coscia> (37) indica una porzione di Zeus, una porzione fallica al dire di qualcuno (38).
         Come ha messo giustamente in rilievo Kerényi (39), la nascita di Bacco-Dioniso è una nascita infera.  Giacché la madre viene fulminata da Zeus, dopo che la principessa tebana su consiglio fraudolento di Era (nei panni d'una vecchia) domanda all'amante di mostrarsi col suo vero volto.  Le varie madri attribuite a Dioniso presentano infatti tutte immancabilmente un caratttere infero-lunare, da Persefone a Semele (40).  Ciò perché all'inizio del Neolitico (grosso modo all'inizio dell'Età del Ferro della Grecia mitica), c.6.000 anni fa, lo Zodiaco Lunare con asterismi che erano il multiplo di 9 (3x3) è subentrato a quello Solare duodenario.  Gli aspetti infero-materni alludevano, senza dubbio all'Equinozio d'Autunno e al Solstizio Invernale (Inverno = Inferno)(41).  Dioniso inoltre è egli medesimo un dio degl'Inferi, benché in riferimento al Mondo Sotterraneo, non al Mondo Atmosferico (Intermedio) come Ade.  Purtroppo gli studiosi, quando paragonano i due, non fanno mai tale necessaria distinzione.  In altre parole, Dioniso è connesso all'Elemento Terra, Ade al pari del Marte romano nella "triade  capitolina" (42), in realtà un triregnum come quello greco all'Elemento Fuoco.
         Cadmo, nonno di Dioniso, è nato dal connubio fra Zeus ed Io sotto spoglie di giovenca.  Egli possedeva una sorella, Europa, che Zeus aveva violentato sotto forma di Aquila e di Bianco Toro (allusioni al Solstizio Invernale ed Equinozio di Primavera dell'inizio dell'Età del Ferro); ed un fratello, Glauco detto 'Melicerte'.  Dato che costui aveva una madre di nome Ino (Leucotea) e fu denominato in seguito Palemone, se ne deve dedurre che Ino ed Io non sono che varianti d'un unico mito.  Il che vale pure per Europa, nonna di Arianna e zia di Dioniso.  Costei appare dal canto suo non meno di Cadmo quale figlia di Telefassa (43) ed Agenore (44).  Cadmo al dire del mito proverrebbe dall'Egitto, ossia dalla stirpe di Epafo (45); la storia della ricerca della sorella, assieme alla madre, gli farebbe insomma ripercorrere a ritroso il tragitto del suo arrivo ed insediamento a Tebe.  Presso i Cabiri vi era un certo Cadmilo (lett. 'piccolo Cadmo'), il quale svolgeva nei 
       



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Misteri di Samotracia la parte dell'Ermes itifallico (46)
         Fin da bambino Dioniso apparve come una figura proteica, in continua metamorfosi.  Dal punto di vista fisico appariva cornuto ed anguicrinito, a dimostrazione che la sua vera originaria natura era simil-titanica, non divina.  Tuttavia su mandato di Era i Titani lo acchiapparono e lo fecero a pezzi, poi bollendolo in un calderone di tipo shamanico; dal suo sangue sorse però un melograno, simbolo di resurrezione (47).  La nonna Rhea accorse in suo aiuto e lo fece rinascere, dopodiché Zeus lo affidò alla figlia Persefone, che a sua volta lo consegnò ad Atamante ed alla consorte di questi, Ino.  Benché allevato come una fanciulla, Era scoprí l'inganno e puní sia Atamante (48) che la moglie (49) colla pazzia.  Ermes trasformò allora Dioniso in agnello o capretto (50).  Indi le 5 Ninfe Iàdi (51) lo nascosero in una grotta del Monte Nisa, in Elicona (52)scaldandolo al fuoco dei rami di pino e nutrendolo di miele (53).  Ivi Sileno (54), figlio di Pan, gl'insegnò i segreti della preparazione del vino (55), che in seguito Dioniso avrebbe diffuso (56).   Divenuto adulto, la lunare Era riconoscendolo quale figlio naturale di Zeus fece impazzire anche lui (57).  Cominciò cosí il vagabondaggio mondano del dio, accompagnato da Satiri e Menadi, nonché dal tutore Sileno.
          Facciamo notare a questo punto, per inciso, che la pazzia è un elemento strettamente abbinato alla mitologia orionica.  Se si pensa che l'asterismo di Orione veniva denominato Kᵉṣīl presso gli Ebrei, cioè il 'Folle' (58).  Donde è derivata la Lama 0 dei Tarocchi, appunto il 'Matto' (59); ma pure la I Lama, il Bagatto, è connessa a codesto asterismo.  Tant'è che ne ha la foggia, con mani levate e gambe larghe oltreché le Quattro Armi, divenute nelle carte da gioco i fatidici 'Quattro Semi' (60).  Anche in ambito islamico troviamo la saga arabo-persiana di Layla (Leyli in neo-persiano) e Majnun, mirabile storia d'amore fra due adolescenti di solito paragonata alla tragedia shakespeariana Romeo and Juliet, per quanto nella storia musulmana sia sotteso un simbolismo che va oltre di gran lunga la semplice vicenda etico-sentimentale o l'ambiente storico-sociale.  Majnun (lett. il 'Folle'), il cui vero nome è KaisQais (61), apparteneva alla tribù dei Banū Udhra; donde gli esponenti di tale loro pensiero, di cui Jamīl (VII-VIII sec. d.C.) è stato il maggior interprete durante il Califfato Omayyade di Siria, eran detti a bella posta 'Udhriti' (62).  Essi eran soliti amare senza 
       



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ritegno fino all'esasperazione dei loro sentimenti (63) ovvero, come si suol dire, davano l'anima per amore trasformando la naturale propensione verso una donna in un vero e proprio culto.  Pure la pazzia di Mago Merlino, il quale si sentiva in colpa per aver abbandonato Re Artú nel momento decisivo, andrebbe ricondotta al medesimo arcaico motivo; che, a nostro giudizio, dovrebbe risalire all'inizio della greca Età del Ferro.  Se Dioniso mutatis mutandis corrisponde ad Orione, cioè a Zagreús (figura orfica in origine non connessa al dio del vino), è chiaro che Arianna e tutte le figure omologhe – compresa la Layla islamica – si rifanno ad Aldebaràn; ma anche alla Luna, poiché è questo astro che fa impazzire la mente (64di tutte le creature, divine ed umane.  Si pensi a Titania, la Regina delle Fate shakespeariana (65che gioca assieme al Re dei Folletti (Oberon) colla vita degli esseri, facendoli invaghire l'uno dell'altro e poi mescolando le carte li fa odiare ed infine li fa tornare alla situazione di partenza come se niente fosse successo.  È in tal senso che, si può dire, la vita rimane un sogno ad occhi aperti.
          Tornando a Dioniso, da quel momento in poi (cioè dall'impazzimento provocatogli dalla Regina degli Dei), egli venne sempre seguito dal corteo descritto; munito di tirsi (rami di pini avvolti con edera e guarniti d'una pigna sulla punta)(66), spade, rombi (asticelle ronzanti) e serpi.  Recatosi in Egitto (67) passando per l'isola di Faro, ove si svolse una significativa identificazione fra lui e Proteo (nume locale delle mutazioni)(68), s'appoggiò alle Amazzoni libiche del Delta del Nilo onde riportare Ammone sul trono di quella terra; dopo che i Titani, intendendosi per costoro evidentemente  un arcaico ceppo etnico d'origine danaide che li ossequiava (69), lo avevano detronizzato.  O meglio, aveva esautorato un ceppo recenziore necessariamente d'origine atlantica, che viceversa venerava gli Dei.  Quindi in sostanza il culto egeo-cretese di Dioniso, sa pur manu militari, finí per riportare in auge quello di Amon-Ra in Egitto, in altre parole il culto zodiacale (70).  Non importa se ottonario, o duodenario.
          Dioniso si diresse poi in India, che raggiunse dopo aver affrontato parecchi avversari; conquistò quella terra, insegnando la viticoltura, facendo da legislatore e fondando centri urbani (71)Al ritorno verso il Mar Egeo affrontò le Amazzoni scitiche.  Indi giunto in Frigia venne purificato dalla nonna Rhea, che lo iniziò ai




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Misteri per allontanarlo dai mali ai quali lo aveva condotto la follia.  Ed infine invase la Tracia, ma Licurgo (re degli Edoni) lo attaccò sbaragliando l'esercito che era al seguito del figlio di Semele (72).  Cosicché Dioniso fu costretto a gettarsi in mare e a cercar rifugio nella Grotta di Teti.  Rhea, irritata per l'accaduto, al modo di Era fece allora impazzire Licurgo, tanto da spingerlo ad uccidere il figlio Driade.  A quel punto Dioniso riemerse dal mare, inducendo gli Edoni a metter a morte il loro re per l'orrore commesso (73).
          Lasciata la Tracia, vinta alla sue idee, passò in Beozia; quivi convinse parecchie femmine a dedicarsi al suo culto, sul Monte Citerone, ma Penteo (re di Tebe) lo fece arrestare assieme alle Menadi per la loro vita dissoluta.  Sennonché pure Penteo ebbe ottenebrata la mente e le Menadi poterono fuggire sulle pendici del Citerone; il re cercò egualmente d'opporre resistenza, ma invano.  Alla fine Penteo fu fatto a pezzi dalle Menadi, inferocite; alla testa delle quali stava Agave, la madre del re, pure lei in stato d'invasamento dionisiaco.  L'ultima opposizione beota al dionisismo avvenne ad Orcomeno, dato che le 3 figlie di Minía rifiutarono di partecipare a quegli oltraggiosi culti notturni, nonostante avessero ricevuto un caldo invito ad aderirvi da parte di una fanciulla in cui celavasi Dioniso stesso.  Anch'esse persero ben presto la ragione, sí da smembrare e divorare il figlio di una di loro (74).  
          Essendo stata costretta l'intera Beozia in tal modo ad accettare il culto dionisiaco, siccome la nave del seguito di Dioniso non era piú in grado di tenere il mare, esso fu obbligato a noleggiare una nave di pirati diretta a Dia.  I pirati, non sapendo naturalmente  con chi avessero a che fare, decisero di cambiar rotta e si diressero verso l'Asia, intenzionati a vendere schiavi.  Ma Dioniso fece sorgere  magicamente una vite attorno all'albero maestro della nave e tutta l'imbarcazione fu avvolta completamente di edera.  Nel contempo i remi si cambiarono in serpi, Dioniso si trasformò in leone (75) e la nave si riempí di fantasmi di feroci animali (evidentemente incarnati shamanicamente dagli addetti al culto), i quali costrinsero i pirati a buttarsi in mare.  Questi ultimi furono tramutati in delfini, secondo quanto si scorge in un celebre dipinto di epoca classica (76).  La penultima avventura fu lo sbarco a



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Dia, ove il dio incontrò Arianna e la fece sua sposa.  Qui s'incrocia la storia dell'uno con quella dell'altra, di cui abbiamo detto nei paragrafi precedenti.  Circa Dioniso si deve tuttavia aggiungere che un'ultima avventura del nume riguarda il viaggio ad Argo per punire Perseo (77), inducendo l'invasamento nelle donne argive e conquistando anche l'Argolide al proprio culto (78). 
          Ma in cosa consisteva esattamente il culto dionisiaco?  Stando a Graves e Kerényi parrebbe di trovarci di fronte a qualcosa di selvaggio e di estremamente cruento, invece altri fanno di esso più che altro un culto stagionale (79).    


 


h)  Celebrazioni posteriori del mito nella letteratura e nell'arte

         La piú celebre menzione del mito è indubbiamente il Trionfo di Bacco e Arianna del poeta umanista fiorentino Lorenzo de' Medici (1449-92), un canto carnascialesco musicato che accompagnava la sfilata per le vie della città dei carri mascherati del Carnevale di Firenze, inventati da Lorenzo e definiti 'Trionfi'.  Ivi di seguito riportiamo le strofe, in ottava tranne la quartina iniziale, alcune a rima incrociata ed altre a rima alternata.



Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Quest’è Bacco e Arïanna,                5
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.                     10
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti            15
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia
di doman non c’è certezza.             20


Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo
se non gente rozze e ingrate:
ora, insieme mescolate,                 25
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.



14

Questa soma, che vien drieto
sopra l’asino, è Sileno:                  30
così vecchio, è ebbro e lieto,
già di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:                 35
di doman non c’è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s’altri poi non si contenta?              40
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,          45
di doman nessun si paschi;
oggi siam, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.                    50
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!             55
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c’ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.             60

         Di Bacco e Arianna però non è detto assolutamente nulla nel testo, se non una pietosa e carezzevole bugia: "belli, e l'un dell'altro ardenti" (vs.6).  Costoro in realtà sono semplicemente nominati per giustificare la chiave di volta, consistente nel carpe diem; un 'cogliere l'attimo' fuggente comunque piú fresco e giocoso che nell'Antichità (vedi Orazio)(80), ma ancor piú nebuloso ed incerto in riferimento al domani.  Osserviamo che vengono indi citate, come in una sfilata musicale, le principali figure correlate al dionisismo: nell'ordine le Ninfe e i Satiri innamorati, rincorrentisi per caverne e per boschetti ponendo molteplici agguati; il vecchio ed ebbro Sileno, sul suo Asino; ed infine Re Mida, il quale aveva ricevuto in dono da Bacco ma si tramutò in maledizione il dono di poter tramutare tutto ciò che toccava in oro.  Conclude la sfilata Amore 



15

(vs.54), idealmente invocato accanto a Bacco.  Significativo che di Arianna non si dica assolutamente nulla in tutto il componimento, il vero protagonista è Bacco, ovvero il dio in sé e non in coppia.  Il che è come dire Amore, alla maniera dantesca, ma senza il trasporto celestiale del finale dell'Alighieri.  L'Amore ivi invocato è quello sensuale, sotto il segno di Afrodite Pandemia, non di Afrodite Urania.

        



continua, specificando i tratti essenziali delle rappresentazioni letterarie ed artistiche di Bacco e Arianna (unica variante: Cerere) durante l'Epoca Romana, confrontandoli con quelli di Dioniso e Ariadne in Grecia e con l'iconologia moderna europea post-rinascimentale  (ved T.Tasso ecc., citando Merkelbach)


i)  Conclusioni

          Alcuni autori asseriscono che, siccome la fine di Arianna è troppo tragica, è impensabile che quella rimastaci fosse realmente l'intera storia in origine.  Ma un mito non è un romanzo, è una storia simbolica.  Dunque non c'è motivo per affermare questo.  La leggenda possiede invero una sua logica: il suicidio di Arianna, ossia la sua auto-impiccagione è un doppione del mitologema dell'Elena o dell'Artemide Impiccata.  Allora dovremmo dire la stessa cosa di costoro?  Evidentemente no.  Piuttosto andrebbe analizzato il motivo in dettaglio, ma non è qui la sede giusta per farlo, e riuniti tutti gli elementi solamente in quel modo si potrebbe esprimere un giudizio serio.  Del resto esistono parecchie varianti della storia.  In quella che descrive l'arrivo di Dioniso dal mare, dopo che il dio ha spinto in sogno Teseo ad andarsene, Arianna diviene la sua sposa; ma d'un dio infero, signore dei piaceri terreni.  E forse proprio questo è il senso di tutto.  Arianna equivale a Persefone, è la signora lunare della vegetazione, il cui corpo scompare durante l'inverno per rinascere a primavera.  Con tutto quel che ne consegue tanto sul piano cosmologico (vedi una possibile comparazione di Arianna colla Settima Pleiade, inseguita da Dioniso-Zagreus, vale a dire Orione), quanto su quello ontologico (vedi mito di morte e rinascita in senso alchemico)(100).







Note

(1)       I rapporti stretti fra Creta ed Atene eran dovuti al fatto che anche gli Ateniesi provenivano da Ctreta, un tempo (prima del Diluvio di Deucalione, collocabile più o meno nel Tardo Neolitico) maggiormente estesa in superficie di quella attuale secondo la leggenda, essendo d'origine pelasgica.  I Pelasgi, al dire di Pausania, erano dei Mini e quindi vanno comparati ai Paleodravidi, che secondo Padre Heras adoravano il dio-pesce Mīn.  Tant'è che il gruppo dominante dei primi è stato quello dei Pandionidi, mentre il gruppo dominante dei secondi è stato quello dei Panduidi, strettamente correlato fin nell'etimo.  Così da poter pensare che sia stato in realtà un sol ceppo dimorante in un'ecumene oramai sprofondata, dislocata magari (ve ne sono invero le prove a vari livelli in varie tradizioni) nella zona nordoccidentale dell'Oceano Indiano in un'età precedente alla suddetta grande inondazione, diramatosi poi in tre direzioni diverse: ad Oriente (India), a Nord (Sumeria) e ad Occidente (Grecia).
(2)       K.Kerényi, Gli Dei e gli Eroi della Grecia- Garzanti, Milano 1976, Vol.2 (ed.or. Die Heroen Griechen- Rhein-Verlag, Zurigo 1958), L.ter., Cap.1, p. 244.
(3)    R.Graves, I miti greci- Longanesi, Milano 1979 (ed.or. Greek Myths- Penguin B., Harmondsworth-Londra 1955), §90, p.85, p.277, n.1. 
(4)       Questo particolare della storia è raccontato approfonditamente in G.Acerbi, Teseo e la Regina delle Amazzoni.... (sullo stesso blog), §e sgg.
(5)        Op.cit., §98.a, p.306.
(6)      S'intende, è ovvio, di Apollo Delfinio.  La conduzione delle vittime a tale tempio rimanda sottilmente al fatto che, alludendo il Delfino all'Età Aurea, si compie una specie di rituale anti-ritualistico; dato che era quello il tempo nel quale i sacrifici non venivano ancora compiuti, sebbene di per sé l'Apollo cretese ed ateniese fosse un nume titanico non diverso dallo Śiva indú.
(7)      Certamente vi è un nesso simbolico, di matrice zodiacale, fra codesto 'Filo' e quello di Arianna.
(8)      Cit., §§ c-e, pp. 306-7.
(9)      Trattasi naturalmente d'una scena simbolica, con allusioni cosmologiche.
(10)     L'Anello è, in genere, un emblema dello Zodiaco Solare.
(11)     §§ f, p.307 e g-j, pp. 307-8.   
(12)    In una variante è Teti ad offrirgli la corona, la quale ad ogni modo si rifà alla Corona Borealis.
(13)    A. di Nola, s.v.ROMANA, Religione presso Enciclopedia delle Religioni- Vallecchi, Firenze 1970, p.454.
(14)    In questo caso è il percorso zodiacale che "mai non muta" ad esser preso in considerazione, non il Cerchio Zodiacale di per sé..
(15)     §§ k-m, pp.308-9.
(16)     Questa Dia corrisponde oggi all'isola di Nasso, a metà strada circa fra Creta e Atene; non alla Dia minore, compresa nella municipalità cretese.
(17)    Se Teseo è in tal ambito l'Eroe Solare (non a caso ha spesso a che fare con Apollo Delfinio), Dioniso è Ζαγρεύς (Orione) e la 'Nave' Arconavis.  Per Zagreus s'intende il mitico cacciatore, figlio di Zeus e Persefone.  Altri (Eschilo ad es.) ne fa il figlio di Ade.  D'altronde Dioniso è identificato ad Ade.
(18)    §h, p.309.
(19)  Tale Corona, fabbricata da Efesto ed immortalata da Dioniso nella Corona Boreale, era composta di oro e di rubini foggiati in forma di rose.
(20)    §o, p.309.
(21)   Apollo nell'arte arcaica teneva in mano il Cerbiatto.  Ciò significa che il Cervo era stato un suo antico veicolo, ovvero il nume veniva in un tempo lontano concepito simbolicamente sotto aspetto di cervide.  (Cfr. l'analoga mitologia di Rudra-Siva fra gli Indú, o di Rundas fra gli Hittiti.) Probabilmente gli venivano sacrificati degli animali di questo genere e quindi le loro corna accumulate indicavano la presenza d'un ara, prima che si cominciasse ad erigere veri e propri templi.  Stessa cosa si può dire per altri animali cornuti di genere bovino, ovino, caprino od antilocaprino assimilati od associati per qualche motivo a determinate divinità.  Cfr. al riguardo M.L. Süring, The Horn Motif. In the Hebrew Bible and related ancient Near Eastern literature and iconography- Andrews Univ.P., Berrien Springs (Mich.) 1980, Cap.I, pp. 6-15.  L'autrice, rifacendosi a H.Gressmann, I.Scheftelowitz e A.Eberharter, suggerisce uno sviluppo cultuale similare anche per la religione ebraiche e per le altre del Vicino Oriente.  Stabilisce insomma che le corna erano un emblema di sacrità e costituivano il sancta sanctorum dell'altare.  Anzi, asserisce addirittura – ma ciò non lo condividiamo, perché si tratta d'un costume assai piú arcaico di quel che lei sembra pensare – che la pratica si sarebbe trasmessa, in seguito, al mondo ellenistico-romano.  Gli autori succitati però hanno concepito le Corna quale semplice attributo di potenza, sia pure trasposto in senso spirituale; altri, come W,F. Albright, hanno invece ampliato il concetto assimilando le Corna alle Montagne ossia sottolineando il loro significato cosmologico.  Altri autori menzionati dalla Süring ci sembra abbiano confuso la questione, anziché dipanarla; onde si spiega il tentativo da parte di lei di dibattere su nuove basi il tema, che approfondiremo forse in futuro in altra sede.
(22)    Grav., op.cit., §§ t-u, p. 311-2.
(23)    Cit., §v, p.312.
(24)   Tale argomento è fondato su un passo di Plutarco (Th.- xxiii. 1), che parla d'una trireme, cui venivano tolte certe parti di legname per sostituirle con altre maggiormente robuste.  Una nuova casa editrice, denominata La Nave di Teseo, è stata fondata in base a tale concetto da Elisabetta Sgarbi (fuoriuscita dalla Bompiani) et al. col sostegno di alcuni autori quali il compianto professore alessandrino Umberto Eco, scomparso di recente, che hanno funto da cofondatori.
(25)    §§ a-o, pp. 306-9.
(26)    §p, p.310.
(27)    §q, p.310.
(28)    Dedalo era il fratello di Policasta, che il Graves (§92, p.289, n.12) identifica alla serie Arianna-Antigone-Pasife et al.  Policasta  aveva a sua volta un figlio di nome Talo, che Dedalo per invidia aveva ucciso.  Essendo perciò stato scoperto l'omicidio, il grande architetto era stato costretto a fuggire verso Creta.  In seguito dovette allontanarsi anche da quest'isola, dato che aveva aiutato Pasife a congiungersi al Bianco Toro offerto da Poseidone a suo marito. Finito prima in Sicilia e poi in Sardegna, fu inseguito dal re cretese, al quale però questo inseguimento fu da altri reso fatale.  Nell'ambito di codesta fuga, di norma per via mare, s'inserisce la variante che l'avrebbe visto fuggire insieme al figlio Icaro mediante delle ali, appositamente costruite.  Purtroppo il figlio non diede retta ai consigli del padre ed, alzandosi troppo in alto, fece sciogliere la cera delle ali al calore del sole precipitando in mare ed annegando.
(29)    Non è lo stesso Deucalione presentato quale re tessalo, avente a che fare col Diluvio mandato da Zeus, ma in un modo o nell'altro può essergli paragonato.
(30)    §98.r, pp. 310-1.
(31)    Città della zona meridionale dell'isola di Cipro.
(32)   Ad Amatonte è rimasta la tomba della principessa, di poi regina, sotto nome di Aridela (lett. 'ampiamente manifestata').  In proposito vedi, sempre del Graves, p.316, n.5.
(33)  Cfr. G.Acerbi, Il Re Pescatore e il Pesce d'Oro- I Quaderni di Simmetria, Roma 2016 (prossim.), Cap.VII, n.xx.  Oppure Grav., op.cit., passim.
(34)    Fillide (gr.φυλλίς) era la figlia di Sitone, re di Tracia, Demofonte un guerriero figlio di Teseo ed Arianna, oppure di Teseo e Fedra.  Si narra che tornando Demofonte dalla Guerra di Troia, dopo aver liberato la nonna Etra rapita dai Dioscuri e divenuta schiava di Elena, sia passato per la Tracia e si sia innamorato della bella Fillide; che volle presto sposare, recandogli costei in dono come dote tra l'altro il regno.  Desideroso comunque di rivedere la sua Atene, volle un dí partire, colla promessa tuttavia di ritornare.  Sennonché finí per obliare la promessa, stabilendosi a Cipro.  Nel frattempo la sposa continuava a scendere sul litorale di Anfipoli sperando di rivederlo tornare, ma accortasi che si trattava d'una vana speranza, lo aveva maledetto e subito dopo si era impiccata ad un albero; allora, pietosamente, Artemide l'aveva trasformato in un mandorlo.  Prima che lo sposo partisse, ella gli aveva donato uno scrigno in cui aveva posto tutti i segreti della Gran Madre Rea.  Tornato alfine in Tracia, Demofonte non trovandola piú pianse dinanzi alla pianta sulla quale Fillide s'era tolta la vita, che cominciò a germogliare.  Passato qualche tempo, Demofonte decise di aprire lo scrigno affidatogli dalla sposa ormai morta per capire cosa contenesse; ed aprendolo vi scoprí tutti i segreti della Gran Madre, dal che spaventato provò a fuggire, ma inciampando cadde sulla propria spada e ne morí trafitto.  Al posto di Demofonte altri menziona il fratello Acamante, che è talora peraltro identificato a lui.  Per Gran Madre vi è chi intende la Magna Mater, cioè la Terra, ma trattandosi di Rea e non di Gea si può intendere che nello scrigno del cuore fossero celati tutti i segreti del divenire (gr.ῥεῖν ) cosmico.  Di fronte a questi, l'uomo che si trova all'improvviso a contemplarli in tutto il loro drammatico peso, è preso dall'angoscia e spesso ne viene irrimediabilmente sopraffatto.
(35)  Proprio per questo il culto di Bacchus, dopo la soppressione di questo voluta dal Senato Romano a causa della pericolosità sociale dei Baccanalia, sarà soppiantato in epoca classica (fra il I sec. a.C. ed il I d.C.) da quello di Liber; ancora piú popolare nei tratti; seppur meno smodato nelle sue manifestazioni cultuali di tipo agreste, espresse nei Liberalia.
(36)    L'identificazione non è totale, bensí soltanto di funzione.  Vide infra.
(37)   La Coscia rimanda all'Orsa Maggiore (G. de Santillana & H. von Dechend, Il Mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo- Adelphi, Milano 1983 (ed.or. Hamllet's Mill. An essay on myth and the frame of time- Gambit, Boston 1969), App.15, pp. 441-3.  Secondo Graves (op.cit., §27, pp. 96-7, n.5) la Coscia rimanda ad un mito di adozione rituale, come è accaduto a Tešub  nei confronti di Kumarbi.
(38)    J.C. Cooper, An Illustrated Encyclopaedia of Traditional Symbols- Thames And Hudson, Londra 1978, s.v.Thigh, p.170/a-b.
(39)      Ker., op.cit., Intr., p.25.
(40)      Quest'ultima non era altro che la dea degl'Inferi frigia (Ker., cit., p.28, n.2).
(41)    Cfr. G.Acerbi, Kali, la dea-scorpione- Alle pendici del Monte Meru (blog, 8-11-14), §3 passim.
(42)     Utilizziamo questa errata definizione, sebbene la terna di numi (Iuppiter, Mars, Quirinus) non contenga alcuna deità femminea come dovrebbe in base al nome, unicamente per non creare equivoci.
(43)     Identificata ad Elettra nell'isola di Samotracia (Ker,L.pri., Cap.1, p.37).
(44)     Fratello di Belo.
(45)     Il nome di Cadmo potrebbe richiamare etimologicamento quello di Chymes (varr. Chemas/ Cheimas), il Primo Alchimista della tradizione greca; che sta forse anche alla base dell'Alchimia egizia, donde l'Egitto fu denominato Kmt (co.Kime, var.Khime).  Cfr. col Kāma hindu e l'Hímeros (personificazione del Desiderio ed ipostasi di Eros) orfico.
(46)     Ker., p.36.
(47)     Il melograno è connesso per lo stesso motivo a Tammuz-Adone (Grav., op.cit., p.97, n.10).
(48)     Atamante uccise suo figlio Learco, scambiandolo per un <Bianco Cervo>.
(49)     Ino si gettò con un altro figlio, Glauco, in mare e i due rinacquero come Leucotea e Melicerte.
(50)   Ciò allude ad una metamorfosi della figura in un dio zodiacale, connesso marzialmente all'Ariete o saturninamente al Capricorno, in altre parole all'Equinozio di Primavera oppure al Solstizio Invernale.
(51)     Per i loro nomi vedi Grav., cit., pp. 95-6, n.2.
(52)    Il Nisa crediamo sia evidentemente una cima del Monte Elicona (dalle fonti non è molto chiaro), alle falde del quale sorgeva un villaggio ove era nato Esiodo.
(53)   Il miele rimanda naturalmente al conseguimento d'una natura divina, essendo il nettare costituiva il <cibo degli Dei> per eccellenza.
(54)    Dio della vegetazione, assimilabile al Satiro, ma maggiormente anziano nell'aspetto.  Viene rappresentato come un vecchio ubriaco, che cavalca un'asina e non manca mai di partecipare ai banchetti dionisiaci.  In origine era, sicuramente, un nume di tipo priapico; secondo quanto mostra una statuetta greca itifallica del VI sec. a.C. nel Mus. di Olimpia, nonché un altorilievo laziale della prima metà del I sec. d.C., in cui Sileno è abbracciato da Eros fanciullo.  Altre immagini pittoriche mostrano Sileno mentre se la spassa con delle giovani Menadi.
(55)    S.Bedetti, La follia degli antichi: Dei, Eroi,Uomini- Area51 Publish., audiolibro on line, Vol.1, Cap.2 passim.
(56)     Secondo Graves (p.95, n.1) fu colà che si diffuse l'uso del vino, oltreché a Creta, a partire dalle montagne sulle coste meridionali del Mar Nero, presso le quali a causa di particolari condizioni ambientali cresceva il vitigno selvatico.  Cfr. A.Virgili, Culti misterici ed orientali a Pompei-Gangemi Edit., e-book on line, Gloss., s.v.VINO, p.210. 
(57)      In greco la parola μανία ('follia') deriva da μένη ('luna').
(58)   J.Fontenrose, Orion: The Myth of the Hunter and the Huntress- Cal.Univ.P., Berkeley-L.Angeles 1981, Cap.I, p.22.
(59)      Vedi Tarocchi di Marsiglia.
(60)      G.Acerbi, I Pañcajana, le 'Cinque Razze' degli Zingari e i 'Semi' del Tarocco- Algiza (N°12), Chiavari 1999, p.18.
(61)      Si tratta ovviamente d'un personaggio fittizio dal punto di vista storico, dato che questo nome rimanda al Kᵉṣīl ebraico, nonché al Kešši hurrito-hittito.  Cfr. riguardo quest'ultimo G.Acerbi, La straordinaria storia di Kessi, mitico cacciatore anatolico- Alle pendici del Monte Meru (blog, 3-05-14), passim.
(62)     Wikipedia, L'Enciclopedia libera, s.v.JAMIL; Enciclopedia Treccani, s.v.Giamī´l ibn ‛abd Allāh al-‛Udhrī.  L'amore piú che appassionato di Jamīl per Buthaina è stato variamente romanzato.   Persino certe attribuzioni a Layla di alcuni particolari, come la non grande bellezza fisica e lo sconcerto del Califfo di fronte a tantà popolarità, sono dettagli appartenenti in realtà alla vita reale di Buthaina.
(63)     Al di là di quanto riferito nella n.prec., vi fu in effetti una base storica per la narrazione, legata all'ambiente omayyade (VII sec. d.C.) attraverso un poeta beduino realmente chiamato Qays ibn al-Mulawwah ibn Muzahīm.  Per maggiori ragguagli cfr. Wik., s.v.LAYLA E MAJNUN.  Su di essa si è sovrapposto, in tutta evidenza, il ricordo dei miti passati conferendole un significato oltremondano.
(64)     Da notare l'affinità fra il gr.μανία ('pazzia') ed il lat.mens ('mente').
(65)     Cfr. Ac., Tes., §a, pp. 3-4.
(66)     Graves (op.cit., p.96, n.2) pone questo costume in correlazione coll'idromele, asserendo che il succo ottenuto dal miele fermentato veniva mescolato con birra di pino e succo di edera.
(67)     Secondo Graves (cit., p.96, n.4) i Misteri di Dioniso equivalevano a quelli di Osiride.
(68)     Sempre Graves (p.97, n.7) ci spiega che Faro costituiva un importante scalo commerciale per tutto il Mediterraneo Orientale durante l'archeologica età del bronzo.
(69)     Per ceppo danaide intendiamo un gruppo di tipo turano, passato nella terra del Nilo dall'Asia Centrale in epoca arcaica.
(70)       Ci siamo rifatti per tale parafrasi, con aggiunta di nostre considerazioni personali, al §27.a-b.
(71)      Eur., Le Baccanti- xiii; cit. da 
(72)      Come per i Titani, si deve ivi intendere per Dioniso uno stuolo probabilmente assai numeroso di persone dedite al culto di Dioniso, che hanno prima invaso l'India e dopo sono tornati verso il Mediterraneo.
(73)      Grav., op.cit., pp. 92-3, §§ c-e.
(74)      Op.cit., §§ f-g, p.93.
(75)      Prima di far impazzire le 3 sorelle ad Orcomeno, già Dioniso si era tramutato in Toro-Leone-Pantera (= Toro-Leone-Scorpione), cosa che implica una connessione tri-stagionale coll'Anno Sacro.  Altrove la Pantera era sostituita, in genere, dal Serpente (p.96, n.4).
(76)      J,Charbonneaux-R.Martin-F.Villard, La Grecia arcaica (620-480 a.C.)- Rizzoli, Milano 1978 (ed.or. Grèce archaïque- L.Gallimard, Parigi 1968; I ed.it. 1969), P.sec., p.106, fig.116.  
(77)      Perseo è maggiormente antico di Dioniso, onde si deve intendere anche qui (nonostante sia un personaggio umano divinizzato) come i cultori di Perseo.
(78)      Ibid. come alla 74, §§ h-j, pp. 93-4. 
(79)     R.Merkelbach, I Misteri di Dioniso. Il dionisismo in età imperiale romana e il romanzo pastorale di Longo- Ecig, Genova 1991 (ed.or.Die Hirten des Dyonisos. Die Dyonisos-Misterien der römischen Kaiserzeit und der bukolische Roman des Longus- B.G. Teubner, Stoccarda 1988), Cap.I, §1, p.15.  
(80)     Hor., Carm.- i. 11, 8.  Per il poeta latino  (I sec. a.C.), d'origine lucana (anche se il territorio ove nacque, ossia Venosa, era una colonia a mezzo fra l'Apulia e la Grande Lucania dei tempi antichi), il 'cogliere l'attimo fuggente' era basato su un'adesione informale all'epicureismo.  Pur d'origini umili, era riuscito tuttavia ad inserirsi in una buona prospettiva economica; ma, essendo consapevole di non poter determinare il proprio futuro, accettava ogni evenienza con spirito pronto a cogliere la buona occasione che gli si presentava.  Senza eccessivi timori per gli anni a venire od alcuna vana speranza.  L'inesorabilità del tempo che passava in quel caso non gli forniva alibi per affannarsi faticosamente a cercare il piacere, né ad evitarlo per la sua inconsistenza. La precarietà della vita non veniva percepita come una soggiacere alla sofferenza, bensí come stimolo maggiore a cercare d'evitare il dolore, senza abbandonarsi all'effimero.  Questo invito alla dignità umana aveva comunque un carattere nettamente antieroico, se è vero che dopo aver combattuto nelle file dei cospiratori contro Cesare in favore d'una pretesa libertà (che non a caso Dante condannò nella 'Commedia' ponendo Bruto e Cassio come traditori nella 'Bocca di Lucifero'), accorgendosi che stavano andando incontro ad una inevitabile sconfitta si diede alla fuga.  Conseguenza logica di questo apparentemente pavido atteggiamento non era tuttavia la ricerca della vita ad ogni costo, ma un pratica rassegnazione di fronte alla morte, attendendola senza cercarla.





(100)    Una simbologia alchemica è presente chiaramente nella leggenda riguardante Europa, consorte di Asterio e nonna di Arianna.






Illustrazioni   

1.  Il Toro di Creta, catturato da Eracle ed ucciso da Teseo (A.Törneman, opera bidimensionale, Svezia,1909).
2.   Tritone abbraccia nel fondale marino il fratellastro Teseo (Anon., rilievo in terracotta, isola di Milo, c.470-60 a.C., Mus. del Louvre, Parigi). 
3.  Arianna consegna a Teseo, munito di Spada,  il 'Filo Magico' (J.B. Regnault, pittura ad olio su tela di dat.inc., XVIII-XIX sec., Mus. delle Belle Arti, Rouen, Francia).
4.  Il Minotauro (Anon., medaglione d'un kylix bilingue, dipinto a figure nere su fondo rosso, Attica, c.515 a.C., Mus.Arch.Naz., Spagna).
5.  Teseo uccide il Minotauro colla Spada (Anon., anfora, dipinto a figure nere su fondo rosso, Attica, c.540-520 a.C., Mus.Arch. e d'Arte della Maremma).
6.  Arianna abbandonata sull'isola di Nasso ed un Amorino che la conforta, mentre la nave di Teseo sullo sfondo s'allontana  (A. Kauffman, olio su canapa, seconda metà del XVIII sec.).
7.  Arianna abbandonata a Nasso (E. De Morgan, olio su canapa, 1877, The De Morgan Foundation).
8.  Fillide e Demofonte (E.Burne-Jones, olio su tela,1807, Birmingham, Mus. & Art Gall.).
9.  Bacco e Arianna (G.Reni, olio su canapa, prima metà del XVII sec.).
10. Bacco colla Coppa del Vino (Michelangelo, scultura in marmo, c.1496-7, Firenze, Mus. del Bargello).
11. Bacco con Coppa del Vino e Sileno con Cetra (affresco campano, Boscoreale, c.30 a.C., ora al Mus.Brit., Londra).
12. Bacco con immagini di Abbondanza, in luogo della Cornucopia (M.Caravaggio, pittura ad olio su canapa, c.1593-7, Firenze, Gall. degli Uffizi).
13.  Vecchio satiro itifallico, con un membro genitale di accentuate proporzioni, a mo'di Sileno
(rilievo a tutto tondo, officina corinzia, santuario di Zeus Pico, Dodona, c.540-30 a.C., Mus.Arc., Atene).
14. Sileno itifallico, idem  (id., di probabile derivazione da un'officina elea, VI sec. a.C., Mus. di Olimpia, Grecia).
15. Il vecchio Sileno abbracciato al giovane Eros (altorilievo laziale, Scrofano, prima metà del I sec. d.C., Gabinetto delle medaglie, Parigi).

16. Trionfo di Bacco ed Arianna (Tiziano, olio su tela, 1520-3, Gall.Naz., Londra ).
17. Baccanale (Cornelis van Haaarlem, olio su canapa, 1614, Mus. delle Belle Arti, Budapest ).
18. Sileno su Asina, circondato da giovani fanciulle vogliose come in un baccanale (A.P. Roll, c.1890, Francia).
19. Festa di Re Mida in onore di Bacco e Sileno (G. van Valchenborch, olio su tela, 1598, Belgio-Germania, Mus.Puškin delle Belle Arti , Mosca).
20. Re Mida tramurta la figlia in oro (W.Crane, ill. dalla pag. d'un libro, N.Hawthorne's A Wonder Book for Boys and Girls, 1893, Biblioteca del Congresso, U.S.A.).
21. Minosse nell'interpretazione dantesca (C.Zocchi, monumento a Dante, 1896, Trento).

                                     
                                                           
                                                Fonti

1.   Wikimedia Commons, s.v.Theseus.
2.   Ibid., s.v.Triton Theseus Louvre.
3.   Ibid., s.v.Jean-Baptiste Regnault- Ariadne and Theseus.
4Ib., s.v.Tondo Minotaur London.
5.  Ib., s.v.Ceramica attica con figure nere, anfora con Teseo e il Minotauro.
6.   Ib., s.v.Kauffman, Angelica: Ariadne von Theseus verlassen.
7.   Ib., s.v.Ariadne in Naxos, by Evelyn De Morgan.
8.   Ib., s.v.Edward Burne-Jones Phyllis and Demophoon.
9.   Ib., s.v.Bacchus and Ariadne by Guido Reni.
10. Ib., s.v.Michelangelo, bacco.
11. Ib., s.v.Bacchus and Silenus.
12. Ib., s.v.Michelangelo Caravaggio 007.jpg.
13. Ib., s.v.Statue of a Satyr.
14. Ib., s.v.Silenus-erection.
15. Ib., s.v.Silenus Eros.  

16 Ib., s.v.Bacchus and Ariadne by Titian.

17. Ib., s.v.Budapest kunst 0034.tif.
18. Ib., s.v.Roll silenus.
19. Ib., s.v.Midas' s Feast in Honour of Bacchus and Silenus by Gillis van Valckenborch.

20. Ib., s.v.Midas gold.
21. Ib., s.v.Minosse.






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