A Gabriella,
gentile impiegata
dell'Ospedale "Patria" di Alessandria
Sommario: a) Presentazione del tema, pp. 1-4; b)
Storia mitica dei primi re ateniesi ed avventure di Teseo, pp. 4-9; c) La prima
guerra contro le Amazzoni, pag. 10; d) Chi sono realmente le Amazzoni?, pp. 10-1; e) La duplice Regina delle Amazzoni,
scitica e libica (Ippolita e Mirina alias Marianna), pp. 11-xx; f)
Le nozze di Teseo con Ippolita e la spedizione punitiva contro Atene a causa
del tradimento dell'Eroe con Fedra, pp. xx-xx; g) La tresca d'Ippolito alias Demofonte, figlio d'Ippolita e di Teseo, con la matrigna Fedra, pp. xx-xx.
a) Presentazione
del tema
Il
personaggio di Teseo si presenta nella mitologia greca come un doppione del
<Figlio di Zeus> per antonomasia, letteralmente un "secondo
Eracle". Ma a differenza di questi è figlio di Egeo, quantunque egli
rivendichi in alternativa la paternità di Poseidone. Se Heraklês corrisponde nella cultura hindu a Kṛṣṇa, cosa
riconosciuta d'altronde fin dall'Antichità (1), non risulta esservi in India un esatto corrispettivo
riguardo l'amante – o sposo secondo altre
fonti – di Arianna. A
meno di considerare in tal senso Arjuna, l'incarnazione di Indra,
cosiccome Kṛṣṇa rappresenta la veste umana di Viṣṇu.
Bisogna tuttavia notare
che Egeo è figlio di Pandione, un eroe che Padre Heras (2) non esitava a paragonare
a Pāṇḍu, l'antenato mitico dei Pāṇḍava nel Mahābhārata. Orbene, è vero che i
Panduidi sono 5, mentre i Pandionidi sono 4; ma occorre rammentare che 2 dei 5 fratelli dell'epica induista sono in
realtà gemelli, svolgenti un'azione concomitante, e quindi i loro 4 ruoli
e quelli dei 4 fratelli greci piú o meno
si equivalgono. Tanto che nell'esegesi dottrinale inerente al poema e
riportata nel testo medesimo, essendo identificato ogni belligerante ad una
potenza divina di cui è espressione umana in 'Questo Mondo', i due gemelli
panduidi ricoprono la funzione propria dei Nasātya; o Aśvina
(i Gemelli Celesti), che dir si voglia. Quindi se ne può dedurre,
indirettamente, una quasi perfetta equipollenza fra Panduidi e
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Pandionidi. Stabilito codesto punto di partenza, che ci tornerà utileanche in seguito, non è arduo comprendere secondo quanto avevamo già sopra ipotizzato la doppia analogia rispettivamente fra Theseús-Heraklês ed Arjuna-Kṛṣṇa. Si noterà ad ogni modo che, mentre Arjuna è figlio diretto di Pāṇḍu, Teseo è invece nipote di Pandione; onde dovremmo paragonare Arjuna non già al figlio Teseo, bensí al padre Aigeús, re di Atene. E proprio questa ci pare possa essere la soluzione giusta, visto che in un cratere apulio a figure rosse (rinvenuto a Rufo, Italia Merid.) attribuito al Pittore di Sisifo e risalente alla fine del V sec. (410-400 a.C.)(3) risalta la figura di Re Egeo; il quale, secondo il mito riconosce dalla spada e dai sandali (vide infra) nel giovane eroe suo figlio Teseo giunto da Trezene, nonostante il tentativo della Maga Medea d'avvelenarlo. Questa figura infatti reca in mano un bastone di comando, che ha alla sua cima un uccello, sicuramente un picchio; tale bastone va interpretato, perciò, quale emblema di Zeús Píkos. Il fatto però è che a tale icona corrisponde manifestamente nell'induismo quella di Indra, il corrispettivo divino di Arjuna; sicché è facile equiparare Indra a Zeus Pico e il Principe Arjuna a Re Egeo. Dato che, secondo una studiosa americana (4), talora Indra assume forma aviaria; non meno de suo omologo Agni; con cui, in certi casi, forma un dio unico detto Indrāgni.
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Pandionidi. Stabilito codesto punto di partenza, che ci tornerà utileanche in seguito, non è arduo comprendere secondo quanto avevamo già sopra ipotizzato la doppia analogia rispettivamente fra Theseús-Heraklês ed Arjuna-Kṛṣṇa. Si noterà ad ogni modo che, mentre Arjuna è figlio diretto di Pāṇḍu, Teseo è invece nipote di Pandione; onde dovremmo paragonare Arjuna non già al figlio Teseo, bensí al padre Aigeús, re di Atene. E proprio questa ci pare possa essere la soluzione giusta, visto che in un cratere apulio a figure rosse (rinvenuto a Rufo, Italia Merid.) attribuito al Pittore di Sisifo e risalente alla fine del V sec. (410-400 a.C.)(3) risalta la figura di Re Egeo; il quale, secondo il mito riconosce dalla spada e dai sandali (vide infra) nel giovane eroe suo figlio Teseo giunto da Trezene, nonostante il tentativo della Maga Medea d'avvelenarlo. Questa figura infatti reca in mano un bastone di comando, che ha alla sua cima un uccello, sicuramente un picchio; tale bastone va interpretato, perciò, quale emblema di Zeús Píkos. Il fatto però è che a tale icona corrisponde manifestamente nell'induismo quella di Indra, il corrispettivo divino di Arjuna; sicché è facile equiparare Indra a Zeus Pico e il Principe Arjuna a Re Egeo. Dato che, secondo una studiosa americana (4), talora Indra assume forma aviaria; non meno de suo omologo Agni; con cui, in certi casi, forma un dio unico detto Indrāgni.
Qui finisce tuttavia il parallelismo nel contesto
indo-mediterraneo, visto che non vi è alcuna corrispondenza fra la sposa comune
(Draupadī) dei 5 antichi fratelli
indiani (Arjuna, Bhīma, Yudhiṣṭhira e Nakula-Sahādeva) e
quelle varie dei figli di Pandione (Egeo, Niso dal 'capello d'oro', Pallante, Lico). Anche le avventure
amorose dell'eroe ateniese non ci sembra, a prima vista, possano venir
paragonati agli amori dell'eroe bharatiano (5).
Teseo infatti passa da un lato come amante o sposo di Arianna e dall'altro
quale sposo d'una semplice amazzone donatagli da Eracle, la quale gli ha donato
il figlio Ippolito; tale amazzone è denominata Ippolita oppure
Antiope
(6), ed a volte viene ritenuta la
sorella della Regina delle Amazzoni, di nome Melanippe (7). Il fatto è che questi 3 nomi si sovrappongono
spesso, onde è lecito pensare che i 3 personaggi femminili siano uno solo in
funzioni differenziate. Esistono altresí
identificazioni della suddetta amazzone con Elena (8), sorella dei Dioscuri, la cui madre riceveva
parimenti la denominazione di
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Antiope; nonché con Arianna (9), o Persefone, la lunare Regina degl'Inferi (10).
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Antiope; nonché con Arianna (9), o Persefone, la lunare Regina degl'Inferi (10).
Persino Shakespeare nel XVI sec. riporta in una sua opera (11) la coppia regnante Teseo-Ippolita quale re e regina
della pólis attica, sia pur in un
ambiente greco elisabettianizzato o meglio trasferito elisabettianamente in una
sede leggendaria ed atemporale. Nella sua commedia compare a dire il vero
Egeo medesimo, ma non nel ruolo classico di re ateniese. Egeo è ivi
soltanto un qualsiasi nobiluomo, che ricorre a Teseo – e cioè al Re di Atene in quanto sovrano della città – per via di sua figlia; la bella Ermia, la quale non
si decide a sposare il desiderato genero Demetrio e pretende di volersi
coniugare coll'amato Lisandro. Nell'opera cinquecentesca, comunque, la
coppia regale Teseo-Ippolita detiene una parte minima all'interno della trama
teatrale, sebbene questa si svolga a partire dal pretesto delle loro
fatidiche nozze. Shakespeare combina in essa l'antica leggenda greca con
ciò che è perdurato in ambiente britannico delle antiche leggende celtiche, in
particolare la coppia Oberon-Titania. Il primo non è visibilmente che una
volgarizzazione di Bran, il nume aureo della mitologia celtica, mentre
la funzione della Regina delle Fate è maggiormente complessa da spiegare.
Al dire di P.Holland (12), curatore d'una
edizione in lingua originale del 'Sogno' shakespeariano nel 1994, il
drammaturgo inglese avrebbe tratto il nome di Titania dalle Metaforfosi
ovidiane; in particolare, dalle figlie dei Titani. Quindi, essendo un
personaggio inventato di sana pianta, mitologicamente non corrsponde al suo
paredro; quantunque il ruolo di 'Regina delle Fate', al contrario, sia di
provenienza tradizionale. Codesta figura corrisponde, infatti, alla Rhea
greca. Fata, da fatum, sono i destini. Ciò che
giustifica parzialmente il neologismo dell'autore, essendo il nume la 'Madre
dei Titani'. Non per nulla ella s'innamora di Bottom (13) dalla 'Testa d'Asino', che oltre al gioco amoroso
dello scambio sentimentale delle coppie in cui è direttamente implicata persino
maggiormente dei comuni mortali, tradisce una natura infero-lunare
evidente. Oberon (var.Auberon) invece al di là del nome (14) è per il genio anglosassone il 'Re dei Folletti',
insomma il 'Matto' dei Tarocchi'. Egli dispone mediante un suo
doppione giocherellone il quale gli fa da servitore in 'Questo Mondo' – quel Robin Goodfellow
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equiparabile al 'Mago' ermetico (sempre nell'ambito delle carte da gioco)(15) – del tempo degli esseri tutti e della vita del genere umano a suo piacere, volgendo e stravolgendo ogni cosa, senza ritegno; persino l'amata consorte, un'immagine certamente dell'Anima Mundi, risulta soggetta a tali incredibili rivolgimenti. Dacché vien fatta dapprima sprofondare nel 'Fondo degl'Inferi' (in senso pagano, non cristiano)(16) ove domina un sottile edonismo, per poi richiamarla a Sé ed all'Eternità.
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equiparabile al 'Mago' ermetico (sempre nell'ambito delle carte da gioco)(15) – del tempo degli esseri tutti e della vita del genere umano a suo piacere, volgendo e stravolgendo ogni cosa, senza ritegno; persino l'amata consorte, un'immagine certamente dell'Anima Mundi, risulta soggetta a tali incredibili rivolgimenti. Dacché vien fatta dapprima sprofondare nel 'Fondo degl'Inferi' (in senso pagano, non cristiano)(16) ove domina un sottile edonismo, per poi richiamarla a Sé ed all'Eternità.
b) Storia mitica dei primi re ateniesi ed
avventure di Teseo
La storia delle avventure di Teseo è
strettamente intrecciata alle origini della civiltà e della cultura ateniese (17). In principio è posto un virtuoso essere
semizoomorfico (metà uomo e metà serpe)(18), Cecrope (gr.Kékrops,
da kérkos = 'coda/ kérkops = 'caudato')(19), nato dalla Terra (20),
ma plasmato nell'anima da Pallade Atena. Questi è il primo sovrano attico
ossia l'eroe eponimo degli Ateniesi (21), leggi ed
istituzioni essendogli tutte leggendariamente attribuite. Oltre a
ciò abolí i sacrifici cruenti d'ogni tipo
(anche animali), sostituendoli con focacce d'orzo (22), cosa questa che è in genere da associare all'avvento
d'una stirpe eroica al posto di una titanica. Storici latini quali
Giustino (II sec. d.C.) o lessicografi greci quali Suidas (X sec.) et al. hanno
ritratto tale eroe civilizzatore come un essere androginico, ma il mito gli
attribusce una consorte. A lui era dedicata una festa, la Synoíkia, in cui si riunivano tutti gli
abitanti dell'Attica per celebrare la loro comune provenienza (Synoíkēsis).
Successivamente la festa fu attribuita a Teseo. Per merito di Cecrope
sorsero un'olivo e una sorgente salata, fattori che in base ad un oracolo
delfico andavan interpretati come emblemi rispettivamente di Atena e Poseidone,
i due protettori della città di Atene (23). Un'altra
leggenda ancora narra che ci fu una disputa fra uomini e donne per la scelta
del nume cui affidare la città. Vinsero le donne e fu scelto il nome
Atene, ma in seguito
ad un maremoto le cose cambiarono. Cecrope, essendo connesso ad Atena, fu
messo in disparte; ma
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Cecrope reagí alfine mettendo fine alla disputa, ovvero decretando vittoriosa Atena.
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Cecrope reagí alfine mettendo fine alla disputa, ovvero decretando vittoriosa Atena.
È chiaro che la contesa fra Atena e Poseidone, giunto
dopo di lei nella città, tradisce per forza di cose l'ingresso in Attica di due
diverse correnti etnoculturali: una apportatrice d'una cultura di tipo
elladico-matriarcale e l'altra di tipo traco-patriarcale. La prima,
evidentemente, risultò infine prevalente. L'importanza di questa contesa
era tale che fu raffigurata in uno dei frontoni del Partenone. Cecrope
aveva una relazione segreta con Atena, sotto nome di Áglauros, da
cui ebbe tre figlie ed un figlio divenuto protettore della città (24). Colla
denominazione di Aglauro, che era pure quello di una delle figlie, venivano
celebrati dei Misteri in onore della dea (25). Ad essi ineriva la venerazione d'un occulto
fanciullo, Eretteo (gr.Erechtheus), da identificare ad Erittonio; sicché
gli Ateniesi finirono per esser denominati 'Cecropidi' o 'Eretteidi' (26). Fra Erittonio ed Atena esisteva un
intimo rapporto, benché da fanciullo fosse stato lui stesso una serpe; ma poi
gli fu attribuita figura umana, mentre in Eretteo la connotazione ofidica è del tutto
scomparsa. Anche Eretteo, comunque, dovette combattere contro Poseidone,
il quale col solito colpo di tridente a terra lo fece sprofondare
agl'Inferi (27).
Poseidone al dire di Kerényi incarnerebbe i Traci, entrati da nord (28). Insomma, è in
tale ambito che si fanno strada i sacrifici al dio sotterrraneo (29). La prima ad
esser sacrificata fu infatti Aglauro, figlia di Cecrope ed allonimo di Atena.
Il luogo ove svolgevasi codesto culto veniva definito Leōkórion, da leṓs/ lāṓs = 'popolo' e kórion (dimin.
di kórē)= 'giovinetta'). In altre parole, le vergini erano
assimilate a Persefone ed asservite ai bisogni del popolo. Allorché il re
tracio Eumolpo (30) attaccò
Atene, stando ad Euripide, l'oracolo chiese a Re Eretteo di sacrificare una
delle sue tre figlie; ma siccome le sorelle avevano tutte giurato che se una di
loro fosse morta le altre l'avrebbero accompagnata nel triste viaggio, dopo il
sacrificio di una le altre due scelsero la morte. Dopodiché Eretteo
uccise Eumolpo ed ottenne la vittoria, ma Poseidone fece in modo che il
fratello Zeus lo colpisse col Fulmine per vendetta. Le figlie di Eretteo
furono trasformate, c'informa ancora Euripide (fram.360), nelle Iàdi (31). Eretteo aveva
inoltre un figlio di nome Cecrope (talvolta denominato Cecrope II), era padre
di Pandione e nonno di
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Egeo.
Di qui comincia l'analisi delle avventure legate al figlio di Egeo, tenendo conto del quadro nel quale vanno inserite, ovvero quello che sulla scorta del Kerényi abbiamo cercato di delineare sommariamente. Se Egeo fungeva da padre mortale di Teseo, il padre divino era ritenuto Poseidone. Egeo è il terzo eroe fondatore, dopo Cecrope ed Eretteo, dello Stato Ateniese (32). Non avendo avuto figli dalle prime due mogli, attribuendo la causa di ciò ad Afrodite, si era recato a Delfi dall'oracolo; al ritorno, passando da Corinto, aveva incontrato la Maga Medea che gli aveva promesso un figlio per opera di magia se l'avesse protetta dai nemici una volta rifugiatasi ad Atene presso di lui (33). Egeo accettò e con quello stratagemma si creò le condizioni per avere un erede. Al tempo di Egeo regnava in Trezene (gr.Troizḗn)(34) Pitteo, che possedeva una figlia, Etra (gr.Aíthra); poiché il padre era stanco della verginità della figlia, le aveva dato il consenso per concepire nella reggia il futuro erede al trono, senza dover lasciare per questo la casa paterna. Cosí Pitteo una notte fece dormire Egeo, suo ospite, con Etra, benché il sovrano ateniese si trovasse in stato di ubriacatura. Il fatto è che proprio quella notte Etra sognò (Hyg., Fab.- 37; Pseudo-Apollod., Bibl.- iii. 15, 7) di recarsi a Spheria, un'isolotto presso Trezene (35), per fare un sacrificio a Sphero (altri lo chiama Cilla), auriga di Pelope (gr.Pélops)(36). Ma, al risveglio, dopo esser andata nell'isola si trovò di fronte Poseidone, con cui concepí un figlio. Una variante del mitologema dichiara che fu nel tempio di Atena Apaturia (37), da Etra dedicatole, che avvenne l'incontro amoroso fra la principessa ed il dio; fatto onde Spheria, da allora, fu detta Hierá ('Sacra').
Prima di lasciare Trezene, Egeo nascose la sua spada e i suoi sandali sotto una
grossa pietra e raccomandò a Etra, se fosse riuscita a procreare un figlio
tanto forte da esser capace di smuovere quella pietra per munirsi di spada e di
sandali (38), d'inviarlo presto ad
Atene. Con
quei segni di riconoscimento il padre avrebbe compreso che stava di fronte a
suo figlio. Ecco che Trezene fu in tal modo la prima patria di
Teseo. Il ragazzo crebbe forte come Egeo desiderava e a soli 16 anni,
dopo essersi recato a Delfi ed aver consacrato la sua prima ciocca virile, fu in
grado di sollevare la pietra. Si mise i sandali ed impugnò la spada,
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avviandosi su ingiunzione della madre oltre l'Istmo di Corinto, alla volta di Atene. La leggenda naturalmente non indugia a spiegarci da chi egli ha saputo la verità sulla sua nascita (39). Sulla via per Atene Teseo incontrò vari pericoli, ma li affrontò tutti con vigore, impadronendosi della mazza bronzea di Corinete, uno degli emblematici assalitori. Che si tratti d'una via simbolica è dimostrato dal fatto che le 'prove' cui l'Eroe va incontro sono, guardacaso, sette; e questo è il numero che rimanda, immancabilmente, all'Ebdomade Planetario sul piano cosmologico ed a quello alchemico sul piano ontologico. Dopo le prime sei – 1. Perifete lo Zoppo (simbolo saturnino), detto 'Corinete', l'uomo colla clava; 2. Sinide (o Sini) il ladrone, detto 'Piziocante' per il vizio di uccidere gl'ignari passanti pregandoli di aiutarlo a piegare le cime dei pini e mollandole poi all'improvviso onde scaraventarli in aria e farli precipitare a terra dall'alto rovinosamente; 3. la 'Vecchia Signora', colla 'Scrofa Bianca' (Fea, figlia di Tifone ed Echidna)(40) che aveva fatto strage della gente del luogo, tanto che questa non osava piú uscir di casa; 4. il brigante Scirone, il quale obbligava i passanti a lavargli i piedi e poi con un calcione li scaraventava giú dalle rocce scoscese a picco sul mare, ove una volta precipitati venivano dilaniati da una Grossa Testuggine Marina; 5. l'arcade Cercione, che sfidava i passanti a battersi nella lotta e colle sue forti braccia li stritolava; 6. il fabbro Procuste (figlio di Sinide), dedito per divertimento macabro ad allungare la gente o ad accorciarla, slogando le persone basse di statura ed amputando quelle alte su due letti appositi – avviene infatti la purificazione (41), ma un'ultima prova l'attende, la settima; ossia, una sorta di glorificazione, preceduta dalla possibilità d'un annientamento totale. Preceduto dalla fama che le sue imprese avevano suscitato, Teseo rischiò per l'appunto d'essere avvelenato dal padre Egeo, su consiglio di Medea. Esendo una maga, costei sapeva che il figlio di Etra avrebbe conquistato il <Trono>; e, presa dalla paura, aveva trovato quell'artificio onde impedire all'Eroe l'ascesa verso di esso. D'altra parte era stata lei a provocare quell'influsso magico che aveva portato Egeo da Etra, a Trezene, e l'aveva resa gravida coll'aiuto di Poseidone (42). Racconta uno scrittore antico (Plut., Thes.- 5d) che il ricevimento dell'ospite avvenne nel santuario di Apollo Delfinio, a dimostrazione lampante che si ha ivi a che fare con un simbolismo
8
esoterico sotteso alla proclamazione regale dell'Eroe. Siffatto edificio fu eretto difatti, fin d'allora, dove era stato un tempo il 'Palazzo Reale' di Egeo, terzo mitico fondatore di Atene. Non appena il re gli porse la coppa di benvenuto, contenente in realtà come già spiegato il veleno, Teseo sguainò la spada e il padre immediatamente la riconobbe per sua, accettando il giovane quale proprio figlio di contro al consiglio di Medea, che fu invece scacciata da Atene. Il luogo dove cadde il veleno, versato a terra da un colpo al bicchiere da parte di Egeo, fu successivamente recintato all'interno del Tempio di Apollo (43) come una santa reliquia.
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avviandosi su ingiunzione della madre oltre l'Istmo di Corinto, alla volta di Atene. La leggenda naturalmente non indugia a spiegarci da chi egli ha saputo la verità sulla sua nascita (39). Sulla via per Atene Teseo incontrò vari pericoli, ma li affrontò tutti con vigore, impadronendosi della mazza bronzea di Corinete, uno degli emblematici assalitori. Che si tratti d'una via simbolica è dimostrato dal fatto che le 'prove' cui l'Eroe va incontro sono, guardacaso, sette; e questo è il numero che rimanda, immancabilmente, all'Ebdomade Planetario sul piano cosmologico ed a quello alchemico sul piano ontologico. Dopo le prime sei – 1. Perifete lo Zoppo (simbolo saturnino), detto 'Corinete', l'uomo colla clava; 2. Sinide (o Sini) il ladrone, detto 'Piziocante' per il vizio di uccidere gl'ignari passanti pregandoli di aiutarlo a piegare le cime dei pini e mollandole poi all'improvviso onde scaraventarli in aria e farli precipitare a terra dall'alto rovinosamente; 3. la 'Vecchia Signora', colla 'Scrofa Bianca' (Fea, figlia di Tifone ed Echidna)(40) che aveva fatto strage della gente del luogo, tanto che questa non osava piú uscir di casa; 4. il brigante Scirone, il quale obbligava i passanti a lavargli i piedi e poi con un calcione li scaraventava giú dalle rocce scoscese a picco sul mare, ove una volta precipitati venivano dilaniati da una Grossa Testuggine Marina; 5. l'arcade Cercione, che sfidava i passanti a battersi nella lotta e colle sue forti braccia li stritolava; 6. il fabbro Procuste (figlio di Sinide), dedito per divertimento macabro ad allungare la gente o ad accorciarla, slogando le persone basse di statura ed amputando quelle alte su due letti appositi – avviene infatti la purificazione (41), ma un'ultima prova l'attende, la settima; ossia, una sorta di glorificazione, preceduta dalla possibilità d'un annientamento totale. Preceduto dalla fama che le sue imprese avevano suscitato, Teseo rischiò per l'appunto d'essere avvelenato dal padre Egeo, su consiglio di Medea. Esendo una maga, costei sapeva che il figlio di Etra avrebbe conquistato il <Trono>; e, presa dalla paura, aveva trovato quell'artificio onde impedire all'Eroe l'ascesa verso di esso. D'altra parte era stata lei a provocare quell'influsso magico che aveva portato Egeo da Etra, a Trezene, e l'aveva resa gravida coll'aiuto di Poseidone (42). Racconta uno scrittore antico (Plut., Thes.- 5d) che il ricevimento dell'ospite avvenne nel santuario di Apollo Delfinio, a dimostrazione lampante che si ha ivi a che fare con un simbolismo
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esoterico sotteso alla proclamazione regale dell'Eroe. Siffatto edificio fu eretto difatti, fin d'allora, dove era stato un tempo il 'Palazzo Reale' di Egeo, terzo mitico fondatore di Atene. Non appena il re gli porse la coppa di benvenuto, contenente in realtà come già spiegato il veleno, Teseo sguainò la spada e il padre immediatamente la riconobbe per sua, accettando il giovane quale proprio figlio di contro al consiglio di Medea, che fu invece scacciata da Atene. Il luogo dove cadde il veleno, versato a terra da un colpo al bicchiere da parte di Egeo, fu successivamente recintato all'interno del Tempio di Apollo (43) come una santa reliquia.
In Attica vi erano nemici di Teseo fra i figli di Pallante, fratello di Egeo, i
quali speravano di sottrargli il trono dopo la morte del padre. I
Pallantidi dimoravano a Pallene e per sorprendere Teseo si divisero in 2
schiere, ma non riuscirono nel loro intento grazie ad un tradimento interno.
Avendoli uccisi tutti, lo zio Pallante compreso, Teseo andò a scontare l'esilio
per un anno a Trezene dalla madre. Le 7 Imprese prima enarrate possono
essere paragonate alle 12 Fatiche di Eracle, quantunque l'Eroe ateniese non sia
mai stato assunto nel pantheon olimpico come il dorico Eracle (44). Anche per Teseo, cosí come per Eracle, si
enumerano delle
Fatiche minori, non elencate nella lista di quelle principali. Le due piú significative tra di esse sono la guerra
contro le Amazzoni, che è quella qui di maggior interesse essendo oggetto del
nostro studio in quest'occasione; e poi l'uccisione del Minotauro, argomento
che affronteremo in un articolo a sé (45). Prima di
queste due viene
però la lotta col Toro, che Eracle aveva trasportato da Creta ad Argo e poi
aveva lasciato andare nella Piana di Maratona. Come già asserito, alcuni pongono tale
impresa quale conclusione delle 7 Prove alle quali Teseo va incontro nella via
che da Trezene conduce ad Atene. Altri la intendono, viceversa, quale
impresa minore; in tal caso secondo la leggenda Teseo condusse la bestia,
domata, ad Atene ed in seguito la sacrificò ad Apollo Delfinio (46). Non staremo a menzionare i particolari
della lotta fra i Lapiti e i Centauri, cui
partecipò pure il nostro Eroe; diremo, soltanto,
che la lotta finí
colla cacciata dei Centauri dalla regione del Pelio. Né faremo cenno piú di tanto alla storia del rapimento della
giovane Elena, dodicenne o persino maggiormente giovane, che il figlio di Egeo voleva
sposare. Ciò era avvenuto mentre lei
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danzava, dopo aver sacrificato, nel tempio di Artemide Ortia (47). Teseo la condusse dalla madre Etra, ma i Dioscuri (Castore e Polluce) li inseguirono e la riportarono indietro facendo anzi prigioniera Etra, che difatti fu costretta a servire la fanciulla sino alla Guerra di Troia; cioè anche dopo che Elena era diventata sposa di Menelao e fu nuovamente rapita, questa volta da Paride. Fallita quest'impresa Teseo insieme a Piritoo – male interpretando il consiglio beffardo rivolto a questi da parte d'un oracolo – cercò di rapire anche Persefone, la sovrana degl'Inferi, dalla sua camera da letto. I due principi, evitando il traghetto che forniva il passaggio del Lete, secondo Hyg., Fab., 79 entrarono nell'Ade dalla porta secondaria in una grotta del Tenaro (Capo Tenaro, promontorio della parte meridionale della Laconia, oggi Capo Matapan)(48); attraverso la quale tempo dopo uscí Eracle, che con sorpresa li trovò semiparalizzati all'ingresso. Dato che l'Eroe ateniese insieme al suo compagno d'avventura era riuscito a penetrare vivo nel Tartaro, bussando alla porta di Ade; ma il Re degl'Inferi li aveva fatti sedere su due troni scavati nella roccia proprio all'entrata del mondo sotterraneo, facendoli attendere mentre andava a prendere per loro dei doni. Sennonché l'intenzione del nume era l'opposto, cioè di recar loro le Sedie dell'Oblio. Cosí, tornato, li fece sedere in tali trappole e vi rimasero come incatenati. In questo stato li aveva appunto trovati nel ritorno dall'Ade durante la XII Fatica il figlio di Zeus (49), il quale provò a liberarli entrambi tendendo loro una mano, ma vi riuscí solo con Teseo applicando il massimo sforzo; a Piritoo toccò in sorte disgraziatamente di rimaner là, poiché era impossibile sottrarlo a quella maledizione nonostanze gli sforzi, osteggiati dalla Terra che aveva tremato come se avesse voluto inghiottirlo. Questa mancata liberazione di Piritoo fu percepita dalla tradizione greca quale segno di punizione nei suoi confronti, giacché era stato lui l'ispiratore della scellerata impresa. Come a dire che agl'Inferi possono discendere e tornare integri solo gli iniziati, o gli Eroi eponimi tipo Eracle. Eracle, difatti, prima della sua catabasi infera s'era fatto iniziare ai Misteri Eleusini. Teseo no, perciò era rimasto incatenato, ma a causa della sua eroica natura aveva potuto egualmente esser liberato da un 'predestinato' (50).
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danzava, dopo aver sacrificato, nel tempio di Artemide Ortia (47). Teseo la condusse dalla madre Etra, ma i Dioscuri (Castore e Polluce) li inseguirono e la riportarono indietro facendo anzi prigioniera Etra, che difatti fu costretta a servire la fanciulla sino alla Guerra di Troia; cioè anche dopo che Elena era diventata sposa di Menelao e fu nuovamente rapita, questa volta da Paride. Fallita quest'impresa Teseo insieme a Piritoo – male interpretando il consiglio beffardo rivolto a questi da parte d'un oracolo – cercò di rapire anche Persefone, la sovrana degl'Inferi, dalla sua camera da letto. I due principi, evitando il traghetto che forniva il passaggio del Lete, secondo Hyg., Fab., 79 entrarono nell'Ade dalla porta secondaria in una grotta del Tenaro (Capo Tenaro, promontorio della parte meridionale della Laconia, oggi Capo Matapan)(48); attraverso la quale tempo dopo uscí Eracle, che con sorpresa li trovò semiparalizzati all'ingresso. Dato che l'Eroe ateniese insieme al suo compagno d'avventura era riuscito a penetrare vivo nel Tartaro, bussando alla porta di Ade; ma il Re degl'Inferi li aveva fatti sedere su due troni scavati nella roccia proprio all'entrata del mondo sotterraneo, facendoli attendere mentre andava a prendere per loro dei doni. Sennonché l'intenzione del nume era l'opposto, cioè di recar loro le Sedie dell'Oblio. Cosí, tornato, li fece sedere in tali trappole e vi rimasero come incatenati. In questo stato li aveva appunto trovati nel ritorno dall'Ade durante la XII Fatica il figlio di Zeus (49), il quale provò a liberarli entrambi tendendo loro una mano, ma vi riuscí solo con Teseo applicando il massimo sforzo; a Piritoo toccò in sorte disgraziatamente di rimaner là, poiché era impossibile sottrarlo a quella maledizione nonostanze gli sforzi, osteggiati dalla Terra che aveva tremato come se avesse voluto inghiottirlo. Questa mancata liberazione di Piritoo fu percepita dalla tradizione greca quale segno di punizione nei suoi confronti, giacché era stato lui l'ispiratore della scellerata impresa. Come a dire che agl'Inferi possono discendere e tornare integri solo gli iniziati, o gli Eroi eponimi tipo Eracle. Eracle, difatti, prima della sua catabasi infera s'era fatto iniziare ai Misteri Eleusini. Teseo no, perciò era rimasto incatenato, ma a causa della sua eroica natura aveva potuto egualmente esser liberato da un 'predestinato' (50).
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c) La prima
guerra contro le Amazzoni
La spedizione di Eracle contro le Amazzoni è ben distinta da quella di Teseo, ma taluni (51) le confondono, asserendo che Teseo partecipò anche alla prima; cosicché ebbe per bottino Antiope, la loro regina. Costei è ricordata con vari nomi, forse per sovrapposizione mitica di piú regine: Antiope, Melanippa, Orizia. Secondo codesta
versione Antiope, essendo invaghita di Teseo, tradí
le Amazzoni consegnando praticamente ai Greci Timiscira (52). Ne
divenne quindi l’amante (53). È opinione del Graves (54) che Antiope,
o Ippolita che dir si voglia, avversasse il matrimonio siccome faceva parte
d’una società opponentesi alla monogamia.
Per altri (Paus., Per.- i. 2) e Plut., Thes- xxvi) le cose
andarono diversamente. Ossia Teseo soggiornò fra le Amazzoni molto tempo
dopo e in un modo o nel'altro (esistono 2 versioni al riguardo) riuscí a procacciarsi i favori di Antiope; rapendola
(prima versione, associante il principe ateniese a Piritoo) oppure dichiarandole
ospitalità, cosa cui seguí il suicidio di
Soloòne (uno dei tanti accompagnatori di Teseo, invaghitosi perdutamente della
Regina. Antiope lo aveva trattato
cortesemente, ma non l’aveva ricambiato, onde disperato Soloone s’era gettato
nel fiume Termodonte (55). Teseo, ricordando un oracolo dell’Apollo
Pizio, chiamàò allora il fiume Soloone e fondò in onore del dio Pitopoli,
divenuta colonia greca in Asia Minore.
Dopodiché tornò ad Atene in compagnia di Antiope (56).
La storia delle Amazzoni sembra piuttosto incoerente, essendo duplice: da
un lato vi sono le Amazzoni scito-sarmatiche (57),
dall'altro quelle libiche. Quale sia la loro origine e se vi siano dei punti in comune fra le due stirpi non è facile capire. Il Graves (58) le mette in relazione col culto di Artemide ad Efeso e testimonia il loro annientamento da parte di Dioniso ad Efeso e a Samo. Quindi, in sostanza, vanno collocate ciclicamente nell'Età del Ferro; la quale – come comprova il mito di Edipo – è l'Età per
11
eccellenza della Madre, ossia della dea luni-terrestre. Evola (59) pone la leggenda delle Amazzoni come una rifrazione della spiritualità lunare della Madre nell'Età dell'Argento. Questa spiritualità <lunare> risale però alla seconda metà dell'Età dell'Oro secondo la Tradizione, a differenza di quanto sostenuto da Evola, è il Ciclo Evaico della Genesi. L'Amazzonisno ne è un riflesso effettivo dapprima ma in maniera meno significativa nell'Età dell'Argento, cioè in tempi titanici; e poi, in senso prettamente umano e femmineo, nell'Età del Ferro (60). Orbene gli Sciti, per la loro posizione geografica, potevano risultare il punto d'incontro di tutte queste tradizioni menzionate. Argomenta lo scrittore siciliano che la "ginecocrazia anormalmente potenziata delle Amazzoni, indipendentemente dalla sua realtà storica o meno rappresenterebbe una reazione all'usurpazione maschile del potere guerriero semplicemente marziale e non piú solare", rispetto alla sacerdotalità lunare. Messa cosí la cosa potrebbe apparire accettabile, ed in effetti lo è, ma Evola tende a drammatizzare troppo i passaggi culturali. Se è vero quel che afferma è sol perché ogni paradiso tende ad esser visto quale inferno da un cielo immediatamente superiore. Prescindendo da ciò, l'autore considera 'amazzonismo' piú in generale ogni forma di sacerdotalità "atta a dominare sui re", senza "l'ambizione di essere re" (61). La frase è male espressa o meglio è ad effetto, ma possiede un significato profondo, come sempre succede coi motti evoliani.
La persecuzione delle Amazzoni da parte di Dioniso si spiega, dunque, come prevaricazione del ceppo titano-patriarcale. Quantunque anche da parte di quello eroico (da Eracle a Teseo) si sia avuto un analogo atteggiamento in seguito, benché piú moderato dell'altro. Evola per la verità afferma il contrario (62), ma male interpreta a nostr'avviso il <Ratto del Cinto e della Bipenne> della Regina delle Amazzoni. Non si tratta di riportare al ceppo ario quel che era suo, ma semmai un autoattribuirsi – sebbene assolutamente legittimo – una valenza altrui. La Doppia Ascia non è d'origine aria, bensì titanica (63); quantunque, in ottica evoliana (64), anche coloro che discendono dallo Śakadvīpa vengano definiti 'Ari' anziché 'Turi'.
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e)
La duplice Regina delle Amazzoni, scitica (Ippolita alias Antiope)
e libica (Mirina alias Marianna)
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eccellenza della Madre, ossia della dea luni-terrestre. Evola (59) pone la leggenda delle Amazzoni come una rifrazione della spiritualità lunare della Madre nell'Età dell'Argento. Questa spiritualità <lunare> risale però alla seconda metà dell'Età dell'Oro secondo la Tradizione, a differenza di quanto sostenuto da Evola, è il Ciclo Evaico della Genesi. L'Amazzonisno ne è un riflesso effettivo dapprima ma in maniera meno significativa nell'Età dell'Argento, cioè in tempi titanici; e poi, in senso prettamente umano e femmineo, nell'Età del Ferro (60). Orbene gli Sciti, per la loro posizione geografica, potevano risultare il punto d'incontro di tutte queste tradizioni menzionate. Argomenta lo scrittore siciliano che la "ginecocrazia anormalmente potenziata delle Amazzoni, indipendentemente dalla sua realtà storica o meno rappresenterebbe una reazione all'usurpazione maschile del potere guerriero semplicemente marziale e non piú solare", rispetto alla sacerdotalità lunare. Messa cosí la cosa potrebbe apparire accettabile, ed in effetti lo è, ma Evola tende a drammatizzare troppo i passaggi culturali. Se è vero quel che afferma è sol perché ogni paradiso tende ad esser visto quale inferno da un cielo immediatamente superiore. Prescindendo da ciò, l'autore considera 'amazzonismo' piú in generale ogni forma di sacerdotalità "atta a dominare sui re", senza "l'ambizione di essere re" (61). La frase è male espressa o meglio è ad effetto, ma possiede un significato profondo, come sempre succede coi motti evoliani.
La persecuzione delle Amazzoni da parte di Dioniso si spiega, dunque, come prevaricazione del ceppo titano-patriarcale. Quantunque anche da parte di quello eroico (da Eracle a Teseo) si sia avuto un analogo atteggiamento in seguito, benché piú moderato dell'altro. Evola per la verità afferma il contrario (62), ma male interpreta a nostr'avviso il <Ratto del Cinto e della Bipenne> della Regina delle Amazzoni. Non si tratta di riportare al ceppo ario quel che era suo, ma semmai un autoattribuirsi – sebbene assolutamente legittimo – una valenza altrui. La Doppia Ascia non è d'origine aria, bensì titanica (63); quantunque, in ottica evoliana (64), anche coloro che discendono dallo Śakadvīpa vengano definiti 'Ari' anziché 'Turi'.
12
continua
Note
(1) C.Bonnet-Xella, Le grandi fatiche di
Ercole- Archeo, Gen. 1994, N°107 (A.IX, N°1), p.89/ col.b.
(2)
H.Heras, Studies in
Proto-Indo-Mediterranean Culture- Indian Historical Research Institute,
Bombay 1953, App., p.483. Padre Heras cita Her., Hist.- i. 173 e
vii. 92 al fine di dimostrare che il ceppo paleodravidico proveniva in origine
da Creta e si era poi spostato ad Atene, fondando probabilmente quella cultura
che gli archeologi definiscono oggi 'elladica'. Non essendo ancora
sopraggiunti in Grecia gli Elleni a quel tempo, neppure colla loro prima ondata
acheo-micenea, la successiva contrapposizione fra Re Minosse e Re Egeo in
questa maniera apparirebbe una semplice lotta per la talassocrazia tutta
interna al ceppo greco-pelasgico. Non è da supporre che il Pandione
ateniese si sia spostato in India, evidentemente, ciò che risulterebbe di per
sé assurdo; ma solamente che sul nome d'un antico eroe comune si siano
edificate leggendariamente due saghe parallele, poiché è evidente che i
Paleodravidi debbono esser giunti nel Deccan già durante il Mesolitico,
seguendo quell'ondata –
seppur invertita
direzionalmente –
attestata a livello paletnologico
ad es. da R.Furon
nel suo pur datato Manuale
di preistoria e che ha condotto nuove popolazioni giunte
dall'Atlantico (congetturalmente dopo una grande inondazione occorsa in qualche
zona dell'oceano) da una parte all'altra del Mediterraneo. L'opinione del
gesuita d'origine ispanica è, inoltre, che l'appellativo Pandíōn fungesse in forma leggermente
modificata da nome dinastico presso gli antichi re di Madurai. Questo
almeno ci tramandano gli autori greci, a suo dire (ibid., n.4), i quali
però usano la medesima voce Πανδίων. Heras menziona in proposito
Strab., Rerum Geogr.- xv. 1, Anon., Perip. M.Eryth.- 54 e
58-9, Pseudo-Apoll., Bibl.- iii. 14, 7, Plin., Nat.Hist.- xxvi. 23, 26, Ptol., Geogr.- vii. 1, 11,
89, Dion. Per., Perieg. - 509.
(3) Sta su Wikimedia
Commons. Link:
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Krater_Warrior_BM_F158.jpg?uselang=it
(4) Su Indra ornitomorfico
vedi G.Acerbi, Pico Marzio nell'arte parietale preistorica, dalla Sicilia al
Deccan- Alle pendici del Monte Meru (blog, pross.); su Agni
ornitomorfico cfr W.D. O'Flaherty, Shiva: the Erotic Ascetic- Oxford
Univ.P., Londra-N.York 1981 (ed.or., con altro titolo, 1973), Cap.V, pp. 167-8.
(5) Bharata-varṣa è l'antico nome della terra
indiana, forse derivato dal nome del re Bhārata (della cui stirpe il Mahā-bhārata
dovrebbe cantare le gesta), ma è piú facile supporre il contrario.
(6)
K.Kerényi, Gli Dei e gli Eroi della Grecia- Garzanti, Milano 1976, Vol.2 (ed.or. Die Heroen
Griechen- Rhein-Verlag, Zurigo 1958), L.ter., Cap.1, pp. 256-7.
(7) Ker., op.cit.,
L.sec., Cap.2, p.176.
(8)
Op.cit., p.257.
(9)
Cfr. G.Acerbi, La leggenda
di Bacco e Arianna- Alle pendici del Monte Meru (blog, pross., sgg.
(10)
Cfr. G.Acerbi, Plutone e
Proserpina, le due figure piú tenebrose
della mitologia greco-latina, con Appendice sui Misteri dei Cabiri
(blog, 26-10-15),
sgg.
(11) Ovviamente trattasi del Sogno di una notte di mezza-estate, commedia scritta o messa in scena presumibilmentre tra il 1594 ed il 1596.
(11) Ovviamente trattasi del Sogno di una notte di mezza-estate, commedia scritta o messa in scena presumibilmentre tra il 1594 ed il 1596.
(12) Wikipedia (The Free Enc., on line), s.v.TITANIA, n.1.
(13)
Questo strano personaggio (forse
ereditato dal folclore locale), che fa parte della compagnia teatrale
artigianale allestita per allietare le nozze di Teseo ed Ippolita, non pare
inventato di sana pianta; sembra anzi indicare, fin dal nome (lett.
<'Fondo>, s'intende <dell'Inferno>), la sua reale natura. Per
comprenderlo bene occorrerebbe indagare sui 'Misteri Sethiani' et similia
durante il Rinascimento, dal momento che il Seth biblico era menzionato
nell'elenco degli Imperatores rosicruciani come un capostipite
spirituale. Viceversa il Set egizio veniva identificato al terribile ed
infernale 'Asino Rosso', di cui comunque esisteva ovviamente un risvolto
complementariamente positivo, cosiccome presso gli Ebrei un aspetto negativo
rispetto a quello biblico. Sul piano cosmologico le due figure, ebraica ed
egizia, rimandavano probabilmente in origine a Canopo, con tutte le conseguenze
interpretative che esse richiedevano sul piano ontologico.
(14)
Vi è chi come il Graves
associa Bran a Crono, oppure come il De Vries che lo rapporta a Varuna; ma da
parte nostra preferiamo identificarlo, tanto sul piano etimologico quanto su quello
iconologico, a Brahma. Entrambi queste divinità dispongono, difatti,
d'una 'Magica Coppa'. In Oberon la 'Coppa' si è persa per strada, nei
meandri della storia, ma perdura tuttavia il suo operare magico.
Wikipedia, s.v.OBERON (mitologia), ancora una volta ci viene
preziosamente in aiuto. Benché offra in prima istanza delle false piste
per rinvenire le radici mitiche del Re dei Folletti, facendolo derivare
dall'elfo merovingio Alberico a guardia del tesoro dei Nibelunghi oppure da Freyr,
il Re degli Elfi della mitologia germanica, alla fine c'informa che Oberon vien
fuori per la prima volta nel XIII sec. nell'ambito del ciclo carolingio, pur
avendo tratti caratteristici del ciclo bretone; peculiarmente, una Coppa di
tipo celtico, del tutto simile a quella del Santo Graal... Come volevasi
dimostrare. Noi eravamo partiti dalla filologia, stimando la vocale
iniziale un suono esclusivamente protetico (O-beron < Bran/ Bron)
ed evidentemente non ci siamo sbagliati, seppur sia possibile in effetti che la
dicitura di 'Re dei Folletti' sia stata ereditata per contaminazione della
cultura celto-britannica con quella anglo-sassone dalle tradizioni germaniche.
(15)
Costui altro non è che il Māyin, cioè l'Incantatore. Tanto il
'Matto', quanto il 'Mago' dei Tarocchi, alludono metafisicamente e
cosmologicamente alla costellazione di Orione; ma uno è totalmente al di sopra
delle parti, l'altro le dirige. In costui qualcuno potrebbe vedere semplicemente
il Demiurgo e in quell'altro Dio, che reggge le sorti mondane, ma questa è
un'interpretazione seppur corretta di tipo inferiore. Già Teseo ed
Ippolita infatti sono figurazioni dell'Essenza e della Sostanza dell'Universo e
il festeggiamento del loro matrimonio è quello della 'Camera Nuziale', ossia
della ritrovata Unio Oppositorum; della quale tutte le altre coppie, a
cominciare da Ermia e Lisandro o Elena e Demetrio, non sono che riverberi vari
nella moltiplicità della Natura. Solamente in Robin, per contro, è
incarnato l'arlecchinesco Principio cosmogonico.
(16)
Bisogna stare attenti a
parlare di paganesimo rinascimentale, poiché di sicuro il personaggio di Bottom
nasce in uno sfondo gnosticheggiante. E se è vero che lo Gnosticismo
sethiano non costituiva un'eresia cristiana, bensí il residuo sul piano
religioso d'una scuola dottrinale ebraica nata in principio dal Sethismo
(quindi, senza dubbio piú vetusta
dell'Essenismo e del Cabalismo, di cui il Saddocismo e il Fariseismo
rappresentavano a vicenda l'aspetto exoterico), il sospetto che dietro al
'Sogno' vi sia una simbologia rosicruciana è molto forte. Non però, come
taluno ha tentato di dimostrare attribuendo l'opera shakespeariana ad altri, il
rosicrucianesimo deviato alla Francis Bacon; il vero rosicrucianesimo, alla
Newton, per intenderci. Essendo ad ogni modo già andati troppo oltre
sull'argomento nel presente scritto, non essendo questo il tema-cardine della
nostra discussione, rimandiamo ad altri – magari con maggior esperienza in campo gnostico
– il compito improbo di
sviscerare ulteriormente la commedia in questione. Ad ogni modo, un ampliamento di queste tematiche si troverà in un altro nostro articolo posteriore.
(17)
Archeologicamente parlando, si sono rinvenuti
insediamenti continuativi nella zona di Atene risalenti al Neolitico, cioè
intorno al 3.500 a.C.
(Wikip., s.v.ATENE).
(18)
Peudo-Apollod., Bibl.- iii. 14, 1; Igino,
Fab., 160.
(19)
Da costui avrebbe preso nome la rocca Cecropia
(gr.Kekropía) ossia la collina
presso Atene, divenuta in seguito l'Acropoli (Pl., N.H.,- vii. 194).
(20)
In particolare, della terra rossa
dell'Attica. Ciò che rimanda all'Atlantide, come insegna Guénon.
(21)
K.Kerényi.,
Gli Dei e gli Eroi della Grecia- Garzanti, Milano 1976 (ed.or. Die
Heroen Griechen- Rhein V. AG, Zurigo 1958 & Il Saggiatore, Milano
1963), Vol.2, L.ter., Cap.1, pp. 227-30.
(22)
R.Graves- I miti greci- Longanesi, Milano
1979 (ed.or. Greek Myths- Penguin B., Harmondsworth-Londra 1955), §25d,
p.85 e 38.1, pp. 125-6.
(23)
Una diversa versione della vicenda postula che
Atena fece spuntare l'Olivo dal terreno roccioso e Poseidone la Sorgente,
battendo a terra col Tridente. Secondo l'ennesima versione (Wikip.,
s.v.cit.) la diatriba sarebbe sorta fra l'Olivo ed il Cavallo, l'uno
emblema di pace e l'altro di guerra.
(24) Il nome del figlio era Erisittone (gr.Erysíchthon), doppione di Erittonio (gr.Erichthónios), un misterioso essere ofidico
ricevuto dalle figlie in un cesto, dono di Atena.
(25)
Ker., op.cit., pp. 230-1.
(26)
Op.cit., p.132.
(27) Ibid.
come alla prec.
(28)
Ib.
(29)
Cit., p.233.
(30)
Thuc., Hist.- ii. 15, 1. Pusania nel Per.-
i, 5, 2 asserisce che trattavasi di Immarado, il figlio di Eumolpo.
(31)
Ker., op.cit., pp. 233-4.
(32)
Op.cit., p.234.
(33)
Grav., op.cit., §95.a-b, pp. 293-4.
(34)
Città dell'Argolide.
(35)
Si tratta d'un isola vulcanica, collegata ad un'altra unita ad
essa da un ponte e chiamata oggi 'Poros'. Per la localizzazione
geografica di quest'isola vedi il seguente link:
(36)
Orbene, questo Pelope era figlio di Tantalo (divinamente, di
Ermes). Aveva ottenuto la mano d'Ippodamia, costretta dal padre (il re di
Pisa, in Elide) a giacere con lui; in quanto gli era stato predetto che sarebbe
stato ucciso dal genero, o secondo un'altra versione perché era innamorato
della figlia. Per tale motivo, offrendo la figlia in isposa ai
pretendenti, aveva posto quale condizione delle nozze che il futuro sposo lo
vincesse prima nella corsa coi carri. Mettendo Ippodamia con un pretendente
su un cocchio e lanciandolo in una corsa pazza, lo inseguiva; se costui fosse
riuscito a fuggire avrebbe avuto la mano della figlia, altrimenti avrebbe
dovuto combattere a duello col padre. Cosí Enomao aveva ucciso tutti i pretendenti,
le teste dei quali giacevano inchiodate ai piedi del suo palazzo. Infine
Pelope pregò Afrodite di concedergli in moglie Ippodamia, promettendo alla dea
di farle costruire una statua di mirto (pianta a lei sacra) se 'avesse
ottenuto quella femmina. Quindi, siccome l'auriga di Enomao – di nome Mirtilo –
era figlio di Ermes pure lui e nel contempo era invaghito d'Ippodamia,
Pelope riuscí
a corromperlo (colla promessa che se l'avesse aiutato a vincere la gara avrebbe
potuto esser lui a passare la prima notte di nozze colla sposa ed avrebbe avuto
metà del regno) facendogli manomettere proditoriamente i perni delle ruote del
carro di Enomao e raggiungendo in tal modo il suo scopo. Non mantenne
tuttavia la parola data. Il sacrificio di Etra all'auriga che aveva
permesso a Pelope di vincere Enomao si spiega col fatto che suo padre Pitteo
era uno dei figli di Pelope ed Ippodamia.
(37)
Colà le vergini portavano il loro cinto prima delle nozze.
(38)
Graves (cit.,
p.297, n.5) dichiara il rito dell'estrazione della spada dalla roccia un
procedimento atto all'incoronazione regale. Anche il ritrovamento dei
sandali è giustamente ritenuto dall'autore un altro emblema di regalità,
poiché essi sono un emblema della via seguita dal predecessore.
(39) Ker., op.cit.,
pp. 234-6.
(40) Graves (op.cit., §96, pp. 300-1, pp. n.2) menziona un'equivalente
'Vecchia Scrofa Bianca' gallese (Hen Wen). Per Kerényi (op.cit.,
p.237) si tratta, invece, d'una 'Scrofa Grigia'.
(41)
Cit., pp. 237-40.
(42) Da
notare che il pianeta Nettuno (Nettuno è l'omologo latino di Poseidone), pur
sconosciuto ai Greci, ha realmente a che fare colla magia.
(43) Cit.,
pp. 240-1. Secondo una variante Teseo fu inviato con successo contro il
Toro di Maratona, lo stesso affrontato da Eracle, prima di ricevere la coppa
avvelenata.
(44) Il culto
dell'Olimpo come monte dalla cima innevata è chiaramente dorico, probabilmente
per il fatto che i Dori erano di origine nordica. Anche se sarebbe assai difficile
ripercorrere per intero il loro tragitto. A nostro parere, ma è soltanto
un'ipotesi di lavoro, essi facevano parte come etnia in principio del ceppo
iafetico; che secondo le tradizioni bibliche dopo il 'Grande Diluvio'
(identificato dalla Chiesa antica e medievale al Diluvio Atlantideo) sarebbe
sbarcato in Armenia, non meno degli altri due ceppi di proveniernza
noaica. E si sarebbero indi spinti verso nord, probabilmente in cerca
d'una terra e d'un clima affini a quelli dell'ecumene da dove erano giunti via
mare; ma, per motivi che non sappiamo, vi avrebbero in seguito rinunciato.
Stando all'Induismo, l'omologo di Eracle ossia Krishna era amico dei
Pandava, che abbiamo piú addietro visto
corrispondere ai Panduidi; quindi è evidente che Eracle, l'amico di Teseo, non
poteva che risultare d'origine dorica. E, cioè, ellenica; ma doveva di
necessità esser di provenienza pre-ellenica,
od in altre parole pelasgica, non meno di Teseo. Ovviamente tanto Eracle
quanto Krishna hanno subito col tempo un processo di indoeuropeizzazione, di
dorizzazione nel primo caso e di arianizzazione nel secondo. Difatti
abbiamo dimostrato in un nostro scritto, di prossima uscita (G.Acerbi, Il Re
Pescatore e il Pesce d'Oro. Aspetti della Rivelazione Primordiale- I
Quaderni di Simmetria, Roma 2016, Capp. I-II passim), che i
Pandava non erano degli Indo-ari, come pretendevano nel secolo scorso Dumézil et
al., ma piuttosto dei Paleo-dravidi ibridati con dei Proto-turani.
(45) Ac., La legg., §c.
(46) Ker., op.cit.,
pp. 243-4.
(47) Abbiamo
qui mediato fra Kerényi (cit., p.254), che parla di danza e Graves (op.cit.,
§103.b, p.331) che parla di sacrificio.
(48) Ker., op.cit.,
p.255.
(49) Eracle
all'andata era entrato entrato dal Lete, costringendo Caronte a dargli un
passaggio sulla sua barca pur essendo vivo; mentre, al ritorno, era passato dal
Tenaro (gr.Taínaron).
(50) Siffatta
apparente incongruenza si basa in realtà sul fatto che gli Eroi (figli
d'un dio e d'una madre umana), appartenendo ad un'epoca precedente all'Età del
Ferro (ossia a quella del Bronzo, al dire di Platone), non erano soggetti in
origine ai Misteri propri dell'ultima epoca; poiché la loro natura non era
"umana", bensí
"semidivina". Essendo l'iniziazione un percorso a ritroso nel
tempo, come insegnava Plutarco, il loro cammino era diverso dal nostro di
uomini decaduti. Ciò spiega pure la discesa incolume di Eracle nel
Tartaro. Se Teseo vi è rimasto invischiato, è perché la sua natura eroica
era solamente vituale, essendo in pratica un uomo dell'Età del Ferro. A
differenza di Eracle, il quale è stato riciclato come tale (il che spiega la
sua partecipazione ai Misteri), pur non essendo tale. Tanto è vero che
Eracle appare esclusivamente figlio di Zeus dal punto di vista paterno, mentre
Teseo è figlio sia di Egeo (uomo) che di Poseidone (dio). Ecco il vero
motivo della doppia paternità. R.Graves (op.cit., §95, p.296, n.2)
suggerisce l'ipotesi che Piritoo sia stato assunto quale gemello umano di
Teseo, al modo di Ificle nei confronti di Eracle. Infatti Ificle era
figlio di Anfitrione e di Alcmena, Eracle di Alcmena e Zeus, che aveva preso
l'aspetto del marito onde ingannare la sua bella e fedele moglie generando un
figlio assai potente. In altre parole, s'intuisce in tale suggerimento la
possibilità d'intendere l'eroico Teseo quale figlio di Poseidone e il mortale
Piritoo come prole di Egeo; ma su codesta ipotesi rimaniamo piuttosto scettici
da parte nostra, dal momento che Ificle non ha ricevuto la punizione esemplare
ottenuta da Piritoo. Anzi, si può affermare che egli stia ad Eracle e a
Zeus al modo come nella tradizione cristiana lo Spirito Santo si rapporta al
Figlio e al Padre. Cfr. in proposito G.Acerbi, Sulla questione
dell'Unicità Divina- Herakles (riv. on line), Digibu, mag. 2015, passim.
Non a caso, nell'America Precolombiana, il terzo elemento d'una trinità di tipo
cristiano od ellenico veniva definito 'Figlio Minore'.
(51) Apollodoro, Epit.- i. 16 e Pausania, Perieg.- i. 2, 1, il quale cita Egia di Trezene.
(52) Secondo Strabone, Geogr.- xii. 5, 1-2 e Servio, Comm. in Aen.- xi. 659 (Grav., op.cit., §131.k) le Amazzoni, scacciate da Temiscira, assieme ai Gargarensi si sarebbero rifugiati sui monti dell'Albania caucasica, affacciata sul Mar Caspio. Si sarebbero poi spostati sul Caucaso e ad ogni primavera le giovani Amazzoni e i govani Gargarensi si sarebbero incontrati sulla cima d'un monte che separava i loro teritori, dando luogo ad unioni promiscue; i nascituri maschi sarebbero finiti fra i Gargarensi, le femmine fra le Amazzoni, senza stabilire paternità o maternità alcuna.
i
Gargarensi, le femmine fra le Amazzoni, senza stabilire paternità o maternità
alcuna.
(53) Op.cit., §100.a, p.321.
(54) Cit., p.324, n.2.
(55) Piccolo fiume
della Turchia Centr-settentrionale, presso cui sorgeva la leggendaria città di
Temiscira, capitale del Regno delle Amazzoni.
(56) §b, pp. 321-2.
(57) In
un'interessantissima discussione intitolata "Le Amazzoni, fra leggenda e
realtà", sul multiblog Termometro Politico, un inserzionista ha
postato (13-11-06) un articolo assai interessante e documentato, nel quale
mostra con parecchia efficacia come ormai i numerosi ritrovamenti archeologici
di donne guerriere inumate nella zona fra l'Ucraina e il Kazakistan abbiano
dimostrato la realtà storica della leggenda delle Amazzoni. Le Amazzoni
sarebbero state stanziate a nord-est del Mar d'Azov e proverrebbero dalla
popolazione sarmata, in conflitto con quella scitica per un certo tempo, ma poi
ibridatasi con maschi sciti fuoriusciti dalla loro tribú per coniugarsi con loro. Ne darebbero testimonianza
credibile, del resto, dapprima Erodoto (V sec. a.C.) e poi in modo maggiormente
dettagliato Ippocrate (V-IV sec. a.C.). L'esistenza reale di queste
donne-guerriere nella zona geografica suddetta è testimoniata fino al II-I sec.
a.C.; successivamente si hanno soltanto testimonianze indirette tardivamente
dagli scontri dei Romani con Unni ed Alani, entrambi di discendenza
sarmata. Per questo gli storici greco-romani, dal I sec. d.C. in poi,
hanno trasformato in mito la loro presenza storica effettivamente
rilevata in passato.
(58) §27.d, p.92. (59) J.Evola, Rivolta contro il mondo moderno-Mediterranee, Roma 1976 (I ed. Hoepli, Milano 1934), P.Sec., Cap.7, pp.280-1.
(60) Evola (Ev., op.cit., p.273) attribuisce loro, rifacendosi all'antropologo svizzero J.J. Bachofen, un tentativo di usurpazione (perché usurpazione?) nel voler raggiungere la mitica Leuké, l'Isola Bianca. Ma qui sta forse per Śakadvīpa, giacché è nel II Ciclo Avatarico (vedi mito del Frullamento dell'<Oceano di Latte>) che viene prodotta la nascita della consorte-figlia di Varuṇa, l'equivalente indiano di Afrodite e di Venere.
(61) Cosa intendeva affermare l'autore, che la regalità era superiore sia al sacerdozio che al potere guerriero? Ciò avrebbe un senso parlando d'un Re Sacro, nei confronti del quale la casta sacerdotale appare come femminile (tale era il sacerdozio, d'altronde, nelle sue origini); ma bisognerebbe distinguere allora una regalità di carattere uranio-solare (vedi ad es. la coppia di Varuṇa e Mitra quali personaggi distinti nell'induismo) da una semplicemente luni-solare (gli stessi nella formula duale Mitra-Varuṇau).
(62) Op.cit, p.274.(61) Cosa intendeva affermare l'autore, che la regalità era superiore sia al sacerdozio che al potere guerriero? Ciò avrebbe un senso parlando d'un Re Sacro, nei confronti del quale la casta sacerdotale appare come femminile (tale era il sacerdozio, d'altronde, nelle sue origini); ma bisognerebbe distinguere allora una regalità di carattere uranio-solare (vedi ad es. la coppia di Varuṇa e Mitra quali personaggi distinti nell'induismo) da una semplicemente luni-solare (gli stessi nella formula duale Mitra-Varuṇau).
(63) Vedi mito di Paraśurāma, il VI Avatāra.
(64) Cfr. G.Acerbi, L'Isola Bianca e l'Isola Verde- Simmetria on line, N°41 (mag. 2016), passim.
Illustrazioni
1. Egeo con in mano per insegna l'Asta
sormontata dal Picchio riceve Teseo, giunto da Trezene, nella reggia ateniese
che diverrà poi il Tempio di Apollo Delfinio (cratere apulio a figure rosse, Pittore di Sisifo, 410-400 a.C., Ruvo, Italia
Merid.).
2. I 5 Panduidi e Draupadī col Vaso dell'Amṛta (x, Deogarh, India).
3. Arjuna e l'Apsaras (ill.cont., XX sec., India).
4. Egeo consulta la Pizia Delfica (o la dea
Temi), che seduta sul tripode legge su un piatto oracolare (tondo d'una kylix attica a figure rosse, opera del pittore di Kodros, 440-30 a.C.).
5. Oberon, col Folletto e la Mermaid
(J.N. Paton, pittore preraffaellita, Scozia,
1888).
6. Titania, la regina delle fate, che cade (J.H. Füssli,
pittore romantico, Casa dell'Arte, Zurigo, 1804-5).
7. Bottom colla Testa d'Asino amoreggia con
Titania (E.Lanseer, pittore britannico, dipinto
ad olio su tela, Nation.Gall. of Victoria, Melbourne, XIX sec.).
8. Pelope ed Ippodamia (Haiduc, opera pers., ott. 2007).
9. Teseo solleva la pietra indicata da Atra,
trovando spada e sandali di Egeo (L. de la Hyre,
olio su tela, Szépmüvészeti Múz., Budapest, c.1635-40).
10. Tragitto del percorso di Teseo, durante le 7
Fatiche, da Trezene ad Atene e mappa del suo viaggio marittimo diretto da Atene
a Creta con ritorno passando per Nasso (cartina
geografica).
11. Teseo ammazza il brigante Scirone (dis., J.C. Andrä).
12. Ibid. come alla 1 (dett.).
13. Cartina del Caucaso (incisione in rame, Londra, c.1770).
14. P.P. Rubens, Amazzonomachia (P.P. Rubens, olio su canapa, Belgio, 1615, ).
13. Cartina del Caucaso (incisione in rame, Londra, c.1770).
14. P.P. Rubens, Amazzonomachia (P.P. Rubens, olio su canapa, Belgio, 1615, ).
Fonti
1. Wikimedia Commons, s.v.AIGEUS.
2. Ibidem, s.v.PANDAVAS WITH DRAUPADI.
3. On line (tratto da D.A. Mackenzie, Indian Myth
and Legend, Gresham, Londra 1913)
4. Ibid. come alla 2, s.v.THEMIS AIGEUS.
5. Ib., s.v.JOEL NOEL PATON OBERON .
6. Ib., s.v.JOHANN HEINRICH FÜSSLI TITANIA.
7. Ib., s.v.EDWIN LANSEER TITANIA AND BOTTOM.
8. Ib., s.v.PELOPS AND IPPODAMIA RACING.
9. Ib.,
s.v.LAURENT DE LA HYRE.
11. Ib., s.v.THESEUS UND STIRON.
12. Ibid. come alla
1, ritaglio ed effetti reimpostati.
13. Ib.
13. Ib.
14. Ib.
Fig.4
Fig.14
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N.B.- Segni diacritici per attuare la correzione: – «»
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