mercoledì 5 ottobre 2016

AFRODITE, L'IMPERATRICE DEL MONDO E L'AVRIL MEROVINGIO





1.   Afrodite, Maddalena e il Pesce d’Aprile

      Cosí come il mese di marzo è dedicato a Marte, signore del segno zodiacale dell’Ariete, analogamente il mese di aprile è dedicato ad Aprīlia; cioè Venere, o se vogliamo φροδίτη, signora del Toro. Qualcuno potrebbe obiettare che quest’ultimo nome divino è greco, non latino come gli altri adottati dal calendario giuliano (1).   Il che è vero, ma ciò vale però solo per Afrodite, non per Aprīlia.  Nome evidentemente coniato allorché l’anno cominciava in aprile, non in marzo come ai tempi della Roma storica.  Quest’inizio dovette dipendere, di necessità, dal Punto Vernale; ossia, secondo quanto indica l’etimo del termine nella nostra lingua (primavera = lett. ‘prima stagione’) l’anno solare cominciava allorché il P.V. trovavasi in Toro.  Il che pare essere una diretta eredità dell’origine troiana dell’Urbe.  Infatti Enea era figlio di Anchise e di Afrodite.  Afrodite, d’altra parte, veniva identificata in tutta l’area egeo-anatolica – e particolarmente nell’area troiana – alla dea Rhoiò (lett. la ‘Rossa’, da rhoià = ‘melagranata’), personificazione della melagrana (2), che per i suoi tratti fruttifero-vegetali alludenti allo κτες muliebre rimandava cosmologicamente alla “rossa” Aldebaràn, non meno dell’equivalente indiana Rohiī.  Per la verità la leggenda di ‘Ροιώ è parallela a quella di Ga, che in alternativa ad altre dee figura in India quale madre delle Pleiadi (Kttikā) nel mito che racconta la nascita di Skanda-Kārttikeya (3).  Sennonché in un’altra leggenda parallela, precisamente nel mito dell’incesto cosmogonico, è Rohiī a svolgere la stessa funzione cosmica.  Ovviamente, l’identificazione con Aldebaran non è il solo significato pertinente.  Come in ogni simbologia tradizionale, le accezioni del simbolo sono molteplici, principalmente 4: ontologica, cosmologica, allegorica e letterale.  Ciò comprende ovviamente tutta una sfumatura di sottosignificati: etnici, antropologici, storici, letterarî ecc.  La scuola mediterraneista, purtroppo, si limitava a sottolineare solamente gli aspetti erotico-fecondanti della mitologia indo-mediterranea ed in codesto caso per di piú non è giunta, diversamente da altre volte, a scoprire le affinità fra Rhoiò e Ga; tuttavia queste risultano evidenti dalla pur limitativa comparazione da parte del Pestalozza fra la dea troiana e la latina Rhēa Sylvia, madre non a caso anche costei dei Gemelli (4).  Infatti in una versione alternativa della nascita di Skanda, riportata nel Kālīkā Purāa (xlvi. 83-5), è reperibile analogamente la nascita dei Gemelli (l’altro è Viśākā) anziché di Orione (Kārttikeya, il figlio delle Pleiadi).  Il padre Śiva allude viceversa a Sirio, asterismo oggi visibile nei pressi del cielo meridionale, ma c.7.000 anni fa piú spostato verso l’equatore.
      Orbene, se è vero che la mitologia di Venere ci riporta ad Aldebaran e secondariamente a Troia, bisogna sapere che le ricerche storiche condotte negli ultimi anni dal trio inglese Baigent-Leigh-Lincoln – per quanto bistrattate in ambiente universitario, soprattutto nostrano – hanno in realtà aperto un nuovo campo d’indagine riguardante aspetti paralleli del cristianesimo prima sconosciuti a tutti oppure noti solo in parte ad un pubblico molto specializzato.  Siamo venuti pertanto a sapere che la discendenza troiana della monarchia franco-britannica, quale veniva tracciata in precedenza unicamente dai testi dell’epica graaliana, non costituiva per nulla un’interpretazione fantastica dei rapporti storici reali; bensí, pur coll’ausilio dell’invenzione poetico-letteraria, un’approssimazione alla verità effettiva.  Insomma, in modo non diverso da come si accettava fin dai tempi di Virgilio, l’origine troiana di Roma.  Sappiamo che il poeta mantovano ha condotto attraverso l’Eneide un’opera di mitizzazione e di celebrazione per conto della committenza augustea.  Ciò non toglie che la principale linea di discendenza romana sia da considerare egeo-anatolica, al di là delle fuorvianti speculazioni contemporanee, tendenti ad esagerare l’apporto di altre radici etniche.  Soprattutto quella che, con espressione erronea, viene definita “indouropea”; e che, nel piú acconcio linguaggio biblico, dovremmo chiamare "giafetica".  Gli antichi romani non avevano pregiudizî di tal genere ed accettavano la loro eredità egea, vale a dire ionica, come un vanto.  I suddetti studî sul nazarenismo hanno ricostruito, tuttavia, un quadro della Grecia del I mill. a.C. abbastanza diverso da quello normalmente presentato dagli storici attuali dell’Antichità.  Nell’ormai celebratissimo nonché da certuni denigratissimo Santo Graal dei tre autori britannici (5), nel tentativo di spiegare dovutamente la saga merovingia, è stato evidenziato che un flusso migratorio ebraico proveniente da Gerusalemme in epoca post-beniaminita (z sec. a.C.) avrebbe riparato nel Peloponneso, precisamente in Arcadia.  In seguito (z anni/ secoli dopo) avrebbe colonizazato Ilio e di qui sarebbe giunto, dopo la fuga di Enea e l’incendio ellenico della città, a Roma ed altrove.  La via di fuga marittima, approdata nel Lazio protostorico, non pare la sola avvenuta a quei tempi.  Si dice che un secondo flusso troiano, ad es., sia giunto nel Nordest dell’Italia fino a Padova (sono stati trovati dei reperti archeologici che lo proverebbero) e si sia confuso pian piano col ceppo illirico.  Altri beniaminiti, non è ben chiaro se arcadi o troiani, si spinsero in qualche modo piú a nord sino a mescolarsi coi Franchi.  Tali sarebbero stati dunque i Sicambri, un gruppo germanico già ebraicizzato prima del connubio in epoca cristiana coi discendenti provenzali della Maddalena, la presunta sposa (6) di Gesú.



2.  Madame Jasmine Avril, autoproclamatasi “imperatrice di tutte le Massonerie”


      Esattamente nel Duemila, ed ovviamente non a caso, la Sign. Gelsomina Aprile (Jasmine Avril) ha lanciato un appello su internet proclamandosi “Imperatrice di tutte le Massonerie”; nonché discendente legittima dell’imperiale Casato degli Hohenstaufen (7), a sua volta un ramo distaccato del Casato dei Merovingi a suo dire, benché poi ibridatosi col ramo regio longobardo dei Poto.  Questa ricostruzione storica è accettabile?  Certamente, dal nostro punto di vista.  Segue qui brevemente una disamina da parte nostra.


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3.  Una ricostruzione della leggenda merovingia ed un giudizio in merito


      Indipendentemente dall’asserzione riguardo gli Avril come dinastia di raccordo fra Merovingi e Hohenstaufen, che abbiamo visto al paragrafo precedente risultare possibilmente veritiera (nel senso che personalmente ci convince), ora vorremmo compiere una ricostruzione a parte del diritto divino merovingio.  Perché a questa stirpe si connette fondamentalmente l’idea di Sacro Romano Impero.


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Note

(1)  Chi avesse dubbî in proposito confronti il nome di gennaio con Giano (Acquario), di maggio con Maia (Gemelli), di giugno con Giunone (Cancro), tenendo conto che l’antico calendario romano prima della riforma giuliana era basato sulla signoria di 6 dèi e 6 dee.  Ciascun senario – se ne può dedurre – presiedeva probabilmente su una delle due metà annuali, il senario femminile sulla prima a partire dall’equinozio primaverile e quella maschile sulla seconda, dall’equinozio autunnale in poi.  Anche se tardivamente in 7 casi su 12, cioè negli altri mesi non citati, l’antica signoria è stata cancellata da nomi onorifici (Giulio, Augusto) o numerici (da Settembre a Dicembre).
(2)  Cfr. U.Pestalozza (a c. di M.Untersteiner & M.Marconi), Religione mediterranea, Vecchi e nuovi studi- Cisalpino-Goliardica, Milano 1971, Cap.I, pp. 32-5.
(3)  Cfr. G.Acerbi, La leggenda del Cervo, della Cerbiatta e del Cacciatore…- – V.d.T. (lug.-set. ’91), A.XXI, N°83,  Palermo 1992, pp. 150-2, n.2.
(4)  Uno studioso di mitologia classica, in un un suo noto libro (A.B. Cook, Zeus- xxxxx), mette in luce tramite un’appropriata ed indiscutibile iconografia la relazione del mito della nascita di Romolo e Remo nella fatidica capanna pastorale con l’avvento vernal-annuale della costellazione dei Gemelli (ovvero i Διóσκυροι greci e gli Aśvina indiani).  Ciò significa che tale nascita al di là del senso storico preciso, rifacentesi comunque ad una data (per forza di cose prima del 4.480 a.C.) che per la sua collocazione cronologica si situa alla fine della mitica <Età del Bronzo>, ha un valore precipuamente cosmogonico.  La ‘Capanna’ non è che il mondo qual s’è venuto a creare nell’<Età del Ferro>, cioè archeologicamente parlando dal Neolitico in poi.  La fondazione dell’Urbe invece è avvenuta il 21 aprile, vale a dire a 0° del Toro; il che colloca Roma sotto l’egida delle guerriere Pleiadi, giacché la prima decade del Segno è dedicata ad esse, la seconda ad Aldebaran (la ‘Settima Pleiade’) e la terza ad Orione.
(5)  M.Baigent, R.Leigh & H.Lincoln, Il Santo Graal- Mondadori, Milano 1982  (ed.or. The Holy Blood and the Holy Grail- J.Cape, Londra 1982), Cap. 9, p.356.
(6)  A livello personale siamo profondamenti convinti che il fatto sia reale, ma a livello storico non si può dar nulla per scontato prima di un’opportuna dimostrazione.  Se anche si trattasse, e non lo crediamo, d’una forma di mitologia cristiana diversa da quella paolina potrebbe avere pur sempre un valore sul piano cultuale.  Non è detto che debba trattarsi per forza d’un eresia.  Tal cosa non mina infatti il culto cattolico-ortodosso, è semplicemente altra cosa, quella che appunto viene chiamata oggi col nome di 'Nazarenismo'.  Donde si è sviluppata in seguito la cd. 'Chiesa di Gerusalemme', che costiuisce la prima vera forma di Cristianesimo, donde si sono diramate tutte le altre.
(7)  Riguardo l'accezione del cognome come 'Staffa della Sovranità' (da Hohen e Stauffen) cfr. on line la Fondazione Federico II, Stupor Mundi:







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