sabato 2 dicembre 2017

VARUNA,



aureo dominatore
 del Quartiere Orientale




a) Introduzione

        Nel IV Libro del Rāmāyaa (Cap.XXXII nella versione di Benares di Sen e XLIII in quella bengalese da parte di Gorresio)(1), durante la descrizione della spedizione dell’esercito delle ‘Scimmie’ capitanate da Hanumat nel Quartiere Occidentale, onde cercare tracce della Mithilese – vale a dire Sītā, figlia di Janaka, sovrano di Mithilā senza progenitura (comunque della Dinastia Solare) essendo stato generato dal suo predecessore Nimi per sfregamento (2) – si passa a delineare la dimora di Varua sul Monte Sumeru (3).  «Sopra la cima di quel monte v’ha un divino ed ampio edificio, fulgente come il sole e cinto da cento case, costrutto da Visvakarma e adorno di laghi di ninfee e di grandi albero aurati: è quella la dimora del magnanimo Varuna, il Dio che è armato di fune (4)  La versione di Benares, viceversa, suona cosí: «Là sulla sommità del Meru è posta una bella e bianca mansione di Varuna.  L’ha edificata Visvakarma.  Ci sono molti palazzi ed alberi risonanti delle note selvagge di vari tipi d’uccelli.  Dietro quella collina vi è una maestosa palma.  È d’oro, adorna di dieci corone ed è impiantata su una pedana… Il sole tramonta dopo aver viaggiato sul Sumeru.  Non c’è modo di andar oltre la terra del sole posta in uno spazio sconfinato, avviluppato in una perpeta oscurità (5)
        La versione bengalese è incommentabile, quella di Benares appare maggiormente ricca di particolari.  Non stiamo a discutere la ragione per cui il Meru è descritto nell’ambito del Quartiere Occidentale, sarebbe troppo complesso.  Bisogna infatti tener conto che cosmologicamente l’Occidente è quello che nel Novecento chiamavasi ‘Nuovo Mondo’ e (meno) l’Europa.  Ivi è chiaro che la terra sconfinata avviluppata da una perpetua oscurità non è che l’Artide.  Però il passo è una curiosa sintesi fra una descrizione geografica ed una simbolica.  L’aurea Palma con 10 Corone, di cui si trova alcunché di analogo nell’Avesta (6), risulta essere evidentemente l’Asse Polare, sul quale va a posarsi il Sole nel suo tragitto circumpolare.  Ma che sono mai le 10 Corone?  Vi potrebbero essere 2 spiegazioni, una di carattere cosmologico e l’altra di carattere metafisico.  La prima allude ai ‘Dieci 
Soli’ facenti la circumambulazione del Polo N ad una data latitudine, 



2

corrispondente a quella del perduto Śākadvīpa, scomparso alla Fine del II Ciclo Avatarico.  La seconda si rifà invece alla questione dei 10 Avatāra, il Regno dei quali è contenuto in nuce sull'Arbor Mundi.  Il Ciclo di Varua, ad ogni modo, è quello altrimenti denominato della Tartaruga (Kūrma-yuga).  Non perché il II Avatara avesse Testa di Testuggine, questo è semplicemente un simbolo, al di là delle fisime evoluzionistiche cui la dottrina avatarica è andata soggetta anche presso dei brahmani modernisti, i nomi dei quali preferiamo omettere;  ma per il fatto che in quel ciclo umano l’umanità – ed in primis il Kūrmāvatāra – arrivò a concepire una suddivisione quaternaria del cielo che ricordava nella forma il carapace delle tartarughe.  Il quadrilatero celeste non riguardava, tuttavia, solstizi ed equinozi, come si potrebbe ingenuamente pensare, bensí  lo spazio schematicamente quadrangolare ricoperto dal sole in cielo durante i propri movimenti annuali.  Nel contempo, la suddivisione quaternaria applicavasi alle Direzioni Spaziali e ai Quartieri Cosmici.



a)    Le 5 ‘Generazioni Divine’, i Pañcadeva
e la famiglia shivaita




         Nello schema delle ‘Generazioni divine’, queste sono relazionate ai Quartieri, a loro volta dipendenti dalle 5 Direzioni.   Lo schema per intero assomma il Centro, la direzione unica originaria, alle altre 4.  In associazione alle Direzioni, le Generazioni secondo logica andrebbero ripartite in questo modo: 1. Brahmā, da assegnare al Centro; 2. Varua, al Quartiere Orientale; 3. Śiva, al Quartiere Meridionale; 4. Indra (o Viu), al Quartiere Occidentale; 5. Kubera al Quartiere Settentrionale.  Ciò in effetti corrisponde alla distribuzione dei domini nella letteratura epoco-puranica, a parte l’inversione da noi fatta fra Indra e Varua. Inversione che giustificheremo piú avanti.  Inoltre abbiamo anteposto al Centro Brahmā, mitico progenitore di tutte le creature (deità comprese), poiché il Centro non viene caratterizzato da alcun quartiere.  Nell’analoga serie quinaria menzionata da Platone nel Timeo troviamo Urano al Centro, Oceano ad Est, Crono a Sud, Zeus ad Ovest e Pan a Nord (7).  Nello schema orfico invece, sempre in Grecia, la distribuzione è la seguente: Eros al Centro, Urano ad Oriente, Crono al 



3

Meridione, Zeus ad Occidente e Dioniso a Settentrione.  Va ricordato, d’altro canto, che le cosmogonie puraniche pongono Kāma (8) quale ‘Secondo-nato’ al posto di Varua (9).  In sostanza, le vere distribuzioni numinose dovrebbbero essere queste sintetizzando le diverse tradizioni, sebbene in tale forma non si trovino in alcun documento scritto: in India Brahma, Kama, Kala, Indra, Kubera; in Grecia Eros, Oceano, Crono, Zeus, Dioniso.  Infatti Eros e Brahma coincidono ed, analogamente, le altre quattro copie divine.  Dato che Brahma e Eros sono i rispettivi ‘Primi Nati’ nelle proprie tradizioni, Kama-Oceano e Kala-Crono provengono addirittura dallo stesso etimo, ed anche le coppie Indra-Zeus e Kubera-Dioniso coincidono in quanto a vicenda re divini e divinità estatiche.  Notiamo ancora che mentre l’induismo pone un vecchio padre (Pitamāha)  come ‘Primo-nato’ e un ‘Figlio’ come ‘Secondo-nato’, entrambi col Pesce (Matsya) oppure l’Uccello (Oca Reale, Pappagallo) per veicolo, la tradizione ellenica contrappone all’opposto sotto il profilo iconologico un ‘Divino Fanciullo’ ad un ‘Vecchio del Mare’, entrambi con uno o piú Delfini.  Trattasi, insomma, d’una omologia funzionale rovesciata, pur essendo le due figure rispettive nettamente differenziate.
         Oltre alla serie quinaria di divinità descritte, che abbiamo defnito epico-puranica, ve n’è un’altra parallela legata alle scuole induiste dei tempi storici e che potremmo quindi tranquillamente ritenere induista: i Pañcadeva.  Cioè i ‘Cinque Dei’, ai quali viene ancor oggi tributato uno speciale culto settario da parte dei segaci hindu.  In questo caso i deva hanno dei nomi ben precisi, enumerati in quest’ordine, che risulta come al solito ciclico: Śiva-Sūrya-Gaeśa-Viu e Śakti.  Sostituendo, come talora accade specie nel mondo dravidico, il secondo nome con quello di Skanda (primo figlio di Śiva) ci rendiamo conto che cotal personaggio mitologico ha a che fare col dominio del Quartiere Orientale ossia colla Razza Gialla (proto-mongoloide o paleo-oceaniana che sia che sia).  Qualora invece si voglia considerare esclusivamente la famiglia shivaita, i figli diengono tre (nell’ordine: Bhairava, Skanda, Gaeśa) e non si tien conto allora di Viu.  Codeste tre serie divine non hanno, tuttavia, parallelismo alcuno in Grecia.




4


c)  Varua e Varuṇānī, signori dell’Età Aurea


         Varua al pari del greco Ouranós è reputato dal gveda (.S.- viii. 41, 10) il Signore dell’Età Aurea; lett. “che misurò la Prima Creazione”, avendo in ciò per allomorfo Brahmā, preposto secondo i Purāṇa ad egual compito (Vy.P.- i. 32, 14 e 21).  Dato che ciascuna delle 4 Facce del Gran Progenitore Tetracefalo (Caturanana Pitamāha) designa uno dei 4 cicli avatarici dei quali è composto il Ktayuga, ecco motivata la ragione onde Varua – doppione di Brahmā non solo tramite la sua signoria sul’Età dell’Oro, ma pure per via della potenziale quadruplicità temporale della propria arma simbolica, il Dharmapāśa (‘Cappio dell’Ordine’), equivalente al Kālacakra (‘Ruota del Divenire’) possa assumere la sovranità sull’uno o l’altro dei 4 periodi ciclici dei quali è composto il Satyayuga.  Lo stesso ruolo del Pitamāha è  coperto del resto fra i Latini, come ha sottolineato qualcuno (10), da Iānus Quadrifrons.  In qualità invece di Bifrons o di Iānus Geminus cotale nume va accostato piuttosto a Yama, dio il cui nome significa appunto ‘Gemello’, dal tema ie. *ym-; donde abbiamo pure il norr. Ymir, mitologicamente descritto in veste di androgine primevo.  Yama non è d’altronde che una forma allotropica di Brahmā, o di Varua.  Abbiamo già accennato nel precedente pragrafo come Brahmā venga alla luce alla Fine del II Ciclo Avatarico, assieme al Kūrmāvatāra, nel Samudramanthana.  Nel nome del nume peraltro, peculiarmente nel pref. w-, è filologicamente espressa una sfumatura denotante occultamento.  Una conferma mitologica di ciò proviene dalla leggenda stessa del ‘Rimestamento dell’Oceano-di-Latte’, che rappresenta la fase susseguente a quella della sommersione dello Śvetadvīpa, con cui si era chiuso il I Periodo Avatarico.  La storia racconta infatti la nascita del nume uranico in questione e di quella della paredra di costui, Varuṇānī, avente un alter-ego successivo nella persona della propria figlia Vāruṇī
primevo.  Yama non è d’altronde che una forma allotropica di Brahmā, o di Varua.  Abbiamo già accennato nel precedente pragrafo come Brahmā venga alla luce alla Fine del II Ciclo Avatarico, assieme al Kūrmāvatāra, nel Samudramanthana.  Nel nome del nume peraltro, peculiarmente nel pref. w-, è filologicamente espressa una sfumatura 



 5

denotante occultamento.  Una conferma mitologica di ciò proviene dalla leggenda stessa del ‘Rimestamento dell’Oceano-di-Latte’, che rappresenta la fase susseguente a quella della sommersione dello Śvetadvīpa, con cui si era chiuso il I Periodo Avatarico.  La storia racconta infatti la nascita del nume uranico in questione e di quella della paredra di costui, Varuṇānī, avente un alter-ego successivo nella persona della propria figlia Vāruṇī (11).

         Costei, sia ella sotto l’aspetto di <Sposa> o di <Figlia>, è secondo noi omologa alla lat. Venus; la cui denominazione deriva dalla medesima √wr-n- (‘avvolgere, coprire’), per metatesi consonantica della nasale colla liquida.  Nella mitologia romana troviamo pure Venīlia (Ov., Met.- xiv. 334), una delle varie consorti di Iānus, pure lei ricollegantesi nel nome all’etimo citato.  In sanscrito abbiamo inoltre le figure maschili di Vena, sacerdos in divinis degli Asura, e di Śukra; le quali corrispondono nella tradizione greco-latina rispettivamente agli epiteti di Venere e di Cipride, secondo quanto ipotizzava già Tilak alla Fine del XIX secolo (12).



d)  Il passaggio del dominio di Varua
 dal Quartiere Orientale al Quartiere Occidentale

 

         Siamo personalmente convinti che a Varua, signore delle acque e degli oceani, pervadente al modo di Agni (il dio del fuoco) – cui si oppone complementariamente per via dell’attinenza del primo coll’El. Acqua e del secondo coll’El. Fuoco – i 4 Mondi (Celeste, Atmosferico, Terreno ed Infero), fosse una volta ascritto tra i Quartieri Cosmici quello Orientale; di là da dove il nume è detto (Mhbh., Udyogap.- cviii. 12), infatti, essere disceso nella regione dei Pātāla (Sud, Polo Sud).   E si tramanda che soltanto successivamente gli sia stato asssegnato il dominio dell’Ovest (ibid., cx. 1 ss), il Quartiere Orientale finendo cosí per venir attribuito ad Indra, un piú recente dio pluviale; che ha assunto in tal modo pure la carica vacante (in principio spettante a Varua), al pari del romano Iuppiter e dell’ellenico Zeús, di ‘Re degli Dei’.  Che sia intervenuta un’inversione delle rispettive signorie  tra Varua ed Indra è suggerito oltreché dal passo citato dell’Udyogaparva anche dal 



 6

perfetto parallelismo, di cui tratteremo tra breve,  fra la mitologia indiana e quella greca.  Infatti nel Timeo (13) Platone attesta l’esistenza in Grecia di ‘Cinque Generazioni Divine’, alle quali abbiamo già fatto cenno al §b.  In realtà le Generazioni sono Dieci, calcolando le paredre dei maggiori dèi assieme ai loro rispettivi consorti.  Proprio come in India, ovvero una Generazione (Jana) per ogni Grande Elemento (Mahābhūta), che nella stessa Grecia eran ritenuti essere 5, aggiungendo ai piú noti 4 Archai la cd. ‘Quintessenza’ ossia l’Etere (vedi Empedocle).  Anche se in India il calcolo delle altre Cinque è diverso, essendo fatto su base avatarica anziché shaktica.  In ogni caso corrisponde quasi perfettamente.   
         Nell’Astrologia occidentale antica si fa egualmente riferimento ai Quartieri, ma in modo diverso rispetto alla cosmologia orientale, ovvero partendo dalla croce solstizial-equinoziale.  Si parla , del resto, di Quadranti (Celesti) piú che di Quartieri in senso cosmografico (14).  Ne consegue che l’ordine con cui vengono in genere elencate le ‘Generazioni Divine’ nei testi tradizionali di lingua indoeuropea (e non…) è immancabilmente quello del passaggio solare; sempre a cominciare dal Centro, allorquando le medesime appaiono in numero di 5, o dall’Est – dove evidentemente sorge il luminare durno e con esso l’intera Manifestazione – qualora esse sian ridotte a 4.  Il prevalere e il susseguirsi delle Razze, delle Caste e delle divinità venerate da ciascuna di esse dipende dai molteplici Climi e dai vari Temperamenti a questi asssociati; trattasi insomma di fattori fra di loro concatenati e rapportabili agli Elementi.  Il che è in realtà, secondo quanto è logico ritenere, il risultato dell’inclinazione solare.  È in effetti su tale principio astrale di suddivisione dello spazio che si basavano gli antichi, ubiquitariamente, nelle loro ripartizioni elementali.  Ragion per cui, l’ordine di manifestazione dei numi greci sopraddetti attraverso i Punti Cardinali, escludendo le loro paredre (semplici espressioni della loro dýnamis), è quello sopra dichiarato: ad Urano seguono Oceano, Crono, Zeus ed infine uno qualsiasi dei figli di quest’ultimo identificati ad Orione (Apollo, Dioniso, Pan ecc.).  Ora, nell’Udyogap.- cviii-xi (passim) sono riportati molti dati interessanti sulle ‘Generazioni Divine’, i quali necessariamente suggeriscono una comparazione tra l’una e l’altra cultura indoeuropea.  Cosí veniamo a sapere che è nella Dimora Orientale, la prima cronologicamente (non essendo fatta alcuna menzione nel passo esaminato dell’Ilāvta e del Meru, che ne era il 



7

Centro) ad ospitare “l’intelligenza umana la quale ha pervaso l’intera terra”, che il Dharma ha preso piede per la prima volta; colà sono stati cantati in origine i Veda ed è stato forgiato il sacro mantra Au (ibid., cviii. vv. 4, 10 e 14)(15).  Colà, “alle porte del giorno e del tempo” sarebbero intre stati massacrati parecchi verri – l’Ecumene Orientale (anche se non coincide col Quartiere Orientale, avendo a che fare col III Periodo Avatarico) è la sede mitica di Varāha, il III Avatāra – ed altri animali al fine sacrificale (ib., verso 15); ciò si collega sicuramente all’uso attuale fra i Melanesiani – per quanto costoro corrispondano a nostro parere ai discendenti di Narasiha, il IV Avatāra, connesso all’Ecumene Sudorientale – di sacrificare soprattutto maiali (16).  Mentre invece la Dimora Australe è dichiarata essere la  “seconda porta della virtú”, siccome sede originaria dei Pit, dei Rākasa e di Śiva (cix, vv. 3-5, 8 e 18).  Ancor oggi in determinate isole della Melanesia, ad es. a Malaita nell’Arcipelago delle Isole Salomone, sono rintracciabili tribú con abiti arborei; alla mniera arcaica shivaita desritta dal Mhbh., Śāntip.- cclxxxv. 48-9.  Ma quel che piú importa, per il fine che ivi ci proponiamo, è che Viu – il rinomato “amico” di Indra, il quale sta in rapporto al primo come il Panduide Arjuna sta a Ka-Vāsudeva – è descritto risiedere nella Dimora Occidentale; accanto ai Marut, nati dallo smembramento (lett. affettamento) del “Feto di Diti” ovvero dello Yajñacakra (cx, vv. 8 e 18).  Volendo delineare l’intero quadro delle Ecumeni dobbiamo aggungere che nel Quartiere Boreale, precisamente nella regione di Ailavila, dimora Kuvera (il Dioniso indiano); ma tutto ciò esula, al momento, dal nostro interesse.  Se mettiamo a fuoco quindi il problema della signoria sui Quartieri da parte dei numi – tanto indiani qusnto ellenici – preposti a tal fine, ci accorgiamo che l’ordine divino di manfestazione doveva in principio essere lo stesso; cosí per l’India come per la Grecia, vale a dire: Varua o Kāma (vide supra) alias Ouranós od Okeanós ad E,  Śiva o Kāla alias Krónos o Kálōs a S, Viu od Indra alias Zeús o Píkos ad O, Kuvera o Rudra-Pāśupati (Mgaśiras, Kirāteśvara) alias Diónysos o Pán (Aktaíon, Oríon) a N.  L’ultima serie di divinità, a dire il vero, l’abbiamo ricostruita un po’ a tavolino.  Ma circa Pāśupati, un epiteto indiscutibilmente orionico, occorre sottolineare che esso è il principale attributo di Rudra; che il Vy.P.- i. 31, 55 e 32, 24-5 dichiara essere – in quanto essenza di Kāla, ridotta ad un solo ‘quarto’ rispetto alla tetracefalia originaria – il nome preferenzialmente venerato nel Kaliyuga, l’età ovvimente signoreggiata da codesto nume.   



 8
 
Non vi è però, occorre precisare, all’interno del quadro ciclico delineato dalle ‘Cinque Generazioni’ divine un’esatta corrispondenza tra gli dèi greci e quelli indiani; dato che le fonti da noi impiegate, a scopo comparativo, non sono totalmente uniformi.  Questo perché da una parte, tramite Platone, abbiamo fatto riferimento al ciclo quinario dei Grandi Anni (o Mahāyuga); mentre dall’altra, attraverso il Mahābhārata e coll’appoggio del Vy.P.- i. 32, 14-25, ci siamo affidati sia al ciclo quinario ora menzionato sia al ciclo quaternario delle Quattro Età (Caturyuga).   Ma la  comparazione a nostr’avviso è egualmente sostenibile, qualora non si  voglia troppo cavillare.  Nelle quattro serie divine sopra riportate manca naturalmente ogni cenno alle divinità signoreggianti la Terra Iperborea, od Ilāvta; cronologicamete equivalente al I Grande Anno, per Platone rappresentato da Urano.  Orbene, dal momento che Urano costituisce nella mitologia ellenica un doppione funzionale di Oceano, o quasi, si spiega perché mai il dio aureo Varua – il cui nome  è dal punto di vista dell’etimo omologabile ad Ouranós, checché ne dicesse Eliade, per metatesi vocalica  (au) – appaia altrimenti – nell’Udyogaparva (vide supra) – quale dominatore del Quartiere Orientale e poi di quello occidentale, secondo quanto già rilevato.  Il primo nome della serie quinaria, corrispondente al Continente Iperboreo, è infatti puramente formale.  Poiché si tramanda tradizionalmente ed in modo particolare nel Mahābhārata che nel I Grande Anno, specialmente nel I Ciclo Avatarico (cioè la prima metà del precedente), la divinità avente il dominio su tale Mahāyuga, benché abbia piú tardi ricevuto a titolo simbolico un nome, non ricevesse in principio denominazione alcuna, essendo venerato in quei lontani giorni solamente l’Au




Note

(1)       M.L. Sen (a c. di), The Ramayana of Valmiki- Munshiram M., N.Delhi 1978 (sec.ed. rived.) e G.Gorresio (a c. di),, Il Ramayana- Fr. Melita Edit., Genova 1988, Vol.II.
(2)       M. & J. Stutley-Dizionario dell’Induismo- Ubaldini, Roma 1980 (A Dictionay of Hinduism- Routledge & Kegan P., Londra 1977), s.v.: JANAKA 1., p.183/b.  Ciò 



9

ricorda in qualche modo la relazione fra Giano e Numa nella tradizione latina, visto che Sītā (a parte Rāmācandra) può esser rapportata al dio vedico Savit/ Savitar, il quale altri non è che Saviturnus/ Sāturnus per dirla con Kerbaker, ossia il figlio di Iānus.
(3)      Il passo è stato menzionato e commentato in un nostro vecchio articolo: G. Acerbi, La simbologia fitomorfica: l’orticoltura nel mito delle origini- V.d.T., Palermo 1993 (A.XXIII, Vol.XXIII, N°90, Apr.-Giu.  ) pp. 84-5.
(4)      Gorr. (a c. di), op.cit., p.260.
(5)      Sen (a c. di), op.cit., p.290.
(6)      L’allusione è ai 10 Pesci Kara del Piccolo Bundahišn, rinnovanti il mondo.  Gfr. G. Acerbi, Il mito del Gokarna ed il drammatico agone fra Perseo e Medusa- Alle pendici del M.Meru (blog, 17-01-13), pp. 10 e 16, n.30.

(7)      Per la verità Platone non cita alcuna ecumene, a parte l’Atlantide, ma l’ordine distributivo dei numi non può che essere correlato alle medesime direzioni, immaginando una cosmologia indoeuropea originaria donde si sono sviluppate le singole cosmologie nazionali.  D’altronde, se compariamo i due schemi, epico-puranico e platonico, osserviamo che essi a grandi linee coincidono.   Vero che Urano per Platone è al Centro, mentre il suo esatto corrispondente indiano, Varuna, è ad Oriente; ma ciò dipende dal fatto che in realtà Varuna-Urano dovrebbe reggere il Quartiere Intermedio del Nordest, non gli altri 2.  Sicché, non essendo in tal caso contemplati i Quartieri Intermedi (NE, SE, SO e NO), che in Grecia vengono signoreggiati dalle paredre degli dèi citati, ecco che il nume viene assegnato ora all’uno ed ora all’altra delle due direzioni alle quali è prossimo. 

(8)      Cfr. tale appellativo indiano col gr. Ímeros, epiteto di Eros.

(9)      Difatti Kāma è l’unico nume generato dalla ‘Mente’ di Brahmā.  Tutti gli altri dèi discendono dall’Autosacrificio dell’Androgine Primevo.

(10)      A. Grossato, Significato della qudricefalia di Brahmā ed altri aspetti del suo simbolismo nel mito e nell’arte hindu- Atti e Mem. dell’Acc.Pat. di Sc., Lett. ed Arti, Vol.XC, P.III, p.114.

(11)      Cfr. tale nome, dal punto di vista glottologico, col gr. Ouranía, appellativo di Afrodite.


(12)      Cfr. L.B.G. Tilak, Orione. A proposito dell’antichità dei Veda- Ecig, Genova 1991; Cap.VII, pp. 187-91 (ed.or. The Orion or Researches Into the Antiquity of the Vedas- Munshiram M., N.Delhi 1972; I ed. Shri J.S. Tilak, Poona 1893 , Cap.VII, pp. 170-5).
(13)      Ac., Le ‘Caste’ secondo Platone. Analisi dei paralleli nel mondo indoeuropeo- Convivium [ed. Sear](A.IV, Gen.-Mar., N°12), Scandiano 1993, P.I, pp. 20-1, n.8.



10

(14)      Riprendendo il discorso fatto alla n.3, bisogna tener conto che la nozione di Quartiere è nata prima dell’Astrologia, la quale è venuta alla luce alla Fine del IV Ciclo Avatarico.  I Quartieri, invece, sono spuntati fuori alla Fine del II.  Sono una nozione maggiormente pratica.  Se noi immaginiamo un quadrilatero celeste in cui da un lato si considerano l’Alba e il Tramonto del Solstizio Invernale e dall’altro opposto l’Alba e il Tramonto del Solstizio Estivo, è evidente che tracciando una linea continuativa ideale fra le quattro posizioni del Sole, otterremo lo schema del movimento solare annuale in cielo.  Orbene, suddividendo tale quadrilatero ii 4 parti uguali, in relazione agli Equinozi (non ancora tuttavia dichiarati) si otterranno i 4 Quartieri Cosmici dei quali si sta ivi discutendo.  La linea che va dal mezzogiorno del Solstizio invernale sino all’Alba dell’Equinozio di Primavera indica il Quartiere Orientale, quelle susseguenti (nell’ordine) il Quartiere Australe, il Quartiere Occidentale e quello Boreale.  Ciò spiega perché mai si vada a cercare Sītā nel Quartiere Occidentale, vale a dire …nell’America (Atlantide) Meridionale!  I Quadranti sono invece le 4 parti del cerchio celeste formate dall’Ascendente, l’I.C., il Discendente e il M.C.   In rapporto all’Anno Sacro dell’Astrologia occidentale arcaica si faceva riferimento in qualche modo ai Quartieri, seppur partendo dichiaratamente dalla croce solstizial-equinoziale, essendo questa l’asse portante d’ogni ciclo astrale.  Il quinto punto è rappresentato dal Centro del Cerchio Annuale, che è anche il centro della croce, ma tanto in Oriente quanto in Occidentale può anche non esser menzionato.

(15)      Sull’Est quale primordiale paradiso cfr., nella medesima ottica, la Gen.- ii. 8.
(16)      Si veda al riguardo K.O.L. Burridge, Le religioni dell’Oceania, Cap.IV, p.152; apud H.Ch. Puech, Storia delle religioni- Laterza 1978, N°18, Vol.I (ed.or. Histoire des Religions- Gallimard, Parigi 1970).





Illustrazioni 

1.   Varuna su Hamsa (Chen Hyperborea).
2.  Varuna e Varunani (consorte), su Makara, tengono in mano rispettivamente il Loto e la Fune.
3.  Il 'Sole di Mezzanotte', ripreso in sequenza dalle ore 18 all 6 del mattino successivo



 Fonti

1.  On line.
2.  Idem. 


 Fig.1