Father Christmas e la sua eredità culturale
Il Macey, autore 25 anni or sono di un
interessantissimo libro su Babbo Natale (1),
ha messo in risalto la doppia vocazione di questa pre-cristiana figura del
folclore di fine anno – o meglio, del Father
Christmas anglosassone – verso il Bene ed il Male, partendo dalla figura
greco-latina di Crono-Saturno; cui, com’è risaputo, appare omologabile. Anche se non del tutto. D’altro canto, egli individua nello
zoroastrismo zurvanita iranico un’altra fonte di dualità spinta (non sarebbe
giusto, però, parlare di dualismo); che a giudizio del N. avrebbe influenzato
il credo giudaico-cristiano, in base a quanto i Manoscritti del Mar Morto
sembrerebbero attestare. Come appunto
avviene nella tradizione persiana, perciò, la Suprema Divinità (2) avrebbe generato sia lo Spirito della Luce che lo
Spirito delle Tenebre. Di qui sarebbe
derivata, ma personalmente non condividiamo per intero quest’opinione, la
tendenza allo sdoppiamento insita nel Cristianesimo fra il lato benefico e
malefico della figura di F.C. Mentre
Greci e Latini avrebbero conservato a differenza degl’iranici una visione meno
antinomica rispetto ai tempi post-pagani.
Certamente ciò è vero in parte, sennonché lo sdoppiamento fra il volto
benefico e quello malefico del nume saturnio-solare lo si ritrova del pari
nella stessa tradizione romano-ellenica; e, guardacaso, pure nella
corrispondente figura numinosa dell’India, Kâla. Nonché nelle tradizioni nordico-europee.
Abbiamo parlato di nume saturnio-solare, non
semplicemente di nume saturnio; poiché a differenza di quanto si evince dal
mondo greco-romano nel mondo indiano la figura omologa di Savitar, che già alla fine del XIX sec. Kerbaker (3) equiparava a Saviturnus
(vecchio nome di Saturno, accanto a Sacturnus),
al contrario del figlio Śâni mostra connotazioni tipicamente solari anziché
saturnine. Analoga cosa si potrebbe dire
d’altro canto per il Mitra indiano rispetto al Marte latino, cui parrebbe
affine sul piano filologico. Mitra è uno
dei 12 Âditya (Soli zodiacali), non
il pianeta Marte, chiamato Maṅgala dagl’indú e come tale figlio di Mahâdeva
(inteso nel ruolo argenteo di Kala). Savitar è d’altronde epiteto rigvedico di Sûrya (lat. Sôl, gr. Hêlios), il nome tipico del luminare diurno; ma in India, cosí come in Grecia e a
Roma, esistono altre figure solari cicliche quali Yama, Kâla, Indra e Śiva. Kâla deve
esser etimologicamente rapportato a Krónos
(4), che Esiodo e gli aedi ellenici hanno sempre
ritratto in un’ambivalente funzione: aurea od argentea, ascetica o
guerriera. La prima coincide
coll’aspetto di procacciatore di tesori e di stabilità, la seconda colla sua
nomea di demolitore e divoratore di figli.
Le stesse prerogative, praticamente, dell’odierno B.N. nelle tradizioni
anglo-germaniche. Come non ricordare a
proposito della suddetta nomea di Crono il Kṛṣṇa della Bhagavad Gîtâ, che trasformato in Kala (5) apre la bocca per inghiottire tutti i guerrieri in
battaglia? Anche Kala sa però donare,
poiché non è che il Cielo (cfr. col lat.arc. Càelus) nella sua dimensione temporale. Invece Yama,
Indra e Śiva vanno relazionati vicendevolmente alle tre figure
latine di Giano, Pico e Fauno. Da notare
che al posto di Crono, nella serie dei Penati menzionati da Virgilio (Aen.- vii.
2
69-75 e 265-315) – il membro virile era un simbolo shamanico degli Antenati delle 4 Epoche cicliche – figura Saturno. Il simulacro fallico del nume era scolpito secondo il vate mantovano in antico cedro, legno non per niente ignifero; fattore questo visibilmente prefigurante l’abete di B.N., la cui veste rossa evidenzia la complementarietà del binomio Sole/ Fuoco. L’effigie di Saturno teneva in mano ad un tempo la Vite e la Falce (6).
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69-75 e 265-315) – il membro virile era un simbolo shamanico degli Antenati delle 4 Epoche cicliche – figura Saturno. Il simulacro fallico del nume era scolpito secondo il vate mantovano in antico cedro, legno non per niente ignifero; fattore questo visibilmente prefigurante l’abete di B.N., la cui veste rossa evidenzia la complementarietà del binomio Sole/ Fuoco. L’effigie di Saturno teneva in mano ad un tempo la Vite e la Falce (6).
Ecco
espressa in sintesi la sua duplice natura, creativa e dissolutiva (o se si
preferisce solar-saturnina), riproposta tardivamente in F.C. In un affresco romano
del Cinquecento, sul soffitto di Palazzo Rucellai (7), ci s’imbatte in un Saturno su Caprone nell’atto di
reggere Verga e Fiaccola. Cambiano gli
attributi, ma la sostanza rimane identica.
Il Kala indú, non diversamente dal Crono ellenico e dal Saturno latino,
incorpora in sé l’ambiguità della simbologia saturnio-solare; tuttavia fra i
Greci ed i Latini il fatto appare poco evidente. Sapendo che gli uni e gli altri denominavano
il pianeta Saturno a vicenda Crono e Saturno, potremmo credere di primo
acchito che il nume colla falce a becco di corvo avesse decisamente connotati
saturnini; al pari dello Śâni indú, associato al Corvo. Sennonché, la duplice corrispondenza
filologica di Kala con Crono e di Saturno con Savitar testimonia un’eguale
corrispondenza del nume greco-latino col Sole.
Corrispondenza che tanto Crono quanto Saturno non hanno perduto, sebbene
sia rimasta un po’ occultata dall’altra d’opposta natura legata al pianeta
omonimo. Il pianeta Saturno è il piú
esterno orbitalmente del sistema solare e quindi il piú lento nel moto, tanto
da costituire unitamente al Sole i limiti estremi dell’Ebdomade planetario,
poiché nella concezione tolemaica pure il Sole era considerato un pianeta. L’associazione Sole-Saturno è comprovata peraltro
dall’etimo. Tanto i termini solari
quanto quelli saturnini hanno infatti √sr/ sl-; cfr. in proposito il scr. Sûrya col lat.Sâturnus,
derivato dal vr. sero, is-sêvi-satum-ere
(‘seminare’), che dà immediata ragione della variazione del tema. In siffatta categoria rientra pure Zurvan,
ove la z- equivale
germanicamente (cfr. l’aat. zît =
tempo) a t-s-, metatesi consonantica della base originaria *s-t-.
Di qui la duplice connotazione d’ogni figura saturnio-solare, la quale
ha accentuato per tutti i motivi sopra riportati o per altri intrinseci allo
sviluppo del giudeo-cristianesimo la dualità mitica latente nella propria
struttura numinosa. F.C. non è stato da meno.
Certamente la mentalità giudaica, e di conseguenza quella cristiana,
appare piú affine alla mentalità emotiva persiana che non alla greca o
all’indiana, maggiormente lineari. Fra i
due antipodi si potrebbero collocare invece da un lato la mentalità
praticistica italo-romana e dall’altro quella baltica-slavo, un po’
sentimentale, di cui avremo modo di parlare piú innanzi trattando di Padre Gelo;
in mezzo ad esse si potrebbe collocare la mentalità celto-germanica,
tendenzialmente piú idealistica. Delle
tre la prima sembra ritualmente vicina al mondo indo-greco, la seconda prossima
eticamente al mondo irano-giudaico, mentre la terza è maggiormente eroica e fa
storia a sé.
3
Genealogia divina di Father
Christmas
F.C. discende, com’è noto, da Father
Winter; anche se quest’ultimo è finito purtroppo, dopo la cristianizzazione
di tale divinità pagana, a fungere marginalmente da comprimario del primo nella
sequenza di accompagnatori che lo circondano durante le feste. Altri nomi di Padre Inverno sono, in ambiente
britannico, i seguenti: Vecchio dell’Inverno (Old Man Winter), Nonno dell’Inverno (Old Father Winter) e Mastro Gelo (Jack Frost). In Russia è
chiamato invece ‘Nonno Gelo’ (Ded Moroz), sebbene il termine a volte
venga inglesizzato in ‘Padre Gelo’, con numerose varianti in altri paesi slavi
o baltici. In Armenia D.M. è interpretato quale ‘Nonno
Inverno’. Anche F.C. era una volta probabilmente Nonno Natale (Old Father Christmas).
Nell’ambito d’un nostro art. prepararto per ‘Hera’ ma poi dirottato
altrove (8) avevamo evidenziato tempo fa gli attributi
uranico-solari primevi del vegliardo natalizio, particolarmente palesi in D.M. e nei suoi omologhi
baltico-slavi. Donde la successiva
trasformazione saturnio-solare, ossia titanica, della medesima. La seconda ha ereditato dalla prima la
non-distinzione fra Luce e Tenebre in senso celeste, tramutandola a poco a poco
in una distinzione duale fra Bene e Male.
In seguito, col passaggio graduale da una mitologia titanica settenaria
ad una divina tridenaria (fatto riscontabile in ogni tradizione eurasiatica, ad
eccezione di quelle shamaniche, che son rimaste ancorate ad un mondo tribale
pre-agrario), codesto iato s’è dilatato e la distinzione accentuatata ancor di piú. In altre parole, le ambiguità insite nella
rappresentazione del signore del cielo stellato fin dapprincipio hanno finito
per sdoppiarsi in modo del tutto complementare.
Insomma, il signore d’una primeva non-dualità s’è frammentato in un
primo tempo nel demone saturnio-solare ed annuale d’un simbolismo senario
planetario bimestrale; ed, in un secondo tempo, ha raddoppiato i proprî
accoliti ipostatici nel dio arietino-solare annuale d’un quadro duodenario
mensile stellare. Il montone equinoziale
nella rappresentazione natalizia è sostituito solstizialmente dalla capra o
dalla renna, giacché è qui esaltata la fonte primaria della vita, non quella
della prima umanità.
In
codesta ottica si capisce l’esatto significato in greco del s.n. daímôn, da porre in correlazione al vr. daínûmi ('frantumarsi’). V’è d’altronde in India un passo upanishadico
(B.Â.U.- iii.6) illustrante la
nascita dei Deva (Dei) dagli Asura (Titani), analogamente, nei
termini d’una fatidica frammentazione.
Cosí si spiega, in rapporto alla suddetta linea genealogica di sviluppo
del vegliardo natalizio, la presenza di certi accompagnatori nordici del personaggio
quali il Kindleinfressen (‘divoratore
di bambini’); nonché l’apparente contrapposizione fra la loro natura gaudente
di orchi, senza dubbio demonica, e la normale controparte benevolente di F.C. quale conferitore divino di nascite
ed elargitore conseguente di doni. Il
duplice aspetto delle raffigurazioni natalizie è altresí confermato dal doppio
ruolo del pianeta Saturno e del luminare diurno,
4
l’antagonista in positivo, anche in astrologia. Dato che il passaggio del pianeta Saturno sull’Ascendente nel cosmogramma d’una femmina in età fertile, se bene aspettato, presiede alla nascita di prole; se male aspettato, determina per contro la morte prematura d’un feto, o l’impossibilità da parte della femmina a concepire. Vi è quindi, com’è logico, sempre una corrispondenza fra mitologia e cosmologia. Sebbene il discorso mitologico sia maggiormente ampio, non limitandosi esclusivamente al cosmo; che trascende, pur basandosi formalmente sui simboli, i quali non sono che contrassegni alludenti in modo criptico ad una determinata situazione fenomenica. Un cosmo comunque sempre descritto non in stile oleografico, bensí emblematico. Come ci suggeriscono Macey et al., la vocazione infera di F.C. viene talora accentuata dalla compartecipazione alla festante schiera natalizia d’una coorte di demoni quali il Krampus od il Black Peter, i quali ne rivelano l’arcana essenza di signore dell’inferno. Giacché la frammentazione di cui s’è detto sopra non s’è fermata col passaggio mitico da Urano a Crono e da Crono a Zeus, ma è continuata via via fino all’ulteriore suddivisione dell’Anno Sacro in 27 o 28 asterismi lunari; presieduti da Orione, divenuto per i giudeo-cristiani l’edificatore della Torre di Babele. Che è la leggendaria ‘Torre’ se non l’Inferno stesso, come c’insegna la XVI Lama dei Tarocchi? Ossia, la dispersione susseguente del linguaggio simbolico umano in ulteriori rivoli del flusso temporale. Donde s’è assistito alla nascita degli stati territoriali, muniti di lingue e fedi differenziate, dei quali è erede la <Babele> odierna. Il Natale costituisce pertanto un ricordo, al di là del facile consumismo dei regali a profusione in cui è disgraziatamente caduto, della precarietà della vita e della magia dell’esistenza. Naturalmente è sul piano spirituale, non su quello pratico, che si festeggia il dono della vita a tutti. Il cristianesimo ha avuto il torto però, introducendo il festeggiamento della nascita del Bambin Gesú e limitando il ruolo del Padre Celeste cioè di Babbo Natale ad una funzione secondaria, di limitare antropocentricamente l’esaltazione del valore divino della Creazione (9); la quale si estendeva in realtà, nell’ottica pagano-tribale d’un tempo che fu, al mondo animale. Un mondo che risulta del tutto ignorato dalla pratica di fede cristiana, ad eccezione – ma è una misera eccezione – del culto del presepe e di San Francesco.
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l’antagonista in positivo, anche in astrologia. Dato che il passaggio del pianeta Saturno sull’Ascendente nel cosmogramma d’una femmina in età fertile, se bene aspettato, presiede alla nascita di prole; se male aspettato, determina per contro la morte prematura d’un feto, o l’impossibilità da parte della femmina a concepire. Vi è quindi, com’è logico, sempre una corrispondenza fra mitologia e cosmologia. Sebbene il discorso mitologico sia maggiormente ampio, non limitandosi esclusivamente al cosmo; che trascende, pur basandosi formalmente sui simboli, i quali non sono che contrassegni alludenti in modo criptico ad una determinata situazione fenomenica. Un cosmo comunque sempre descritto non in stile oleografico, bensí emblematico. Come ci suggeriscono Macey et al., la vocazione infera di F.C. viene talora accentuata dalla compartecipazione alla festante schiera natalizia d’una coorte di demoni quali il Krampus od il Black Peter, i quali ne rivelano l’arcana essenza di signore dell’inferno. Giacché la frammentazione di cui s’è detto sopra non s’è fermata col passaggio mitico da Urano a Crono e da Crono a Zeus, ma è continuata via via fino all’ulteriore suddivisione dell’Anno Sacro in 27 o 28 asterismi lunari; presieduti da Orione, divenuto per i giudeo-cristiani l’edificatore della Torre di Babele. Che è la leggendaria ‘Torre’ se non l’Inferno stesso, come c’insegna la XVI Lama dei Tarocchi? Ossia, la dispersione susseguente del linguaggio simbolico umano in ulteriori rivoli del flusso temporale. Donde s’è assistito alla nascita degli stati territoriali, muniti di lingue e fedi differenziate, dei quali è erede la <Babele> odierna. Il Natale costituisce pertanto un ricordo, al di là del facile consumismo dei regali a profusione in cui è disgraziatamente caduto, della precarietà della vita e della magia dell’esistenza. Naturalmente è sul piano spirituale, non su quello pratico, che si festeggia il dono della vita a tutti. Il cristianesimo ha avuto il torto però, introducendo il festeggiamento della nascita del Bambin Gesú e limitando il ruolo del Padre Celeste cioè di Babbo Natale ad una funzione secondaria, di limitare antropocentricamente l’esaltazione del valore divino della Creazione (9); la quale si estendeva in realtà, nell’ottica pagano-tribale d’un tempo che fu, al mondo animale. Un mondo che risulta del tutto ignorato dalla pratica di fede cristiana, ad eccezione – ma è una misera eccezione – del culto del presepe e di San Francesco.
Anche Savitar è esaltato in Ṛ.V.- v. 82. 9
quale suscitatore di vita.
L’egualitarismo è cosa sciocca proprio perché pone su un unico livello
ciò che sta in alto e ciò che sta in basso.
Un richiamo tuttavia ai Sâturnâlia romani, ove lo schiavo era
posto sul medesimo piano del padrone (10),
c’indicherà che la parità di dignità interiore fra tutti gli uomini nell’Età
Aurea non era soltanto l’idealizzazione di qualche visionario poeta d’una
realtà di per sé invisibile. Secondo
quanto vorrebbe assurdamente taluno (11),
il quale non fa in tal modo che negare indirettamente la Rivelazione. E non è certo a vanvera che il Veda ha indicato
in un motto assai significativo d’un tema creazionale relativo al mito
dell’incesto cosmogonico, ivi utilizzato a conferma e chiusura del nostro
5
discorso, il senso profondo della realtà che ci circonda: «Se quel Divino Seme è caduto, non è caduto invano.» S’intende, dantescamente, sulla cima dell’Eden… Come una variante di tal mito comprova. Per la verità il Natale – lo ripetiamo – non indica tanto la nascita edenica, quanto piuttosto la creazione cosmica, a meno d’interpretare al modo dei Saturnali romani l’inverno quale prima stagione annuale. In questo caso, è ovvio, i due significati s’assommerebbero con allusione simultanea al duplice Paradiso. La succitata frase si riferisce all’episodio mitico della castrazione di Prajâpati (il Signore delle Creature, in veste urano-stellare) da parte di Rudra (Apollo-Crono, in veste solar-temporale). Anche in Grecia l’evirazione d’Orione da parte d’Apollo, che Tilak ha giustamente equiparato oltre un secolo fa a quella rudraica di Prajapati, allude da un lato al ridimensionamento primordiale d’Urano (il Cielo) ad opera di Crono (il Tempo); e dall’altro all’ulteriore trasformazione in senso negativo avvenuta durante l’ultima fase ciclica del mondo, l’Età del Ferro. Non a caso il mitico cacciatore greco identificasi al leggendario costruttore della Torre di Babele, il cacciatore Nebrod, appunto. Faccio notare che nel caso d’Urano il Phallus Dei va a cadere nell’oceano [della vita], anziché sul monte paradisiaco, cioè nel cosmo; e che dalla schiuma marina generata nella caduta da quel divino fallo (nel corrispondente mito indiano a cadere è solo il seme) fuoriesce nientemeno che Aphrodîte (da aphrós, spuma e tíktô, generare). Afrodite Urania raffigura l’Armonia del Cosmo, essendo madre di Eros, l’innocente pargolo fatto ad immagine dell’Amore puro. Se il prototipo baltico-slavo di F.C. equivale ad Urano <stellato>, la figlia-sposa di questi chiamata Snegurotchka (12) equivale ad Afrodite Urania, la neve avendo nella leggenda natalizia esteuropea analogo significato della spuma delle onde. A dimostrazione dell’unità spirituale di tutte le tradizioni, che B.N. nel suo specifico incarna cristianamente.
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discorso, il senso profondo della realtà che ci circonda: «Se quel Divino Seme è caduto, non è caduto invano.» S’intende, dantescamente, sulla cima dell’Eden… Come una variante di tal mito comprova. Per la verità il Natale – lo ripetiamo – non indica tanto la nascita edenica, quanto piuttosto la creazione cosmica, a meno d’interpretare al modo dei Saturnali romani l’inverno quale prima stagione annuale. In questo caso, è ovvio, i due significati s’assommerebbero con allusione simultanea al duplice Paradiso. La succitata frase si riferisce all’episodio mitico della castrazione di Prajâpati (il Signore delle Creature, in veste urano-stellare) da parte di Rudra (Apollo-Crono, in veste solar-temporale). Anche in Grecia l’evirazione d’Orione da parte d’Apollo, che Tilak ha giustamente equiparato oltre un secolo fa a quella rudraica di Prajapati, allude da un lato al ridimensionamento primordiale d’Urano (il Cielo) ad opera di Crono (il Tempo); e dall’altro all’ulteriore trasformazione in senso negativo avvenuta durante l’ultima fase ciclica del mondo, l’Età del Ferro. Non a caso il mitico cacciatore greco identificasi al leggendario costruttore della Torre di Babele, il cacciatore Nebrod, appunto. Faccio notare che nel caso d’Urano il Phallus Dei va a cadere nell’oceano [della vita], anziché sul monte paradisiaco, cioè nel cosmo; e che dalla schiuma marina generata nella caduta da quel divino fallo (nel corrispondente mito indiano a cadere è solo il seme) fuoriesce nientemeno che Aphrodîte (da aphrós, spuma e tíktô, generare). Afrodite Urania raffigura l’Armonia del Cosmo, essendo madre di Eros, l’innocente pargolo fatto ad immagine dell’Amore puro. Se il prototipo baltico-slavo di F.C. equivale ad Urano <stellato>, la figlia-sposa di questi chiamata Snegurotchka (12) equivale ad Afrodite Urania, la neve avendo nella leggenda natalizia esteuropea analogo significato della spuma delle onde. A dimostrazione dell’unità spirituale di tutte le tradizioni, che B.N. nel suo specifico incarna cristianamente.
Iconografia di Babbo Natale
Siccome derivato da F.W., F.C. ne mantiene
quasi strettamente i connotati salienti dal punto di vista iconografico, a
parte il mantello; ossia è tratteggiato a mo’ di vecchio dalla lunga barba,
accompagnantesi alla Renna o alla Capra.
Il mantello invece rispettivamente nell’uno risulta bianco, azzurro o
grigio; nell’altro, alternativamente, verde o rosso. Indubbiamente hanno ragione coloro che fanno
derivare la veste verde dal King Holle
(‘Re Agrifoglio’) del folclore celtico, ove questa figura solstizial-invernale
veniva ritualmente contrapposta ad un’altra solstizial-estiva, King Oak (‘Re Quercia’), che nelle
odierne superstizioni britanniche finisce talora per confondersi col
primo. Sia il mantello verde che quello
rosso rimandano infatti al simbolismo saturnio-solare del solstizio d’inverno,
in quanto il Sole è ad un tempo propiziatore del nuovo ciclo
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vegetale e del nuovo corso ascendente annuale; mentre Saturno, simultaneamente, domina la terra arida indurita dall’eccessivo freddo e la legna secca incinerita dal fuoco. L’opposto accade al solstizio estivo, quando la terra diviene arida a causa dell’eccesso di calore e la vegetazione inizia a soccombere, ma il simbolismo ambivalente non cambia. Circa la possibile derivazione di F.W. dal corrispondente titano temporale greco-latino, cosa nella quale del resto non crediamo del tutto, occorre dire che essa è comunque mediata da una figura intermedia, quella di Father Time. Costui è dipinto medievalmente su un Carro trainato da 2 Cervi, che fanno il paio colle 2 Renne di F.C. Non si tratta tuttavia d’una trasformazione zoomorfica, semmai d’un parallelismo, se è vero che la Renna nel Nordeuropa com’è testimoniato da certi graffiti lapponi fungeva da traghettatrice nell’Aldilà fin dai tempi preistorici.
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vegetale e del nuovo corso ascendente annuale; mentre Saturno, simultaneamente, domina la terra arida indurita dall’eccessivo freddo e la legna secca incinerita dal fuoco. L’opposto accade al solstizio estivo, quando la terra diviene arida a causa dell’eccesso di calore e la vegetazione inizia a soccombere, ma il simbolismo ambivalente non cambia. Circa la possibile derivazione di F.W. dal corrispondente titano temporale greco-latino, cosa nella quale del resto non crediamo del tutto, occorre dire che essa è comunque mediata da una figura intermedia, quella di Father Time. Costui è dipinto medievalmente su un Carro trainato da 2 Cervi, che fanno il paio colle 2 Renne di F.C. Non si tratta tuttavia d’una trasformazione zoomorfica, semmai d’un parallelismo, se è vero che la Renna nel Nordeuropa com’è testimoniato da certi graffiti lapponi fungeva da traghettatrice nell’Aldilà fin dai tempi preistorici.
Naturalmente
il Cervo rimanda a Crono-Saturno (13),
essendo i due palchi dell’animale un emblema della duplice fase spiralica
temporale, diurna ed annuale, in senso ascendente e discendente. Col Doppio Cervo o la Doppia Renna i 2 archi
sono duplicati, ad includere gli equinozî. Altri
paralleli sono possibili, al di fuori della sfera natalizia. Ad es. Merlino, descritto o raffigurato
talvolta a cavalcioni del Cervo; ciò ci riporta al retroterra celtico, in cui
era il cornuto Cernunno a dominare la scena, attorniato sia dal Cervo che dal
Toro. Il Cervo fiancheggia parimenti l’Anxiano nella IX Lama del Tarocco
Esoterico ispanico, e cosí via. In India
il Cervo è posto a fianco di Śiva, oltreché di Vâyu. Il primo, il cui nome ha valore di “fausto”,
è il corrispettivo indiano di Fauno-Pan, variante mitica del gigante Orione; il
secondo è il corrispettivo indiano di Eolo e, siccome dio dei venti, sta al dio
Varuṇa esattamente come Eolo sta ad Urano. La forma Vâta
collega diversamente il nume eolico indiano a Wôden/ Wôdan, che nella
sua forma alternativa Gôden – la
prima è connessa al Cervo Lunare, la seconda al Toro Solare – è rimasto la
divinità dominante degli Anglosassoni.
Tanto che ancor oggi gl’inglesi chiamano God il Dio cristiano.
In
sintesi, il Cervo o la Renna singolarmente od in coppia (nel secondo caso ogni
animale tratteggia uno dei 2 corsi del moto solare annuale ed i rispettivi palchi
i due quarti nei quali ciascuno di essi è suddiviso) equivalgono ad una Ruota,
la Ruota dell’Anno. Nel caso della
Capra, il riferimento è semplicemente al Solstizio Invernale, o meglio al
Capricorno, con cui comincia l’anno solare civile. Abbiamo spiegato in precedenza che non è però
questa la veste originaria del simbolo.
Considerando il grigiazzurro Väterchenfrost,
mediazione germanica fra il F.W.
britannico (ritratto in sembiante scuro oppure biancazzurro e a volte in verde
come F.C., ma con corna vegetali) o
l’incolore doppione J.F. dalle radici
vichinghe ed il D.M. russo colle sue
varianti baltico-slave (festeggiato il 7 gennaio), si deduce fin troppo bene
come l’attributo primario del nume in questione nella propria parvenza uranica
ancestrale debba esser stato nientemeno che una magica Verga ad immagine dell’Axis Mundi. Tale Verga
7
equivale al Fallo d’Urano, contrassegno della trascendenza del cosmo. Nella figura uranica manca non a caso il ruminante, e mancava anche in passato logicamente, essendo l’animale emblema della Ruota ossia del Mondo.
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equivale al Fallo d’Urano, contrassegno della trascendenza del cosmo. Nella figura uranica manca non a caso il ruminante, e mancava anche in passato logicamente, essendo l’animale emblema della Ruota ossia del Mondo.
V’è
da aggiungere che, rispetto agli omologhi anglo-germanici, in D.M. i travestimenti dai tratti uranici
(Verga e Blu Manto da incantatore) appaiono in evidente alternativa a quelli
dai tratti titano-solari (Bisaccia dei Doni e Rosso Manto). In rare occasioni si rinviene persino la
Coppa di tipo celto-brahmanico, palesante la primordiale fisionomia da Re
Pescatore del nume (14); anche questa ereditata da F.C. in quanto signore dell’abbondanza, prerogativa un tempo di
Saturno (sposo di Ops), custode
agrario dei tesori del Cielo e della Terra.
Si può allora supporre che al posto del ruminante vi fosse
originariamente un pesce, ma già la Verga equivale di per sé al Corno/ Dente
del Pesce. Presente viceversa è l’Arca,
che fa dell’ex-Re Pescatore sia un cosmocratore che un traghettatore d’anime
nell’Oltremondo. Come fra i latini la
Verga e l’Arca son passate da Giano a Saturno, allo stesso modo è successo colle
due differenti versioni del prototipo slavo di F.C.
Il
B.N. nostrano, al confronto, non è che un povero vecchio alquanto rincitrullito
che ha perso alfine la stessa veste rosso-solare; in favore d’un nuovo mantello
dai bordi bianchi, paragonabile all’ermellino del manto vescovile di San
Nicola. La parvenza ultima di Santa
Klaus, cui il nostro B.N. tende sempre piú a rassomigliar per imitazione
socio-consumistica del culto americano di provenienza olandese, rafforza
pesantemente la parentela nicolina sviando coloro che ingenuamente credono il
santo anatolico un precursore dei festeggiamenti natalizî attuali. E non è vero se non limitatamente. Giacché F.C.,
s’è visto, proviene attraverso F.W.
da D.M. e la dimora di quest’ultimo
va situata nel vago incanto della grande tundra siberiana. Anche se i bielorussi pongono il loro Dzied Maroz nella Belovezhkaya Pushcha, l’antica terra boscosa al confine colla
Polonia; sorta di magica foresta brocenlandese locale, vetusta come quella dove
dimorava silenziosamente il silvestre ed eremitico Merlino, festeggiato prima
che Sant’Antonio Abbate gli prendesse il posto il 17 gennaio. Data in ogni caso della nostra nascita tardiva,
dovendo per regola nascere il 7 (giorno di D.M.);
ma questo è un altro discorso, sebbene casualmente in tema con B.N.
Manu Akâladâs
(pseud. di G.Acerbi)
(pseud. di G.Acerbi)
Note
(1) S.L. Macey, Patriarchs of Time- Georgia Un., Atene-Londra 1987.
(2) L’ir. Zurvân
equivale d’altronde pure etimologicamente – cfr. G.Acerbi, Note sullo
sfondo cosmologico del Tetramorfo di Ezechiele (Alle
pendici del Meru, blog, 17-04-06) – a Sâturn-us, desinenza finale a parte, ovviamente.
8
(3) M.Kerbaker, Saturno-Savitar e la leggenda dell’età dell’oro- Regia Univ., Napoli 1890 (memoria letta all’Acc. d’Arch., Lett. e B.Arti dal socio M.K.).
(4) G.Acerbi, Kâlacakra.
La Ruota Cosmica,- Univ. “Ca’ Foscari”, Venezia 1985, 2 voll., tesi di
laurea, Cap.I sgg.
(5) Ac., art.cit.,
passim.
(6) Nella letteratura tardo-medievale prevale
l’aspetto annichilente e la Falce è affiancata dalla Vanga o dal Rastrello (J.Seznec,
La sopravvivenza degli antichi dei.
Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell’arte rinascimentaIi-
Bollati Boringhieri, Torino 1981, P.II; Cap.
5. 2 e 5, pp. 184 e 194.
(7) Ibîd., P.III, Cap. 8.2, p.322, tav.107.
(8) M.Akâladas, La vera origine di Babbo Natale- La Gazza Ladra, blog,
22-07-09 sgg (ricicl. su questo blog il 13-1-15, agg.post.).
(9) Analoga cosa si potrebbe dire della Pasqua
quale festa del rinnovo della vita in senso edenico, ove il mistero
pre-cristiano della fecondità e della fertilità (insomma, dell’Abbondanza) è
messo in secondo piano rispetto a quello della Crocifissione e della
Resurrezione dei Morti.
(10) Fatto superficialmente additato da certuni
come Evola quale “comunismo primitivo” ed in quanto tale repellente, ma già
prima di costoro Kerbaker giustamente respingeva il concetto.
(11) Vedi
ad es. quanto dichiara il Bruni in un suo art. on line, in cui assurdamente nega realtà storica alla simbologia
edenica.
(12) Ak.,
art.cit., passim.
(13) Il
primo termine in greco indica il ‘Cornuto’.
(14) H.Mriga, Bran, Varuna e Urano: il Re Pescatore, sovrano universale delle acque, nella letteratura indoeuropea- Ritorno al Paradiso Perduto, blog, 22-07-07 (riciclato in questo blog, nel dic. 2014, con nuovo tit.: Il Re Pescatore, sovrano universale delle acque, nella letteratura indoeuropea. Paralleli fra Bran e Brahma, nonché Varuna e Urano).
Fig.3- Kâla indossante una Collana di Teschî, allusione ai Cicli innumerevoli
(altoril., 64 Yoginî Pîtha, ingr.or., Hirapur [distr. di Puri, c/o Bhubaneçwar, Orissa], X sec. d.C.)
Fig.4- Savitar, con paramenti solari, su Antilope (ill.pop.cont., India)
Fig.5- Old Man Winter in Manto Blu, con Verga e Bisaccia (ill.pop.cont., Regno Unito)
Fig.6- Father Winter in Manto Marrone, con Verga e Abete (statuetta cont.)
Fig.7- Jack Frost in Manto Blu, con Verga ( T.Harts, pitt.cont. )
Fig.8-Väterchen Frost, mediatore germanico fra il Nonno Gelo russo
ed il Padre Inverno britannico, con Manto Grigio-blu e Verga (ill.pop.cont.,Germania)
Fig.9- Ded Moroz in Blu manto, con Verga e Bisaccia dei Doni (ill.pop. cont., Russia)
Fig.10- Doppelgänger di S.Klaus in forma di divoratore di bambini (Kindleinfresser)
(dis. popol. natal., dett., The Bettmann Archiv., dat. inc., paesi germanici).
Fig.11- Il Krampus, attendente demonico cornuto di S.K. diffuso nel versante alpino germanico-slavo, qui in sembiante di caprone nell’atto di divorare un bimbo cattivo (ill.pop. cont.)
Fig.12- L’Uomo Nero (Zwarte Piet, Black Peter ), altro attendente nordico-germanico di S.K., forse una var. del Krampus (cfr. col Kâla indiano)(folcl. cont.)
Fig.13- I Saturnâlia romani
Fig.14- Evirazione di Urano da parte di Crono
(G.Vasari, affresco, dett., Pal.Vecchio, Firenze, XVI sec.)
Fig.15- Nebrod (rame, S.Cady).
Fig.17- Nascita di Venere, attorniata da Amorini
(A. Cabanel, Mus. del Louvre, Parigi, XIX sec.)
Fig.18a- Snegurka, in versione-sposa di Ded Moroz (vecchia cart.natal. russa)
Fig.18b- Snegurotchka, in versione-figlia di D.M., colla slitta trainata da 2 Renne ma guidata dall’Orsa (idem)
Fig.19- Father Christmas in Manto Verde (folcl.cont., R.U.)
Fig.20- Oak King-Winter Solstice con corna arboree (A.Stokes, ill.pop.cont., idem)
Illustrazioni
Fig.1- Crono che divora i suoi figli (scult., Mus. del Louvre,
Parigi)
Fig.2- Saturno che divora i suoi figli (F.Goya, pitt., Mus. del Prado, Madrid, XIX sec.)
Fig.3- Kâla indossante una Collana di Teschî, allusione ai Cicli innumerevoli
(altoril., 64 Yoginî Pîtha, ingr.or., Hirapur [distr. di Puri, c/o Bhubaneçwar, Orissa], X sec. d.C.)
Fig.4- Savitar, con paramenti solari, su Antilope (ill.pop.cont., India)
Fig.5- Old Man Winter in Manto Blu, con Verga e Bisaccia (ill.pop.cont., Regno Unito)
Fig.6- Father Winter in Manto Marrone, con Verga e Abete (statuetta cont.)
Fig.7- Jack Frost in Manto Blu, con Verga ( T.Harts, pitt.cont. )
Fig.8-Väterchen Frost, mediatore germanico fra il Nonno Gelo russo
ed il Padre Inverno britannico, con Manto Grigio-blu e Verga (ill.pop.cont.,Germania)
Fig.9- Ded Moroz in Blu manto, con Verga e Bisaccia dei Doni (ill.pop. cont., Russia)
Fig.10- Doppelgänger di S.Klaus in forma di divoratore di bambini (Kindleinfresser)
(dis. popol. natal., dett., The Bettmann Archiv., dat. inc., paesi germanici).
Fig.11- Il Krampus, attendente demonico cornuto di S.K. diffuso nel versante alpino germanico-slavo, qui in sembiante di caprone nell’atto di divorare un bimbo cattivo (ill.pop. cont.)
Fig.12- L’Uomo Nero (Zwarte Piet, Black Peter ), altro attendente nordico-germanico di S.K., forse una var. del Krampus (cfr. col Kâla indiano)(folcl. cont.)
Fig.13- I Saturnâlia romani
Fig.14- Evirazione di Urano da parte di Crono
(G.Vasari, affresco, dett., Pal.Vecchio, Firenze, XVI sec.)
Fig.15- Nebrod (rame, S.Cady).
Fig.16- Ded Moroz con manto celeste ricoperto di stelle, ed in mano Posokh
(verga incantatrice di cristallo = axis mundi) e Lunitsa (emblema
lunar-mensile), in veste evidente d’uranico signore dell’illusione cosmica (vecchia cart.natal. russa )
Fig.17- Nascita di Venere, attorniata da Amorini
(A. Cabanel, Mus. del Louvre, Parigi, XIX sec.)
Fig.18a- Snegurka, in versione-sposa di Ded Moroz (vecchia cart.natal. russa)
Fig.18b- Snegurotchka, in versione-figlia di D.M., colla slitta trainata da 2 Renne ma guidata dall’Orsa (idem)
Fig.19- Father Christmas in Manto Verde (folcl.cont., R.U.)
Fig.20- Oak King-Winter Solstice con corna arboree (A.Stokes, ill.pop.cont., idem)
Fig.21- Holly
King, associato a Bran, all’Uomo Selvaggio e al Solst. Invernale (id.)
Fig.22- Oak King, associato a Balder, all’Uomo Verde e al Solst. Estivo (id.)
Fig.23- L’alato Father Time, col suo carro trainato da 2 Cervi, è seguito dalla massa popolare in un paesaggio desolato (F.Lippi?, ispir. ai ‘Trionfi’ di F.Petrarca; Il Trionfo del Tempo, XV sec., Coll. J.Murray., Londra)
Fig.24- Father Christmas (Père Noël) colla slitta trainata da 2 Renne
(ill.pop.cont., Canadian Illustrated News [Vol.XII, N°26, p.401], 1875, Canada)
Fig.25- Il Capro delle feste natalizie (Yulbock), che secondo le tradizioni nordico-germaniche porta i regali ai bambini trascinando la slitta di F.C. (di tipo Tomte) (quadretto popolare natalizio, dataz. e proven. incerte)
Fig.26- La slitta di D.M. trainata da cani e quella di Snegurotcha da una sola Renna (vecchia cart.natal. russa )
Fig.27- La Renna che conduce su una slitta funebre le anime nell’Aldilà (Jabmi-aimo)
(dipinto su pelle di tamburo, arte tribale, dataz. inc., Lapponia)
Fig.28- Merlino prende l’aspetto di cervo (miniatura)
Fig.29- Cernunno Bicorne, attorniato da Toro e Cervo
(rilievo intagliato, Mus.-Abb. di S.Remy, Reims)
Fig.30- Il Vegliardo col Cervo
(doppia simbologia saturnio-solare, IX Lama, Arc.Magg., Tarocco esoterico spagnolo)
Fig.31- Rara immagine di Shiva col Cervo al fianco, anziché l’Antilope
(metallo, Mus. del Kerala, Trivandrum, India, XVI sec. d.C.)
Fig.32- Vâyu su Antilope, ma piú spesso su Cervo (ill.pop.cont., idem)
Fig.33- F.C. in Manto Scuro, con Verga e Coppa del l’Abbondanza (folclore cont., R.U.)
Fig.34- Idem su Caprone, con Cesto dei Doni e Coppa dell’Abbondanza
(ill.pop.natal., XVII-VIII sec., prov. inc.)
Fig.35- D.M. munito di Coppa dell’Abbondanza (ill.pop.cont., Russia)
Fig.36- Idem coll’Arca Salvifica primeva di re pescatore, in funzione creatrice cosmogonica o cosmo- lettica di traghettatore d’anime (vecchia cartol.natal. russa)
Fig.37- Id. in Rosso Manto identificato ad una rossa palla dell’Albero di Natale, plastica raffigurazione dell’Arbor Mundi, su cui sono sospese tutte le sfere del cosmo (idem in stile popolare)
Fig.38- Id. in Rosso Manto a cavallo di cervo (id.)
Fig.39- F.C. con Rosso Manto (una tonaca) nell’atto di trasformarsi in S.K.
(tappetino in cotone, Ep.Cont., Usa)
Fig.40- Il Vescovo Nicola vestito con abito rosso vescovile, bordato di bianco
(icona ortodossa, Medioevo, Russia)
Fig.41- S.K., con Manto Rosso bordato di bianco
(ill. pop.cont. del mondo globalizzato, in chiave consumistico-mercantile)
Fig.22- Oak King, associato a Balder, all’Uomo Verde e al Solst. Estivo (id.)
Fig.23- L’alato Father Time, col suo carro trainato da 2 Cervi, è seguito dalla massa popolare in un paesaggio desolato (F.Lippi?, ispir. ai ‘Trionfi’ di F.Petrarca; Il Trionfo del Tempo, XV sec., Coll. J.Murray., Londra)
Fig.24- Father Christmas (Père Noël) colla slitta trainata da 2 Renne
(ill.pop.cont., Canadian Illustrated News [Vol.XII, N°26, p.401], 1875, Canada)
Fig.25- Il Capro delle feste natalizie (Yulbock), che secondo le tradizioni nordico-germaniche porta i regali ai bambini trascinando la slitta di F.C. (di tipo Tomte) (quadretto popolare natalizio, dataz. e proven. incerte)
Fig.26- La slitta di D.M. trainata da cani e quella di Snegurotcha da una sola Renna (vecchia cart.natal. russa )
Fig.27- La Renna che conduce su una slitta funebre le anime nell’Aldilà (Jabmi-aimo)
(dipinto su pelle di tamburo, arte tribale, dataz. inc., Lapponia)
Fig.28- Merlino prende l’aspetto di cervo (miniatura)
Fig.29- Cernunno Bicorne, attorniato da Toro e Cervo
(rilievo intagliato, Mus.-Abb. di S.Remy, Reims)
Fig.30- Il Vegliardo col Cervo
(doppia simbologia saturnio-solare, IX Lama, Arc.Magg., Tarocco esoterico spagnolo)
Fig.31- Rara immagine di Shiva col Cervo al fianco, anziché l’Antilope
(metallo, Mus. del Kerala, Trivandrum, India, XVI sec. d.C.)
Fig.32- Vâyu su Antilope, ma piú spesso su Cervo (ill.pop.cont., idem)
Fig.33- F.C. in Manto Scuro, con Verga e Coppa del l’Abbondanza (folclore cont., R.U.)
Fig.34- Idem su Caprone, con Cesto dei Doni e Coppa dell’Abbondanza
(ill.pop.natal., XVII-VIII sec., prov. inc.)
Fig.35- D.M. munito di Coppa dell’Abbondanza (ill.pop.cont., Russia)
Fig.36- Idem coll’Arca Salvifica primeva di re pescatore, in funzione creatrice cosmogonica o cosmo- lettica di traghettatore d’anime (vecchia cartol.natal. russa)
Fig.37- Id. in Rosso Manto identificato ad una rossa palla dell’Albero di Natale, plastica raffigurazione dell’Arbor Mundi, su cui sono sospese tutte le sfere del cosmo (idem in stile popolare)
Fig.38- Id. in Rosso Manto a cavallo di cervo (id.)
Fig.39- F.C. con Rosso Manto (una tonaca) nell’atto di trasformarsi in S.K.
(tappetino in cotone, Ep.Cont., Usa)
Fig.40- Il Vescovo Nicola vestito con abito rosso vescovile, bordato di bianco
(icona ortodossa, Medioevo, Russia)
Fig.41- S.K., con Manto Rosso bordato di bianco
(ill. pop.cont. del mondo globalizzato, in chiave consumistico-mercantile)
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