Secondo un eminente antropologo la
figura di Babbo Natale non sarebbe derivata nelle sue fondamenta iconologiche e
concettuali da fonti cristiane, come ad es. quella assai nota di San Nicola
(volendogli forzare un po’ la mano, per quanto il suo assunto rimanga un po’ troppo
nel vago), bensí da un antico mito
solare pre-cristiano (1). Ciò è esattamente quanto vogliamo provare a
confermare sostanzialmente colla nostra disamina. Se è vero com’è vero che in parecchî paesi in
occasione della messa della mezzanotte di Natale (il N. usa l’espressione
“corteo natalizio”, ma è evidente che si riferisce alla Vigilia, cioè alla
solenne processione pastorale della ‘Notte Santa’)(2) Babbo Natale s’accompagna a Gesú
Bambino, talora in avancorte tal’altra al seguito, non si può non dedurre da
ciò una cosa lampante; ovvero che i due simulacri rappresentino, di necessità,
padre e figlio… O meglio, il Padre e il
Figlio, trinitariamente parlando. Cosí
come la Madonna, allorché in altre occasioni è portata in processione, svolge
la funzione di Madre in senso triadico; non di semplice madre in senso mariano
ed umano, che come tale s’appaia al padre putativo Giuseppe. In altre parole, a questa maniera si
spiegherebbe in modo evidente la prerogativa da parte del vecchio canuto dalla
fluente barba candida e dall’abito rosso, oggigiorno bordato di bianco
(aggiunta relativamente recente con scopi commerciali), di fare doni ai
bambini. Poiché, sappiamo bene, la vita
è il primo e piú importante dono – altro non celebra, in fondo, la festa del
Natale. Se il canuto vecchio è dunque
l’Anziano dei Giorni, vale a dire quel
Dio Padre che si suole identificare all’Assoluto, il Bambin Gesú non può
esserne altro che il Figlio Unigenito.
Insomma, ciò che viene altrimenti definito il ‘Principio’ della Creazione.
D’altronde la ‘Mezzanotte della Vigilia’
o poco prima, se da un lato ha relazione col mistero cosmico del Solstizio
Invernale, sia per analogia fra il ciclo giornaliero e quello annuale che
direttamente (i Latini non per niente celebravano nella stessa data la festa
altrettanto importante pur se importata del Sôl Invictus, legata al dio
iranico Mithra), dall’altro allude (3) al sorgere all’orizzonte proprio in quel momento ciclico
del Segno dei Pesci. E sappiamo quale
valore avesse il simbolo dell’Ichthýs per i primi cristiani.
Nell’Astrologia Siderale, basata sull’effettiva presenza d’una costellazione in
un dato punto celeste, il fatto è divenuto ormai desueto; tuttavia, nel
cristianesimo primitivo, la corrispondenza fra Segno e simbolo era perfettamente
aggiornata. Esattamente come
nell’Ebraismo, secondo quanto comprova la storia biblica del ‘Vitello d’Oro’. Donde la messa in ombra definitiva di Elohîm, incarnazione divina del Toro
Celeste, ed il pasaggio al culto del ‘Signore degli Eserciti’; cioè dell’Ariete
Celeste, al quale sarà identificato Cristo stesso siccome ‘Agnello del
Sacrificio’. Diversamente
nell’Astrologia Tropicale, dove si hanno Segni fissi (quella comunemente in uso
ancor oggi in Occidente, a differenza che in Oriente, ad es. in India), il
problema non sussiste. La liturgia
rimane perciò valida anche adesso che vernalmente i Pesci non dominano piú il
Punto Gamma (Vernale). D’altronde pure
la data del Natale ancora in uso presso la Chiesa Ortodossa e che, a giudizio
dell’Albrile (studioso torinese di storia cristiana), costituiva quella
celebrativa originaria – insomma il 7 gennaio, tardivamente tramutato con un
giorno d’anticipo in festa dell’Epifania ovvero della Befana, la quale però è
ancor oggi letteralmente dal punto di vista calendariale la ‘manifestazione di
N.S.’ – rientra pressappoco nello schema ciclico testé indicato (4).
Potremmo aggiungere, ad esser pignoli, che la data natalizia decembrina
esprime nell’ambito dell’Anno Sacro di pagana memoria la capacità da parte
dell’Eterno (appunto B.N., cfr. col Mahâkâla indo-buddhista) di cambiar
corso al Tempo inteso in senso mefistofelico (governato non a caso da Lucifero,
il ‘Signore di Questo Mondo’, in India chiamato appunto Kâla = ‘Tempo’), costringendolo a non disperdersi
linearmente ma a tornar sui suoi passi e a ripetere il ciclo annuale. Mentre l’altra, già inoltrata nel Nuovo Anno,
conferma la svolta avvenuta e la ‘Possibilità di una nuova Manifestazione’. Vi è un rapporto di corrispondenza, altresì,
fra la Befana per eccellenza (ve n’è una suprema rispetto ad altre tre non
supreme), la Mahâkalî indiana e la Grande Moira ellenica. Giacché le ‘Tre Befane’ nelle quali Ella a
volte si scompone, non diversamente dalle ‘Tre Spose’ cabalistiche dell’Adamo
<Cadmico> e dalle ‘Tre Moire’ greche, equivalgono palesemente alle ‘Tre
Shakti’ indú.
Proviamo ora a addentrarci in modo
maggiormente approfondito nei meandri della teoria solare. Il Lips (5) considerava giustamente persino la fiaba di Cappuccetto
Rosso (Le Petit Chaperon rouge nell’originale di Perrault di Fine
Seicento)(6), per via del
‘cappuccio di velluto rosso’ della bambina protagonista della storia, una
volgarizzazione del mito eliaco di Giona.
Ci spieghiamo meglio. L’apertura
della pancia del Lupo onde liberare la nonna e la bimba divorate, a differenza
della ripetizione finale della stessa storia con analogo doppione lupesco
eppure senza dramma, non sembra essere un’aggiunta letteraria dei Fratelli
Grimm ma una vera e propria variante della tradizione tedesca rispetto alla
precedente ed incompleta versione francese.
Infatti l’aspetto essenziale del mitologhema, in un caso e nell’altro, è
costituito dall’atto mitico del divoramento (di valore s’intende gnoseologico);
cui segue, per forza di cose, la liberazione del o dei protagonisti. Il Lips acconciamente spiegava che il
Cappuccio Rosso rappresentava il Sole al momento del tramonto ed il Lupo la
Notte all’orizzonte (o se vogliamo la Luna, la quale nelle culture nordiche è
un fattore maschile), tant’è che – fece notare – si trovavan degli esempî
paralleli in parecchie tradizioni, nelle quali al posto del Lupo o del Pesce
comparivano il Mostro, l’Elefante od altri animali simbolici. Riguardo la figura di Babbo Natale ciò che
rende assai convincente la tesi del Lips, a parte la veste rosso-solare del
vegliardo (mutuata – si dice – dal Nonno Gelo russo, che probabilmente tradiva
in tal modo la sua occulta natura di dio del fuoco) è la citazione d’un rituale
certamente significativo celebrato sino ai tempi odierni nella Germania
Settentrionale (Hannover, Bassa Sassonia).
Durante la festa natalizia un giovane agricoltore dall’aria erculea
avrebbe l’abitudine d’attraversare le campagne in groppa ad un cavallo bianco,
chiaro emblema solare, ricevendo doni dai capi-famiglie in sostituzione di
probabili antichi sacrificî. Questa è la
prova evidente dello stretto legame fra i regali ed il Sole. Tanto piú che pure il summenzionato signore
del gelo russo dispone nel folclore slavo d’un bianco destriero, od in alternativa
di 3 cavalli. Il primo è da identificare
al ‘Cavallo Bianco’ associato alla Baba Yaga – sorta di strega-befana
con tanto di mortaio, pestello e scopa – nella storia della leggendaria
Principessa Vassillissa la <Bella> (o la <Saggia>); oppure al
‘Cavallo Magico’ dell’eroe agrario Ivàn, che va in cerca del Castello di Marmo
senza porte né finestre, ubicato “nell’ultimo dei reami, ai confini del mondo” (7).
Gli altri due sono il ‘Cavallo Rosso del Giorno’ e il ‘Cavallo Nero
della Notte’, i quali unitamente ai loro cavalieri di egual colore – non meno
del Cavallo Bianco dell’Aurora e del vicendevole cavaliere – sono al servizio
della succitata strega, in ciò svolgendo un ruolo non dissimile seppure in
chiave maschile da quello delle Tre B.Y (omologhe delle Tre
Befane). È vero che nella tradizione
cristiana i regali vengono elargiti dal vecchio benevolente erede di Mastro
Gelo o da chi per lui. Mentre in quella
pagana, d’origine maggiormente arcaica, i medesimi vengono conferiti all’eroe
solare; od a chi ne incarna i panni, nel caso prima esaminato un robusto
agricoltore. L’inversione di tendenza è
facilmente comprensibile, poiché anticamente si credeva che quando il Sole
raggiungeva il Solstizio d’Inverno avesse bisogno d’un aiuto in senso magico-sacrificale,
affinché non fosse divorato dalle tenebre (vide suprâ)(8); per mezzo dei sacrificî poteva
riprendere in senso inverso la sua corsa annuale, metafora ad indicare il
compito umano nell’opera divina. In
tempi cristiani la metafora solare è invece scomparsa, dacché s’è fatta strada
negli uomini dell’Era Volgare una visione diversa del Cielo, ossia la
consapevolezza della natura misericordiosa della Divinità. Donde il Sole è apparso un garante
dell’Ordine Cosmico, anziché un pur benefico esattore di tributi. Sebbene sia giusto rilevare, purtroppo quale
contrappasso nell’atteggiamento mentale degli uomini della nostra Epoca, il
fatto che nel frattempo la partecipazione attiva al mantenimento del suddetto
Ordine sia irrimediabilmente venuta meno.
Nel caso di Babbo Natale e Gesú Bambino,
va comunque notato, si riscontra uno sdoppiamento analogo a quello di Perrault
e dei Grimm fra l’anziana figura solare e l’infante (seppure nella fiaba
accadesse l’inverso, indipendentemente dal genere maschile o femminile della
doppia raffigurazione); né quest’ultimo viene ingerito (9), ma semmai manifestato. Giacché in tal caso la funzione cosmica è
opposta, creativa anziché distruttiva.
Non si ha un riassorbimento per cosí dire «diluviale» (analizzare in proposito
il mito di Giona e consimili) della Creazione, o qualcosa d’equivalente;
semmai, vien ritratto plasticamente l’incipit creativo. Che cosa rappresentano dunque le leggendarie
4 Renne di Babbo Natale (poi americanamente raddoppiate in 8) se non un
richiamo alle 4 principali stazioni giornaliere ed annuali del Sole? Ciò va inteso in senso emblematico, non
astronomico. I miti lungi dal raccontare
i movimenti degli astri, secondo la riduttiva ed ingenua supposizione degli
studiosi settecenteschi ed ottocenteschi, narrano atti divini. Com’insegna il biblico adagio Coeli
aenarrant gloriam Dei. In principio
sicuramente la Renna dovette essere una sola prima d’esser raddoppiata, quale
valida alternativa al Cervo o alla Capra delle regioni sub-tropicali. Ammesso, e non concesso, che vi sia
derivazione in questo senso; ma, naturalmente, potrebbe esser l’opposto, se
crediamo all’origine iperborea della nostra specie umana. Il rituale del Cavallo Bianco lo dimostra,
visto che soltanto la renna è per natura bianca e può esser cavalcata. Antilocapridi e cervidi possono aver un
mantello candido, ma non servire da cavalcature.
C’insegna l’Iconologia delle Religioni
che l’animale veicolo di qualsivoglia figura sacrale, non importa se munito
d’un carro o facente direttamente da sella, costituisce di per sé un alter-ego
della medesima in panni per cosí dire secondarî sul piano funzionale ma
addirittura essenziali per quel che riguarda l’origine cultuale e culturale
della stessa. Se ponessimo in base a quanto
appena dichiarato un’equivalenza fra Babbo Natale e Crono-Saturno (vecchio
signore del solstizio invernale ai tempi dei Sâturnâlia romani)(10) od il Bran nordico (mitico possessore
della Cornucopia o d’un Calderone shamanico, entrambi fonti d’Abbondanza), che
ne era un doppione in ambito celtico, c‘accorgeremmo che l’abbinamento non solo
risulterebbe efficace; ma spiegherebbe, in termini adeguati, tutta la tematica
e l’iconografia relativa al vecchio pupazzone oggi divenuto gioviale e caro ai
bambini. Certamente, la componente
solstizial-invernale e solar-saturnina non è l’unica a campeggiare nell’icona
natalizia per eccellenza (lo dichiara il nome medesimo), nonostante certe
rappresentazioni di Babbo Natale a cavalcioni d’una Capra potrebbero farcelo credere. È evidente che i segni peculiari d’altre
deità si sono sovrapposti a quella che potremmo chiamare la componente
fondamentale. Ad es. nei paesi germanici
si sono aggiunti alcuni tratti proprî del possente Thor, lo Zeus nordico;
piuttosto che di Surtr, il
gigante del fuoco, corrispondente norrenico del Crono-Saturno
greco-romano. Ciò è un fatto accaduto
anche in area mediterranea, dove gli attributi del Signore dei Titani si sono
sovrapposti e confusi con quelli del Signore degli Dei.
Stabiliti i punti fondamentali di
riferimento per la nostra ricerca, passiamo adesso ad analizzare piú
approfonditamente le prove documentali – ammesso che vi siano – e le
testimonianze iconografiche sul soggetto.
In mancanza di riscontri immediati concernenti le prime, dal momento che
non sono reperibili dati tematici né nel N.T. (a differenza di quanto riguarda
invece ad es. i Re Magi) né nell’esegesi posteriore delle Scritture, dobbiamo
indirettamente dedurne che non si tratta in ogni caso d’un tema biblico. Questo era facile da capire, ma il fatto una
volta ammesso già ci orienta verso una delle altre deduzioni possibili. Fra le spiegazioni che si danno in favore
dell’una o dell’altra tesi, per dar conto della presenza del vecchio nonno
barbuto nel culto cristiano, ve ne sono tre che hanno particolarmente attratto
la nostra attenzione. Esse non fanno
parte solamente del bagaglio culturale dei paesi di varia tradizione cristiana,
ma come abbiamo personalmente rilevato facendo una piccola indagine fra parenti
ed amici, caratterizzano piú o meno anche presso di noi l’insieme dell’esegesi
popolare nei confronti di codesta misteriosa eppure ormai familiare figura.
La prima spiegazione è che Babbo Natale
sia una sorta di Vecchio Creatore adatto alla comprensione dei bambini e degli anziani,
insomma un ridimensionamento fantastico-popolare e tardivo di Elohîm in
chiave nordico-polare. Ciò
specificherebbe meglio la nostra tesi di fondo, ossia l’identificazione con
Crono (11), che i semiti
identificavano grossolanamente al dio solare e taurino El (12).
Donde sono derivati per filiazione etnica i varî Elohîm, Allâh
ecc. Quindi, se le cose stessero
effettivamente come supposto avremmo a che fare non con un semplice demiurgo
capace di dar luogo solamente alla manifestazione del mondo, bensí con un
creatore a tutto tondo in senso primordiale.
Superiore perciò a Cristo stesso, benché generalmente in penombra
rispetto a lui nel panorama cristiano.
Si spiegherebbe in tal guisa la mancanza di riferimenti testuali neotestamentarî
ed altrettanto la mancanza di qualsivoglia documentazione scritta posteriore su
codesto culto. D’altronde la sua natura
primaria di conduttore-traghettatore di anime in Questo e nell’Altro Mondo,
alle quali conferiva in origine l’esistenza o la morte alla maniera di
Crono-Saturno (13), è dimostrata non
solo dall’associazione causale perdurata sino ad oggi coll’Unigenito; ma anche,
complementariamente, dal fatto che presso culture nord-europee come quella
lappone (14) dimorava il
costume opposto di far recare la salma del morto in un’isola sacra mediante una
slitta trainata da una renna con un drappo bianco fra le corna.
La seconda tesi farebbe di B.N. un
santo, ossia una figura strettamente dipendente da quella anatolica di San Nicola,
successivamente riciclata nel barese, dove sono state traslate la gran parte
delle sue spoglie nell’XI sec. a causa della conquista musulmana. Nicola, come sappiamo, nacque a Pàtara e
divenne vescovo di Myra, entrambi dislocate in Licia. Narra l’agiografia che avrebbe aiutato con
una donazione personale le tre figlie d’un mercante impoveritosi, destinate
senza quell’aiuto caritatevole a non trovar marito e probabilmente a
prostituirsi. La storia pare esser piuttosto
una storicizzazione cristianizzata in chiave popolare, dall’accentuato
carattere sessuofobico tipico di certo medioevo, d’una fiaba raccontata da
Afanasjev (15) concernente al
posto del santo ancora una volta Nonno Gelo.
Delle tre ragazze in essa si salva dal freddo, nonostante gli sforzi
della madre in favore delle due minori, soltanto la piú grande (una figliastra,
in realtà), che va sposa a tale signore dell’inverno (altra parallela figura
solar-saturnina). La presenza in America
del prettamente consumistico Santa Claus (abbreviazione del lat. Nîcolâus)
parrebbe dimostrare la supposta tesi anche nell’etimo. Sennonché le cose stanno un po’ diversamente,
poiché non è possibile identificare del tutto Santa Claus al piú datato Father
Christmas inglese (16), a sua volta
dipendente seppur alquanto distinto nella fisionomia dall’allegorico Father
Time; allotropo che il cristianesimo tardo-medievale e rinascimentale aveva
tratto, riattualizzandolo, dalla vecchie icone del Crono greco e del Saturno
latino (17). Difatti Santa Claus/ Klaus è stato
addotto sul suolo statunitense (precisamente nella Nuova Amsterdam, divenuta New York dopo la conquista inglese
del 1674) da parte dei coloni olandesi, essendo il santo ossequiato ad
Amsterdam sotto nome di Sinta Klas (18). L’iconografia attuale s’è formata solamente
nel XIX sec., prima a livello letterario e poi illustrativo (19), sebbene qualcuno attribuisca l’abito
rosso bordato di bianco anche al vero San Nicola in veste vescovile (20).
La terza ed ultima spiegazione sarebbe
di considerare B.N. un mero attendente in funzione collaborativa di Gesú
Bambino. Non bisogna infatti dimenticare
che pure il Bambin Gesú nei tempi ultimi ha ottenuto (un neo-pagano direbbe
“usurpato”) la facoltà d’offrire doni natalizî quale forma di auto-celebrazione
della propria venuta nel mondo a scopo redentivo. Per un cristiano contemporaneo,
involontariamente influenzato da determinate prese di posizione da parte del
Protestantesimo (21) giunte sino a noi
soprattutto dal Dopoguerra in poi coll’americanismo dilagante, naturalmente è il
contrario. Negando qualsivoglia
sacralità – se non riflessa – alla figura dell’ancestrale apportatore
dell’inverno nonché misterioso iniziatore del Nuovo Anno, da questo punto di
vista che potremmo definire bizantinamente del ‘Cristo Pantocratore’ (cfr. col
Giove Cosmocratore di certi simulacri romani), si è finito col trasformarlo in
una figura ridondante, cosa che è tipica d’ogni deus otiôsus. E, piú ancora, delle vetuste deità una volta
cadute in disgrazia presso qualche nuova dottrina sapienziale o religiosa. Tali figure (cfr. ad es. quella dello Yahweh
ebraico nella Gnosi sethiana o del Brahmâ induista nel Buddhismo
Mahayanico) non scompaiono del tutto, ma vengono parecchio ridimensionate. E la loro sopravvivenza è destinata a vivere
di vita latente, seppure necessaria alla continuità del culto. Non è avvenuto cosí anche per molte divinità
barbare quale Odino, riciclato sotto la veste venatoriale di Sant’Uberto? Qualcuno ritrova un po’ della magia di Odino
persino in Babbo Natale (22). In India addirittura, dove questo modo
d’intendere è molto diffuso ed è stato perciò dagli studiosi occidentali
definito “enoteistico”, si può dire che ciò costituisca la regola generale di
partecipazione al Divino. Possiamo
intendere le varie tradizioni susseguitesi dall’epoca adamitica ad oggi, al di
là della loro specifica vocazione, un po’ alla stessa maniera. Le differenziazioni sono avvenute per meglio
adattarsi alle esigenze dei praticanti, esattamente come avviene all’interno
d’un medesimo culto. Le feste natalizie
sono ancor oggi allestite, quasi ormai a nostra insaputa, in ricordo delle
nostre comuni origini. Comunque lo si
voglia intendere, quindi, Babbo Natale rappresenta assieme al neonato Redentore
una personificazione allegorica tardiva, diretta o mediata che sia, dello Hén-tò-Pân.
Giuseppe
Acerbi
Note
(1) .Julius E. Lips, L’origine delle cose
– Sansoni, Firenze 1959 (ed.or. A Cultural
History of man- G.G. Harrap & C., Londra ’49), Cap.XIV, p.432.
(2) Nella contemporaneità la funzione celebrativa
della nascita di N.S. ha un’appendice in certi luoghi chiamata “presepe
vivente”, la quale – indipendentemente dal momento in cui viene allestita, che
può variare da luogo a luogo per motivi pratici – deve ovviamente essere messa
in relazione consequenziale colla messa pre-natalizia. Vale a dire col mistero dell’attesa. Anche se viene in alcuni casi celebrata dopo.
(3) O meglio, alludeva fino alla fine dello
scorso secolo, dato che dal Maggio del 2000 in poi ciò non avviene piú per il
passaggio in Aquario del Punto Vernale.
(4) Dato che lo spostamento giornaliero delle
costellazioni in 12 gg. è minimo, variando esso di c. 1 h ogni due settimane .
(5) Li., op.cit, p.434.
(6) Cfr. anche J. & W. Grimm, Fiabe- Einaudi, Torino 1951,
pp. 5-7.
(7) A.N. Afanasjev, Antiche fiabe russe- Einaudi
Torino 1953, rispettivamente a pp. 18-25
e 296-301.
(8) Cfr. L.B.G. Tilak, Orione. A
proposito dell’antichità dei Veda- Ecig, Genova 1991, Cap.VI, p.165 (con
trad. e comm. a nostra c.).
(9) Per la verità esiste la prova
d’una metamorfosi di Babbo Natale da demone infernale, cioè mostro divoratore,
in elargitore di doni. A dimostrazione
che forse l’originaria fisionomia dell’antenato munito di slitta era piú
complessa rispetto a quello odierna, saturnina anziché gioviale. Il Rosso è pure il colore del Fuoco ed il
Fuoco è cosmologicamente l’elemento divoratore. Ciò che gl’indú chiamano Agni
(lat. Ignis), in opposizione a Soma (lat.Humor),
l’alimento vitale.
(10) Venivano celebrati dapprima il 17 dicembre,
quantunque in seguito siano stati triplicati fino al 19 od estesi per una
settimana. In
proposito vedasi Macr., Sât.-i. 10, 23 ss.
(11) Tale sommaria identificazione era già
sostenuta in G.Acerbi, Le ‘Caste’ secondo Platone…- Convivium ( A.IV,
N°13 ), Borzano ( R..E. ) 1993, P.II, pp. 24-6, n.29.
(12) Affine al greco Hêlios. Ibîd.,
n.27. Cfr. inoltre G.Acerbi, Note
sullo sfondo cosmologico del Tetramorfo di Ezechiele- Alle
pendici del Meru, blog (17-04-06),
pp. 1-7; rifac. d’un dattil. inviato alla Riv. ‘Nicolaus’, Bari 1999, pp. 1-8 +
2 ill., mai pubblicato per ragioni ignote, ed in seguito spedito a
‘Heliodromos’. Alfine ripubbl. in ‘Alle
pendici del Monte Meru’, blog (25-08-15).
(13) Ibîd.come alla 18.
(14) R.Bosi, I Lapponi- Il Saggiatore,
Milano 1959, P.III, Cap.II, p.125.
(15) Afan., op.cit., pp. 139-42.
(16) S.L. Macey, Patriarchs of Time…- Georgia
Un., Atene & Londra 1987,
C.VII sgg.
(17) Ibîd., C.III sgg.
(18) Ib., Concl., p.176.
(19) Per un approfondimento vedi G.Acerbi, Iconologia
di Babbo Natale- Nel Nido del Simorgh, in prep. per il dic. 2016.
(20) Cfr. Wikipedia, enc. on line, s.v.
SAN NICOLA.
(21) Il protestantesimo negava valore alla figura
di Father Christmas, giacché lo considerava – non a torto, abbiamo visto
sopra, dal proprio punto di vista – derivato dalla Chiesa di Roma; il che
equivaleva a dire legato alla tradizione greco-romana, d’origine pagana.
(22) Cfr. Wikip., s.v. BABBO NATALE.
Illustrazioni
1. Mahâlkâla (lett. ‘Grande Tempo’),
emblema indo-buddhista dell’Eternità, sovrastante Kala (lett. ‘Tempo’, cioè la
Manifestazione) (dipinto buddhista, Tibet).
2. Mahâlkâlî,
consorte del precedente ed emblema della ParaÑakti (Potenza o Possibilità Universale), in amplesso
con Mahakâla (Mahakala-Mahakali yantra, dis. a matita, 2011).
3. La
Grande Befana, equiparabile a Mahakâlî,
seduta sulla Luna (ill.pop. cont.).
4. La
Vecchia (=Anziana dei Giorni) Befana colla Scopa, indice del suo amplesso
coll’Assoluto prodotto al fine di determinare la Manifestazione (ill.cont. d’un art. on line).
5. Le
3 Befane minori, paragonabili alle 3 Ðakti hindu (ill.pop. cont., da una foto di pupazzi scattata nel 2008).
6. La
Baba Yaga (ill. di I.Y. Bilibin, Russia zarista, XIX sec.).
7. Ded Moroz (‘Nonno Gelo’) che va a
piedi, con Sacco dei Doni sulle spalle, in una foresta ghiacciata di conifere (Anon., vecchia cartolina natalizia da collezione in stile popolare,
Russia sovietica).
8. D.M. (chiamato anche Dede come nomiglioso affettuoso) su slitta natalizia trainata da un
Cavallo Bianco (ibîd.).
9. Idem con Alberello Natalizio su slitta trainata
da Cavallo Rosso in mezzo a paesaggio innevato (ib.).
10a. Il
Bianco Cavallo <dell’Aurora> e Vassilissa la <Bella>, con in
mano l’occulta Bambolina dei Desiderî (miniatura russa).
10b.
I.Bilibin, Il Cavallo Rosso del Giorno (da Vassilissa la <Bella>, 1899).
11. D.M. senza slitta, in piedi sul dorso
di 3 Cavalli (uno Fulvo in mezzo e due Rossi ai lati)(ibîd. come alla 9).
12a. Idem sulla slitta trainata da una pariglia di
3 Cavalli (Fulvo, Bianco e Rosso)(ib.).
12b. Id. su slitta trainata da 3 Cavalli (Fulvo,
Rosso e Blu (ib.).
13. Id. con Mantello Bianco trapunto di stelle, Albero
Natalizio e Cestello dei Doni su slitta trainata da 3 Cavalli (quello in mezzo
ha il mantello à pois)(ib.).
14. Id. recante Albero Natalizio e Sacco dei
Doni su slitta trainata da 3 Cavalli
Bianchi (quello in mezzo è nero), con metropoli nello sfondo (ib.).
15a. Id. accompagnato dalla
<figlia>Snegurotchka (‘Fanciulla di Neve’) su slitta trainata da 3
Cavalli (Rosso, Bianco e Marrone) scivolando fra le stelle, con tanto di
sputnik (ib.).
15b.
Id. con Albero Natalizio e Snegurotchka
con Baule dei Doni su slitta trainata da 3 Cavalli (Fulvo, Bianco e Marrone) in mezzo
alla foresta (ib.)
16. Id. tramutato in giovane astronauta, con al fianco Printsessa Snezhnaya (‘Principessa Neve’), su slitta trainata da 3 Cavalli Rossi (ib.).
17a. Printsessa
Snezhnaya, var. adulta di Snegurotchka, con in mano l’Abete Natalizio
(ib.).
17b. Idem, dett. di Snegurka (ib.).
17c. Snegurotchka, con fiore e
uccellino(ib.).
18. D.M.
colla
sposa-figliastra Snegurka, altra var. di Snegurotchka, fatta
oggetto di munifici doni da parte del vecchio (I.Bilibin,
ill. d’un racc. di A.N. Afanasjev, Morozko, 1923, Russia).
19a. Snegurotchka con abito blu, ma ricamato
di fiori anziché di stelle (ibîd. come alla 17a).
19b. Snegurotchka signora della vita, con
abito verde ricamato di fiori anziché blu (ib.).
20 Fiocco di Neve, versione slava di Snegurka
(ill.pop.cont., ?).
21a. La Regina della Neve (E.Ringo, dipinto, da una fiaba omonima di H.C. Andersen, Epoca Cont.,
19-03-1998).
21b. Snow White alias Biancaneve nella
bara di vetro, con accanto uno dei 7 Nani (T.Hosemann,
1852, Germania).
22. D.M. mira Snegurotchka rinchiusa nello Specchio della Creazione cellini
(ibîd.
come alla 17b).
23. Idem con slitta
dei doni e Cerbiatto (id.).
24. Id. con Snegurotchka su slitta
dei doni trainata dalla Renna (id.).
25. Id. sulla slitta
trainata da 2 Renne, festeggiata dai bambini in un quadretto di sapore knaïve
(ib.).
26. Albero Natalizio con sulla cima la Stella
Polare, trasformata in Stella Rossa del Comunismo, in luogo della Stella Cometa
(ib.).
27a. D.M.
identificato allo Spirito dell’’Abete Natalizio (ib.).
27b. Ovale coll’Albero del Mondo, sotto cui appare
l’Orsa, mentre D.M. apre il Cofanetto dei Gioielli e Snegurotchka fila
i Destini del Mondo (ib.).
28. Apparizione dello Spettro del Father
Christmas Presente, coll’abito verde, simbolicamente assimilabile al Christmas
Tree (J.Leech, ill. orig. d’un testo di C.Dickens,
Christmas Carol, 1843, G.Bretagna).
29a. Capra
di Natale svedese, detta Jul-bock,
sotto l’Albero di Natale in esterno (fotogr., Svezia, att.).
29b. Due
tipiche Jul-get (Yule-goats) appese all’Albero di Natale in interno (fotogr., Svezia, att.).
30. Capra Natalizia
gigante eretta annualmente nei giardini della cittadina di Gävle a partire
dagli Anni ‘60 (fotogr., Svezia, 2008).
31. Julbock
col Tömte (Nanetto) natalizio (ill.cont.).
32 Il
Capro delle feste natalizie (Julbock), che secondo le
tradizioni nordico-germa- niche portava i regali ai bambini trascinando la
slitta di Father Christmas (di tipo Tömte)(Anon., quadretto popolare natalizio, dataz. e proven. incerte, dett.).
33a.
Il Krampus, attendente demonico tricorne di S.Klaus con tridente e
scopino nonché un bimbo cattivo nella bisaccia, è figura diffusa nel versante
alpino germanico-slavo (stampa popolare, dataz.inc.).
33b. L’Uomo Nero (Zwarte
Piet, Black Peter),
attendente nordico-germanico di S.K. (forse una var. del Krampus, cfr. col Kâla indiano), attorniato da bambini olandesi (fotogr. , dett., att.).
34a.
D.M. con abito blu
trapunto di stelle, identificato ad Urano stellato (ibîd. come alla 27b).
34b.
Idem con abito incolore, ma egualmente identificato ad Urano stellato,
seppur con aggiornamento di sputnik (ib.).
35a.
Id. con veste blu trapunta di stelle, verga ed orologio, accanto al
rosso sputnik-giocattolo guidato da
un bambino (ib.).
35b.
Id., con veste rossa trapunta di stelle, Orologio (che sta per segnare
la mezzanotte) e Sacco dei Doni (ib.).
35c.
Id., con veste rossa bordata di bianco ed Orologio (che sta per segnare
la mezzanotte) al posto della Clessidra (ib.).
36. Id.
in veste d’astrologo, con telescopio (ib.).
37a.
Id. (Dede), pupazzone con
manto rosso su cui sono ricamati emblemi solari o stellari (ib.).
37b.
Snegurotchka. Pupazzona
accanto all’Albero di Natale, con manto azzurro dalle valenze stellar-floreali (ib.).
38.
Father Time, col suo carro
trainato da 2 Cervi, è seguito dalla massa popolare in un paesaggio desolato (Filippo Lippi?, ispirato ai ‘Trionfi’ di F.Petrarca, Il Trionfo del
Tempo, XV sec., Coll. J.Murray., Londra).
39. Old Man Winter, antenato di Father Christmas, forse attraverso Father Winter. (ill.cont.).
40a.
Father Christmas (Père Noël)
colla slitta trainata da 2 Renne (Anon., illustrazione
popolare natalizia, dett., Canadian Illustrated News [Vol.XII, N°26,
p.401], 1875, Canada).
40b.
Father Christmas a cavalcioni
della Capra, altro contrassegno solar-saturnino, e con in mano la Coppa
dell’Abbondanza al modo di Ded Moroz e Bran (illustr. pop.natal., dett., XVII-VIII sec., prov. inc,).
41. S.Niccolò alias S.Nicola da Myra (icona ortodossa, Russia, XIII sec.).
42. Father
Christmas in costume puritano, senza doni e slitta né animali da traino (F.Coules ed., xilografia secentesca, The Roxburghe Ballads, XVII
sec., G. Bretagna, dett.).
43. Snegurotchka
bambina e D.M., con Cesto dei Doni, ridotto nell’abito al
comune Babbo Natale ma conservando il Posokh (la Magica Verga)(F.Coules ed., xilografia secentesca, The Roxburghe Ballads, XVII
sec., G. Bretagna, dett.).
44. Giove Cosmocratore, troneggiante con tratti
superdivini sulla sfera zodiacale, retta da Atlante e dominata dall’Aquila (altorilievo marmoreo, Epoca Ellenistica,
Villa Albani, Roma).
Fonti
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Fonte
smarrita, on line.
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Masaika. Old Soviet Christmas Cards
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33a. Timbotron ( pseud. ), Santa Claus and His
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34a. Ibîd .come alla27.
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40a. Ibîd.., s.v. FATHER CHRISTMAS opp. BABBO NATALE.
40b. Ib.., s.v. FATHER CHRISTMAS.
41. Ib., s.v.,SAN NICCOLO’.
42. Mac., op.cit., p 148 fig.11.
43. Ibîd. come alla 37b.
44. M.Manilio (a c. di M.Candellero), Astronomicon- Arktos, Carmagnola (Cu).
41. Ib., s.v.,SAN NICCOLO’.
42. Mac., op.cit., p 148 fig.11.
43. Ibîd. come alla 37b.
44. M.Manilio (a c. di M.Candellero), Astronomicon- Arktos, Carmagnola (Cu).
Foto
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Fig.34b
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