1.
Afrodite,
Maddalena e il Pesce d’Aprile
Cosí come il mese di marzo è dedicato a
Marte, signore del segno zodiacale dell’Ariete, analogamente il mese di aprile
è dedicato ad Aprīlia; cioè
Venere, o se vogliamo Ἀφροδίτη, signora del Toro.
Qualcuno potrebbe obiettare che quest’ultimo nome divino è greco, non latino
come gli altri adottati dal calendario giuliano (1). Il che è vero, ma ciò vale però solo per
Afrodite, non per Aprīlia. Nome evidentemente coniato allorché l’anno
cominciava in aprile, non in marzo come ai tempi della Roma storica. Quest’inizio dovette dipendere, di necessità,
dal Punto Vernale; ossia, secondo quanto indica l’etimo del termine nella
nostra lingua (primavera = lett. ‘prima stagione’) l’anno solare cominciava
allorché il P.V. trovavasi in Toro. Il
che pare essere una diretta eredità dell’origine troiana dell’Urbe. Infatti Enea era figlio di Anchise e di
Afrodite. Afrodite, d’altra parte, veniva
identificata in tutta l’area egeo-anatolica – e particolarmente nell’area
troiana – alla dea Rhoiò (lett. la ‘Rossa’, da rhoià
= ‘melagranata’), personificazione della melagrana (2), che per i suoi
tratti fruttifero-vegetali alludenti allo κτείς muliebre rimandava
cosmologicamente alla “rossa” Aldebaràn, non meno dell’equivalente indiana Rohiṇī. Per la verità la leggenda di ‘Ροιώ è
parallela a quella di Gaṅgā, che in
alternativa ad altre dee figura in India quale madre delle Pleiadi (Kṛttikā) nel mito che
racconta la nascita di Skanda-Kārttikeya (3). Sennonché in un’altra leggenda parallela,
precisamente nel mito dell’incesto cosmogonico, è Rohiṇī a svolgere la stessa funzione cosmica. Ovviamente, l’identificazione con Aldebaran
non è il solo significato pertinente.
Come in ogni simbologia tradizionale, le accezioni del simbolo sono
molteplici, principalmente 4: ontologica, cosmologica, allegorica e
letterale. Ciò comprende ovviamente tutta
una sfumatura di sottosignificati: etnici, antropologici, storici, letterarî
ecc. La scuola mediterraneista,
purtroppo, si limitava a sottolineare solamente gli aspetti erotico-fecondanti
della mitologia indo-mediterranea ed in codesto caso per di piú non è giunta,
diversamente da altre volte, a scoprire le affinità fra Rhoiò e Gaṅgā; tuttavia queste risultano evidenti dalla pur
limitativa comparazione da parte del Pestalozza fra la dea troiana e la latina Rhēa Sylvia, madre non a caso anche costei dei Gemelli (4). Infatti in una versione alternativa della
nascita di Skanda, riportata nel Kālīkā
Purāṇa (xlvi. 83-5), è reperibile
analogamente la nascita dei Gemelli (l’altro è Viśākā) anziché di Orione (Kārttikeya,
il figlio delle Pleiadi). Il padre Śiva
allude viceversa a Sirio, asterismo oggi visibile nei pressi del cielo meridionale,
ma c.7.000 anni fa piú spostato verso l’equatore.
Orbene, se è vero che la mitologia di
Venere ci riporta ad Aldebaran e secondariamente a Troia, bisogna sapere che le
ricerche storiche condotte negli ultimi anni dal trio inglese Baigent-Leigh-Lincoln
– per quanto bistrattate in ambiente universitario, soprattutto nostrano –
hanno in realtà aperto un nuovo campo d’indagine riguardante aspetti paralleli
del cristianesimo prima sconosciuti a tutti oppure noti solo in parte ad un
pubblico molto specializzato. Siamo
venuti pertanto a sapere che la discendenza troiana della monarchia
franco-britannica, quale veniva tracciata in precedenza unicamente dai testi
dell’epica graaliana, non costituiva per nulla un’interpretazione fantastica
dei rapporti storici reali; bensí, pur coll’ausilio dell’invenzione
poetico-letteraria, un’approssimazione alla verità effettiva. Insomma, in modo non diverso da come si
accettava fin dai tempi di Virgilio, l’origine troiana di Roma. Sappiamo che il poeta mantovano ha condotto
attraverso l’Eneide un’opera di
mitizzazione e di celebrazione per conto della committenza augustea. Ciò non toglie che la principale linea di
discendenza romana sia da considerare egeo-anatolica, al di là delle fuorvianti
speculazioni contemporanee, tendenti ad esagerare l’apporto di altre radici
etniche. Soprattutto quella che, con
espressione erronea, viene definita “indouropea”; e che, nel piú acconcio
linguaggio biblico, dovremmo chiamare "giafetica". Gli antichi romani non avevano pregiudizî di
tal genere ed accettavano la loro eredità egea, vale a dire ionica, come un
vanto. I suddetti studî sul nazarenismo
hanno ricostruito, tuttavia, un quadro della Grecia del I mill. a.C. abbastanza
diverso da quello normalmente presentato dagli storici attuali
dell’Antichità. Nell’ormai
celebratissimo nonché da certuni denigratissimo Santo Graal dei tre
autori britannici (5), nel tentativo di spiegare dovutamente la saga
merovingia, è stato evidenziato che un flusso migratorio ebraico proveniente da
Gerusalemme in epoca post-beniaminita (z sec. a.C.) avrebbe riparato nel Peloponneso,
precisamente in Arcadia. In seguito (z anni/ secoli dopo)
avrebbe colonizazato Ilio e di qui sarebbe giunto, dopo la fuga di Enea e
l’incendio ellenico della città, a Roma ed altrove. La via di fuga marittima, approdata nel Lazio
protostorico, non pare la sola avvenuta a quei tempi. Si dice che un secondo flusso troiano, ad
es., sia giunto nel Nordest dell’Italia fino a Padova (sono stati trovati dei
reperti archeologici che lo proverebbero) e si sia confuso pian piano col ceppo
illirico. Altri beniaminiti, non è ben
chiaro se arcadi o troiani, si spinsero in qualche modo piú a nord sino a
mescolarsi coi Franchi. Tali sarebbero
stati dunque i Sicambri, un gruppo germanico già ebraicizzato prima del
connubio in epoca cristiana coi discendenti provenzali della Maddalena, la
presunta sposa (6) di Gesú.
2. Madame Jasmine Avril, autoproclamatasi “imperatrice
di tutte le Massonerie”
Esattamente nel Duemila, ed ovviamente
non a caso, la Sign. Gelsomina Aprile (Jasmine Avril) ha lanciato un appello su internet proclamandosi “Imperatrice di
tutte le Massonerie”; nonché discendente legittima dell’imperiale Casato degli Hohenstaufen (7), a
sua volta un ramo distaccato del Casato dei Merovingi a suo dire, benché poi ibridatosi
col ramo regio longobardo dei Poto.
Questa ricostruzione storica è accettabile? Certamente, dal nostro punto di vista. Segue qui brevemente una disamina da parte
nostra.
continua
3. Una ricostruzione della leggenda merovingia
ed un giudizio in merito
Indipendentemente dall’asserzione riguardo gli Avril come dinastia di raccordo fra Merovingi e Hohenstaufen,
che abbiamo visto al paragrafo precedente risultare possibilmente veritiera
(nel senso che personalmente ci convince), ora vorremmo compiere una
ricostruzione a parte del diritto divino merovingio. Perché a questa stirpe si connette
fondamentalmente l’idea di Sacro Romano Impero.
continua
Note
(1)
Chi avesse dubbî in proposito confronti il nome di gennaio con Giano
(Acquario), di maggio con Maia (Gemelli), di giugno con Giunone (Cancro),
tenendo conto che l’antico calendario romano prima della riforma giuliana era
basato sulla signoria di 6 dèi e 6 dee.
Ciascun senario – se ne può dedurre – presiedeva probabilmente su una
delle due metà annuali, il senario femminile sulla prima a partire
dall’equinozio primaverile e quella maschile sulla seconda, dall’equinozio
autunnale in poi. Anche se tardivamente
in 7 casi su 12, cioè negli altri mesi non citati, l’antica signoria è stata cancellata
da nomi onorifici (Giulio, Augusto) o numerici (da Settembre a Dicembre).
(2)
Cfr. U.Pestalozza (a c. di M.Untersteiner & M.Marconi), Religione mediterranea, Vecchi e nuovi studi- Cisalpino-Goliardica, Milano 1971, Cap.I, pp. 32-5.
(3)
Cfr. G.Acerbi, La leggenda del Cervo, della Cerbiatta e del
Cacciatore…- – V.d.T. (lug.-set. ’91), A.XXI, N°83, Palermo 1992, pp. 150-2, n.2.
(4)
Uno studioso di mitologia classica, in un un suo noto libro (A.B. Cook,
Zeus- xxxxx), mette
in luce tramite un’appropriata ed indiscutibile iconografia la relazione del
mito della nascita di Romolo e Remo nella fatidica capanna pastorale con
l’avvento vernal-annuale della costellazione dei Gemelli (ovvero i Διóσκυροι
greci e gli Aśvina indiani). Ciò
significa che tale nascita al di là del senso storico preciso, rifacentesi
comunque ad una data (per forza di cose prima del 4.480 a.C.) che per la sua
collocazione cronologica si situa alla fine della mitica <Età del
Bronzo>, ha un valore precipuamente cosmogonico. La ‘Capanna’ non è che il mondo qual s’è
venuto a creare nell’<Età del Ferro>, cioè archeologicamente parlando dal
Neolitico in poi. La fondazione
dell’Urbe invece è avvenuta il 21 aprile, vale a dire a 0° del Toro; il che
colloca Roma sotto l’egida delle guerriere Pleiadi, giacché la prima decade del
Segno è dedicata ad esse, la seconda ad Aldebaran (la ‘Settima Pleiade’) e la
terza ad Orione.
(5)
M.Baigent, R.Leigh & H.Lincoln, Il Santo Graal- Mondadori,
Milano 1982 (ed.or. The Holy Blood and the Holy Grail- J.Cape, Londra 1982), Cap. 9,
p.356.
(6)
A livello personale siamo profondamenti convinti che il fatto sia reale,
ma a livello storico non si può dar nulla per scontato prima di un’opportuna
dimostrazione. Se anche si trattasse, e
non lo crediamo, d’una forma di mitologia cristiana diversa da quella paolina
potrebbe avere pur sempre un valore sul piano cultuale. Non è detto che debba trattarsi per forza
d’un eresia. Tal cosa non mina infatti
il culto cattolico-ortodosso, è semplicemente altra cosa, quella che appunto
viene chiamata oggi col nome di 'Nazarenismo'. Donde si è sviluppata in seguito la cd. 'Chiesa di Gerusalemme', che costiuisce la prima vera forma di Cristianesimo, donde si sono diramate tutte le altre.
(7) Riguardo l'accezione del cognome come 'Staffa della Sovranità' (da Hohen e Stauffen) cfr. on line la Fondazione Federico II, Stupor Mundi:
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