giovedì 6 novembre 2014

LE TRE VIE




a)  Nozioni generali

        In Mrigeçvara (1) abbiamo provato l’esistenza in India d’un simbolismo annuale equinozial-solstiziale inerente ai Misteri Minori e Maggiori del Tantrismo, parimenti a quello dei Piccoli e Grandi Misteri di Eleusi in Grecia.  In Kali (2) abbiamo concentrato invece l’attenzione specificatamente sullo Ҫaktismo, dimostrando che tracce disperse degli stessi schemi cosmologici sono presenti potenzialmente in varie regioni della vasta ecumene culturale indomediterranea ed oltre.  Ora ambiamo spiegare qualcosa di piú segreto, qualcosa che persino un grande esperto d’esoterismo quale Guénon temiamo non sia riuscito ben a capire.  Non ce ne vorranno i guénoniani se diciamo cosí, ma crediamo d’esser nel giusto.  Come tanti esoteristi all’inizio per comprendere il meccanismo simbolico delle varie vie iniziatiche ci basavamo sui presupposti insegnati dal maestro francese, per quanto fossero imperniati sullo Yoga e non sul Tantra.  Sennonché ci avvedemmo ben presto che i conti non tornavano, e non soltanto per il fatto che non esistevano Misteri Yogici accanto ai Misteri Tantrici.  La maggior parte degli studiosi, sia detto con tutto rispetto, non ha grande competenza in campo astrologico.  E questo è probabilmente il motivo onde, a nostro giudizio, nemmeno il grande René ha approfondito bene la questione.  Il problema principale, riferito in chiari termini, è sostanzialmente il seguente.  Guénon parlava di Piccoli e Grandi Misteri, distinguendo i primi come la via che conduceva alla rinascita paradisiaca e la seconda quale sentiero verso l’immortalità celeste.  Fin qua nulla da eccepire, concordavamo ovviamente con lui, ciò corrispondendo anche a quanto si trovava nelle tre grandi vie spirituali indiane: çivaismo, vishnuismo e çaktismo, tecnicamente definite in ambito tantrico con riferimento al grafico del cerchio annuale Cammino di Destra (Dakshinâcâra), Cammino Superiore (Uttarâcâra) e Cammino di Sinistra (Vâmâcâra).  Di solito il secondo non viene mai citato, perché a differenza del Veda, ove è il Vishnuismo – una via di centro – la via prevalente, nel Tantra sono le altre due opposte a dominare.  L’Uttarâ è chiamato pure Madhyamacâra, essendo un Cammino di Mezzo, non meno del Mâdhyamika in ambito buddhista.  Orbene, i Tantra medesimi sono distinti in Âgama, Samhitâ e Tantra (il termine va 



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inteso questa volta in senso piú ristretto e specifico) a seconda che prevalga in essi il punto di vista çaiva, vaishnava o çâkta.  Talvolta però prevale la definizione comune di Agama, vale a dire i (Libri) Trasmessi, per differenziare i testi non vishnuiti dalle Samhitâ; ossia i Trattati, di tipo vedico.  Ed allora parlasi piú distintamente di Ҫaivâgama o di Ҫâktâgama.  A differenza dei Veda, nei quali non esiste alcuna vera differenza fra esoterismo ed esoterismo, alla maniera iranica (nel senso che l’uno sfuma nell’altro), nei Tantra vi è un interiore (hârda) ed un esteriore (bâhya); il primo conduce alla tântrikîdîkshâ (iniziazione tantrica), utilizzante metodi differenziati rispetto alla vaidikî (vedica), il secondo alla comune devozione (bhakti).  La classificazione testuale, oltreché su ciò, si basa sul punto di vista delle principali sette: si enumerano quindi 28 Agama Maggiori e 108 Minori (Upâgama), mentre i Tantra sono 77.  Le Pâñcarâtrasamhitâ, cosiddette dai Pañcaratra (scritture vishnuite venerate dalla scuola dei Pâñcaratra ed ipotecanti la quintuplice natura di Krshna-Vâsudeva), variano invece nelle citazioni da 25 a 108.  Si conosce inoltre l’esistenza d’altri tantra paralleli: 180 saura, 122  gânapatya e 39 bauddha, in rapporto vicendevole a Sûrya, Gânapati e Buddha.  I bauddha hanno avuto particolare continuità nel mondo estremorientale, ove hanno dato luogo ad un tantrismo buddhista, in seguito denominato ‘buddhismo tantrico’.  Bisogna tener conto, per capire le varianti numeriche dei testi di base, che la maggioranza dei tantra sono stilati in manoscritti tuttora inediti; di quelli editi ben pochi sono stati tradotti in inglese, figuriamoci in altre lingue!  Anche perché solo i principali tantra sono scritti in sanscrito, molti compaiono in lingue vernacolari.  Cercando d’orientarci in tal guazzabuglio di dati, ed ivi è nata la nostra presa di distanza dalle enunciazioni in linea di principio sparse qua e là dal maestro di Blois, abbiamo cercato di giungere a delle conclusioni omogenee.  Ci spieghiamo.  Non era vero come principio-base che i Grandi Misteri si compissero col Solstizio Invernale (S.I.) ed i Piccoli coll’Equinozio Primaverile (E.P.), non sarebbe stato possibile.  Almeno, non nella stessa via spirituale.  Come poteva ciò che susseguiva sul piano realizzativo precedere quel ch’era antecedente sul piano cosmologico?  Un’incongruenza, evidentemente!  Nello schema ciclico annuale infatti l’Equinozio di Primavera – secondo quanto c’insegna la prassi – viene dopo il Solstizio d’Inverno, il senso di moto seguito a partire da detto solstizio essendo quello solare ed orario, da destra verso sinistra; che come lui giustamente scriveva, rimandava al Polo Nord.  E non da destra a sinistra, in senso polare ed antiorario.  Il senso solare, Guénon lo sapeva bene, dipendeva dal moto apparente del Sole attorno allo Zenit: del resto la grafica non fa che riportare in un cerchio, su un piano rettilineo, la linea ideale di progressione visibile all’orizzonte tracciata dall’astro nel corso del suo moto giornaliero da Est (E) ad Ovest (O) ed annuale da Nord (N) a Sud (S).   



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L’altro senso, dal moto dell’Orsa Maggiore attorno all’Orsa Minore.  Il verso della scrittura e dell’orientamento rituale, destrogiro o levogiro, ha ovviamente a che fare con quanto delineato.  Per la verità Guenon distingueva un punto di vista terreno-annuale da uno celeste-tropicale, onde spiegare la sostanziale omogeneità di collocazione delle Porte Solstiziali in riferimento al N od al S fra i pitagorici, Omero e il Veda; vero, ma pure in tal modo la questione rimaneva aperta, poiché il cambiamento di prospettiva dal S.I. al S.E. dava ragione esclusivamente delle Porte, non delle variazioni nelle fasi culminanti dei diversi Misteri.  Guénon in sostanza non ha aggiunto a cosa si riferissero mistericamente gli altri due punti topici annuali, il Solstizio Estivo (S.E.) e l’Equinozio Autunnale (E.A.).  L’errore suo, ammesso e non concesso che errore vi sia stato, è consistito insomma in un’omissione.   Una volta individuata, se si è in grado, occorre  tuttavia spiegarla e porvi rimedio tramite uno schema cosmologico completo.  È quel che allora modestamente da competente in cosmologia, od astrologia naturale, abbiamo cercato di fare proponendolo per la prima volta al lettore.  Ci si permetta prima, però, di chiarire una cosa relativa al Tridente.  Di norma, il Triçûla (lett. ‘Trirebbio’) indiano viene considerato un emblema del Trikâla (‘Tritempo’): Passato, Presente, Futuro.  Anche qui, comunque, abbiamo voluto rifarci a Guénon.  Essendo i simboli multivalenti, si può intendere il Triçûla restrittivamente in relazione all’Anno Sacro ed ai cicli cosmici nei confronti dei quali quali esso rappresenta un rimando.  Vale a dire al Triyuga.  Il Triyuga equivale all’insieme delle 3 Età successive alla prima, o Satyayuga (Età della Verità, la classica Età Aurea).  Tretâ, Dvâpara e Kali Yuga vengono assommati ciclicamente dacché costituiscono lo sviluppo sacrificale del Satya.  Essendo l’intero periodo caratterizzato dallo Yajña, parola che in sanscrito possiede valenza sia di Anno sia di Sacrificio, si capisce come mai il Triyuga abbia per emblema il Triçûla, l’arma sacrificale per eccellenza a partire dal III Ciclo Avatarico.  Tal ciclo faceva parte ancora in realtà del Satya, dunque è probabile che l’arma non avesse dapprincipio il significato cruento assunto a partire dal Tretâ; ma si limitasse a fungere da contrassegno di Varâha, il Verro Unizannato (o trizannato, se si vuole), erede avatarico di Matsya (il Pesce Monodono) e di Kûrma (il Chelone a doppio guscio).  Orbene, in greco il Triçûla è sostituito dal Triódous (‘Tridente’), voce assonante non a caso a Tríodos (‘Trivio’).  Possiamo dunque assumere il termine tanto in India quanto in Grecia, fatte le debite proporzioni fra una cultura e l’altra, quale rimando alla Triplice Via iniziatica attinente alle 3 Età Sacrificali: Età Argentea, Bronzea e Ferrea.



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b)  Schemi zodiacali della Triplice Via

        Le 3 Vie non fanno esclusivo riferimento ai 3 Cicli menzionati, siffatto riferimento essendo già contemplato nei punti solstiziali ed equinoziali.  Guénon però conferiva a tali punti un’accezione limitatamente ciclico-cosmografica, ponendo il S.I. in rapporto generico col N; l’E.P. coll’E, il S.E. col S e l’E.A. coll’O.  In altre parole, il N colla I Età, al modo di Dante nella Profezia di Adamo (Par.- xxvi. 139-42); l’E colla II, il Sud colla III e l’O colla IV.  Non è che l’impostazione di per sé fosse errata, anzi, l’Alighieri provava che si trattava d’uno schema veritiero.  L’Inverno diveniva cosí un mirabile contrassegno dell’Età dell’Oro, in cui l’Uomo poteva liberamente accedere ai Grandi Misteri (o meglio a quel che allora equivaleva ad essi), anche se non necessariamente; la Primavera, invece, costituiva il rimando ad essa nell’Età Argentea, ecc.  Appariva perciò congruo in base a tal logica far del punto cardinale corrispondente e di quello annuale associato un evidente contrassegno dei Piccoli Misteri, connessi al Paradiso Terrestre.  Tanto piú che su un diverso piano, semplicemente religioso, le festività cristiane annuali del Natale e della Pasqua parevano comprovarla.  La nostra critica, una volta individuato il meccanismo interpretativo guénoniano (torneremo sul tema in dettaglio in un altro articolo, trattando dei Pañcadeva), è ora la seguente.  Una volta stabilita elementarmente ogni corrispondenza simbolica, si può andar oltre avendo la base per comprendere tutto il resto, vale a dire lo schema intero delle 3 Vie.  Ci siamo dibattuti in lungo e in largo come un pesce fuor d’acqua anni fa al fine di raggiungere lo scopo.  Per comprendere il tutto siamo partiti dalla simbologia delle 3 Nadî (Correnti).  All’inizio non riuscivamo bene a intuire ove collocare zodiacalmente Sarasvatî.  Allora tra l’altro non era ancora stata riscoperta da parte di varî geologi, archeologi e linguisti indiani (1997) l’esistenza effettiva del fiume omonimo – seppur già ipotizzata in precedenza da J.Marshall (1931) e A.M. Aloys (1967) – prosciugatosi in età protostorica (XX-XVII sec. a.C.) e confluito tramite varie modiche del letto fluviale in parte nell’Indo in parte nella Jumna; il maggior affluente attuale del Gange, da cui è stato a sua volta assorbito.  Sebbene un tempo fosse l’Indo, meno importante della Sarasvatî, a confluire in questa maggiore corrente.  Colla Gane la Yamunâ la collocazione astrale risultava facile iconograficanente, avendo le due dee personificanti la duplice corrente quale rispettivo ed opposto veicolo il Makara (Capricorno) ed il Kûrma (Chelone, var. del Granchio = Cancro); la corrispondenza zodiacale del vâhana della Sarasvatî restava difficile invece da capire, nonostante i nostri sforzi in tal senso.  Andando per ragionamento, 



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l’abbiamo posta alfine nell’Ariete; dato che il Bianco Cigno di cui si fregia, invero l’Oca (non meno di Rati e di Venere, la corrispettiva dea latina), rimanda ad un asterismo circumpolare (Cygnus) che precede di poco nel sorgere eliaco la suddetta costellazione.  Ponendo le 3 Dee in relazione al Triyuga, ne ricaveremo che Gan domina il Tretâ, Sarasvatî il Dvâpara e Yamunâ il Kali.  Il Tretâ, essendo cominciato in Makara, terrà nello schema quaternario di sviluppo l’E.P. come punto di Discesa agl’Inferi; il S.E. per Fondo Infero e l’E.A. quale Punto di Rinascita, culminando nel S.I. come Meta d’Immortalità e simultaneamente di ripartenza del ciclo di Discesa delle anime nel mondo.  Questa la via piú antica, o di Destra, l’unica per cui il S.I. è associabile ai Grandi Misteri.  Guénon però ne parlava senza tener conto dei 4 passaggî fondamentali da essa implicati.  Donde la collocazione conseguente dei Piccoli Misteri all’E.P. anziché all’E.A., secondo logica; visto che interpretava i cicli come sopra, dantescamente, considerando unicamente i punti di partenza e nel contempo d’arrivo delle 3 Vie.  Il simbolismo delle Trinadî, in ogni caso, è piú completo.  Applicando lo schema trinadico alle altre 2 epoche successive, si avrebbe ovviamente uno spostamento in avanti d’1/4 di cerchio annuale alla volta.  Sicché i Piccoli ed i Grandi Misteri culminerebbero, di conseguenza, al S.I. e all’E.P. –  il contrario, cioè, di quanto sostenuto da Guénon – durante il Dvâpara; e all’E.P., nonché al S.E., nel caso invece del Kali.  Codesto è uno schema valido ed appropriato, il quale rende conto di tutti i passaggî simbolici all’interno d’ogni età; e del loro peculiare simbolismo, che ciascuno avrà modo volendo di studiare ed applicare approfonditamente a suo piacere.  Giacché risulta valido in toto non solo per i Misteri Tantrici, ma anche per le Vie Yogiche o per qualsiasi forma di mistero al di fuori dell’India, delineandone subito la collocazione sul piano ciclico.   Pigliando ad es. i Misteri d’Eleusi, dedicati a Demetra, è facile capire perché mai s’impiegassero mantelli bianchi (<E.P.) per celebrare i Misteri Minori e mantelli rossi (<S.E.) per i Maggiori.  Valenze omologhe s’adattano a misteri paralleli, come quelli çaktici indiani.  Probabilmente anche gli eleusini rientravano in una cerchia triplice di misteri simile a quella tantrica, una cerchia ermetica nella quale il Tridente indicava da un lato una via di destra cronio-apollinea, simile allo çivaismo; in mezzo una via di centro eroico-aretina, ossia di tipo marziale, analoga a quella vishnuita; e dall’altro lato una via di sinistra qual era il demetrismo, sula falsariga dello çaktismo.  Bisognerebbe per precisione considerare che, come in India compare uno çivaismo di sinistra ed assai piú raramente uno çaktismo di destra, anche in altre tradizioni deve esser successa la stessa cosa.  Cosí nell’ebraismo distinguonsi una gnosi di destra ed una di sinistra; libertina, diversa dal cabalismo, in cui prevale l’elemento femminile.  L’essenismo, viceversa, può esser considerato una gnosi di  centro.  Anche qui raro appare il 



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cabalismo di destra.  Piuttosto  è da ritenere che esso rappresenti, non meno dello çaktismo di  destra, una via richiamantesi al cd. “Paradiso delle Donne”, che anche il prode Alessandro visita in un antico romanzo sapienziale.  La Cina definiva Wuismo lo shamanesimo primordiale attuato dalle prime shamane – sorta di sacerdotesse ante litteram – nella scomparsa Ecumene Orientale, di cui la sapienza estremo-orientale ed in particolare quella taoista si considera erede.  Quel wuismo o taoismo primevo di certo può essere ascritto simbolicamente a colei che tanto le tradizioni orientali quanto le tradizioni occidentali chiamano la Prima Donna (Parçu, Hawwâh); esso ebbe quale mitico centro di diffusione l’Hawaiki, donde le moderne Hawaii, dopo il ridimensionamento geografico dell’intera ecumene orientale in isole sparse per il Pacifico.  Prima di quel wuismo tardo-paradisiaco è da annoverare esclusivamente l’unica via da cui derivano tutte le altre, la via del Primo Uomo (Manu, Âdâm) alla quale fanno capo tanto il wuismo primevo quanto le 3 vie triyugiche.   Si può aggiungere, a conclusione, che in due sole tradizioni è rimasto qualche barlume di consapevolezza della Via Unica paradisiaca: nell’induismo e nel giudeo-cristianesimo.  Ecco perché ancor oggi l’India e la nostra penisola spiccano in tutto il globo come centri storici  dell’Asia e dell’Europa, facendo di Benares e di Roma i maggiori luoghi spirituali a livello mondiale, rispettivamente in senso esoterico ed exoterico. 

                                                     Giuseppe Acerbi






Note



1)          G.Acerbi, Mrigeshvara. Ricognizioni su un’eccezionale icona del tempio di Pâçupatinâtha in Nepâl- Alle pendici del Monte Meru (10-05-14), p.8.
2)          G.Acerbi, Kali, la dea-scorpione- Alle pendici del Monte Meru,  prosssimamente su questo blog (art.ined. cons. alla Riv. ‘Sphera il 12-12-10).




Illustrazioni
 

1aMahânirvânatantra (copert. della trad.ingl. dal scr. di A.Avallon della P.I d’uno dei maggiori tantra, la II essendo andata perduta).



1b.   Rauravâgama (copert. dell’ediz.franc. a c. di N.R.Bhatt del t.scr. d’uno dei maggiori âgama).






3a.  Moto annuale apparente del Sole lungo l’eclittica come proiezione celeste (dis.cont.).




4a.   Il Triçûla indiano (effigie d’un tempio hindu, Gujrât).

4b.   Triçûlapurusha (  cotone, arte batik, India).

5a.   Il Trikâl, emblema delle 3 Vie Sacrificali (B.Mishra, Ҫivapûjâ, festa tradizionale hindu).

5b.   Idem (arte pop., Ind., 2007).

6.   Il Triódous ellenico in funzione di Axis Mundi, con attorcigliato il Delfino Cornuto (=Caper) munito di Coda Trilobata , a dimostrazione che il cristianesimo intendeva le Tre Vie in senso trinitario (disegno, cripta di catacomba cristiana, Via Ardeatina).

7.   La Trivenî (unione delle Tre Nadî) sull’Aureo Pesce, emblema della Rivelazione primeva (dis. da dipinto, col.Stuart coll.).

8a.   Gangâ Makaravâhinî (bassorilievo, Grotte di Ellora e Aurangabad, Ind., VII sec. d.C.).

8b.   Id. (pitt.pop..cont., Ind.).

9a.  Brahmâ Caturanana e Sarasvatî su Bianco Hamsa (foglio d’album con iscr. telugu, Ind.Mer., c.1830).

9b.  Mahâsarasvatî con veste bianca (affresco, Vajreçvarî M., Sc.Kângrâ).

10.  Il supposto vecchio percorso della prosciugata Sarasvatî (Valdiya, Ind., 1996).

11.  Yamunâ Kûrmavâhinî (bassoril., 64 Yoginî  pîtha, Hirapur, presso Bhubaneçvar, Orissa, Ind.Centr., X-XI sec.d.C.).

12.  El Consultante, con esplicito simbolismo ermetico della Via di Destra, evidenziante Saturno al VII Cielo  (Lama I, Arcani Maggiori, Tarocco esoterico spagnolo).

13.  Simbolismo tantrico della Via di Sinistra, col Sole al VII Cakra (gouache, dett., stile Kângrâ, Himachal P., Ind., XIX sec.).

14Tântrika, col Triçûla (le 3 Vie del Sacrificio) sul capo, in trono al Settimo Cielo: Satyalopka, Vaikunthaloka o Rudraloka (sigillo in steatite, provenienza e datazione ignote).  

15a. Manu, il primo uomo indú, e Parçu, la prima donna (ill.pop.cont., Ind.).

15b. Hawwâh (=Âçêrâh, Tiâmat), la prima donna giudeo-cristiana, tratta da Âdâm (=Yahweh) (L.Maitani, bassoril. in marmo, dett., Cattedrale, Orvieto, XIV sec.).



                                                                      Fonti

1a.  Coll.pers.
1bIbîd.
2.   On line.
3a.   Ibîd.
3bIb.
4aIb.
4bIb.
5aIb.
5bIb.
6.   O.Wirth, I Tarocchi- Mediterranee, Roma 1973, p.179, fig.n.num.
7.   E.Moor, The Hindu Pantheon- Asian Educational Serv., N.Delhi 1981, tav.75.
8a.  On line.
8bIbîd.
9a Ib.
9b Ib.
10.  Ib.
11.  Ib.
12.  Carte del  Tarocco esoterico spagnolo.
13.  P.Rawson, Tantra. The Indian Cult of Ecstasy- Thames and Hudson, Londra 1973, tav..53. 
14.  A.Mookerjee-M.Khanna, The Tantric Way…- Thames & Hudson, Londra 1977, ill. a p.11  (idem), con eff. di saturaz. nostro
15a. On line.
15b. Ibîd.

 



 Fig.1a

 Fig.1b

 Fig.2

Fig.3a

Fig.3b

Fig.4a

Fig.4b

Fig.5a

Fig.5b

  Fig.6

 Fig.7

 Fig.8a

Fig.8b

Fig.9a

Fig.9b

 Fig.10

 Fig.11

Fig.12

 Fig.13

Fig.14


Fig.15a

Fig.15b

1 commento:

  1. Questo art. era già stato pubblicato qualche anno fa, in forma incompleta, nel blog 'Alle pendici del Meru', da cui quest'altro ('Alle pendici del Monte Meru') ha preso le mosse per duplicazione involontaria.

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