ed il culto solare giudaico-cristiano, da Noè a Hebron
a) Il Magnus Annus Platonis
ed il concetto equivalente di ’Olām fra gli Ebrei
Dato che gli Ebrei riducendo d’un decimo la
durata del Manvantara di 64.800 lo
hanno praticamente identificato al Mahāyuga di 6.480 anni, non vi era necessità d’un termine distinto per
differenziare il Grande Eone dall’Eone, per dirla in termini greco-latini. Bastava la parola ’Olām a qualificarli entrambi. Se si aggiunge il fatto che il calendario
lunisolare ebraico non parte dall’esatto inizio dell’ultimo Eone (dopo il
‘Duemila’ il penultimo…) e cioè dal 4.480 a.C., bensí 720 anni dopo ossia dall’inizio del P.V. in Aldebaran (come per altri
popoli d’origine mesopotamica ossequianti fin dall’Alta Antichità la Luna e la
Stella), si spiegano certe tradizioni orali del giudeo-cristianesimo, trasmesse
anche all’islamismo. Ecco perché nell’essenico Libro dei Giubilei, e poi nella tradizione giudeo-cristiana, si è
creduto sino ad epoca moderna (certi musulmani devoti ed illetterati lo credono
ancor oggi) che il mondo avesse solo 6.000 anni! Per la verità l’Essenismo, in certo senso
l’esoterismo del Sadducismo (al modo come il Cabalismo lo è rispetto al
Farisaismo ed il Sethianismo nei confronti dello Gnosticismo), adottava un
calendario solare di tipo noaico, assai piú antico
evidentemente di quello mosaico (P.Sacchi, Storia
del mondo giudaico- S.E.I., Torino 1976, P.I, Cap.IX sgg). Ciononostante, il
punto di vista ciclico farisaico ha prevalso in tutta la storia del
giudeo-cristianesimo, almeno a livello exoterico, sino a condizionare il punto
di vista saddocita stesso. Se il
cristianesimo ha adottato il calendario solare erculeo, trasmesso ai Romani dai
Greci secondo quanto è presupposto nella leggenda della fondazione dell’Urbe (i
12 Avvoltoi di Romolo), è per via della paganizzazione cui è andato soggetto in
tempi constantiniani. Anche se, come
vedremo tra poco, la trasmissione del calendario solare essenico è continuata
per via segreta, nella saga graalica; oltreché implicitamente, tramite gli
emblemi devozionali della fede cattolica e di quella ortodossa, nella storia
sacra della Passione, Morte e Resurrezione dell’Unto.
b) Platone, Noè,
l’Atlantide ed il calendario solare noaico-atlantideo
Se vi è un punto debole
nella cosmologia egizio-platonica dell’Atlantide è il fatto che, strano a dirsi
(sebbene ciò non sia mai stato notato da alcuno, ci pare almeno), non compaia
nella descrizione estremamente incisiva del grande filosofo nessuna figura di
rilievo di quel tempo lontano, per altro verso cosí bene tratteggiato. Manca
insomma una figura del tipo di Noè, benché la Chiesa del Medioevo abbia
identificato i due Diluvi, noaico ed atlantideo. Orbene, il calendario solare duodenario ebraico
è di lontana origine noaica, origine che dal punto di vista ellenico –
precisamente platonico – potremmo dunque definire atlantidea, stando almeno ai
presupposti tramandatici da Platone nel Timeo. A riprova di quanto attestato dalla
tradizione egizia e da quella ebraica, lo stesso calendario solare è stato
rintracciato sinanco nel XX sec., presso i Maya-quiché, dal paletnologo
svizzero R.Girard; vale a dire nell’effigie solare delle 12 Coppe minori ai
lati rettangolari della mitica ‘Tavola’ imbandita, con 3 grandi Coppe al
centro. Infatti la citazione da parte di
Platone di Poseidone come dio oggetto di venerazione nell’Atlantide implica
indirettamente l’esistenza d’un calendario solare del tipo di quello eracleo,
adottato in Grecia in associazione col Triregnum
divino formato da Zeus, Poseidone e Ade.
c) Il Pentateuco, i nomi divini ebraici
e la doppia posizione di Yahveh
nel culto secondo la Genesi
STORIA DEL PENTATEUCO,
versioni precedenti e tradizione orale (vide
A.Soggin, Introduzione all’Antico
Testamento- Paideia
d) Origini noaiche della
Trinità cristiana e dei contrassegni apostolici
Il calendario solare di tipo
essenico-noaico è rispecchiato nella simbologia eucaristico-duodenaria
dell’Ultima Cena, la quale presuppone come sottintesa un superiore simbolismo
trinitario. Per capire quanto appena
postulato, bisogna rammentare che Noè corrisponde in Grecia ad Eracle e in
India a Kṛṣṇa. Della
corrispondenza della figura greca con quella indiana già sapeva l’Antichità (attraverso
la relazione storica di Megasthene), la quale decretava infatti un culto sincretico
agli ultimi due; anche autori moderni come il ten.colonnello James Tod (1782-1835),
ufficiale della British East India Company
ed orientalista, sostennero la tesi dell’affinità fra i due personaggi
delle rispettive tradizioni. Meno
accettabile è invece l’altra che identifica Eracle a Balarāma, il fratello di Kṛṣṇa; giacché questi equivale ad Ificle, non ad Eracle. L’etimo d’altronde ci aiuta, poiché il gr.Heraklēs (lett. 'Foglio di Hera') pare la contrazione del scr.Hari-Kṛṣṇa. Pure a
livello mitologico si riscontrano notevoli somiglianze fra l’inventore greco
dello Zodiaco Solare e quello indiano.
Oltretutto, le due figure hanno entrambe un doppione col medesimo
simbolismo solare. Basta pensare da un lato ai due
Eracle dei quali ci parla Erodoto nelle sue ‘Storie’ e, dall’altro, all’esistenza
in India di un Kṛṣṇa auriga accanto ad uno pastore. La loro verà identità è mal compresa tanto in
Grecia quanto in India, probabilmente per il fatto che uno si è sovrapposto all’altro. Potremmo definire il primo, cioè il pastore, di discendenza atlantica e di
epoca tardo-paleolitica; il secondo, ossia l’auriga, appartiene per contro ad
epoca mesolitica e si ambienta nettamente in terra eurasiatica. In quanto a Noè, il loro legittimo doppione
nella letteratura biblica, si può affermare con certezza che possegga tutti i
requisiti leggendari per appaiarsi ad essi: ha peraltro un fratello,
Melchisedec, che quasi si confonde con lui.
Proprio come Baladeva ed Ificle nei confronti di Eracle e Krishna. Inoltre, Noah
è egualmente signore dell’Arca degli Animali (Zodiacale) ed un corrispettivo piú recente. Dunque constatiamo che
tutte e tre queste figure hanno doppioni nelle rispettive tradizioni tali per
cui ci rimandano da un lato alla Fine del Paleolitico, dall’altra alla Fine del
Mesolitico. Su di essi è intervenuta poi
una confusione ciclica, per interferenza delle due leggende l’una sull’altra,
che li ha unificati in unico personaggio.
e) La Trinità e i Misteri
Graalici
Del resto, la simbologia esoterica
della Tavola Eucaristica è stata trasmessa al Medioevo europeo mediante il Graal;
R. de Boron nel suo ‘Racconto’ (Cap. XI sgg)
fa derivare difatti da essa per mediazione della Tavola del Graal istituita da
Giuseppe d’Arimatea su invito celeste – con accanto il miracoloso Pesce pescato
da Hebron ed alludente a Cristo – quella di Merlino, la cd.’Tavola Rotonda’ del
Castello di Camelot. Nella storia della
Tavola del Graal il posto vuoto non è ancora quello lasciato tale in attesa del
‘Tredicesimo Cavaliere’ in forma di Unto novello, ma piuttosto il seggio
assente del traditore Giuda, il cui ruolo nella saga posteriore sarà ricoperto
da Lancillotto. Che vi sia una relazione
fra le due cose è provato dal fatto che, in seguito al rinnovo della pena (pure
Lancillotto abbandona la compagnia dopo il tradimento con Ginevra), sarà
proprio Galahad (il figlio del prode cavaliere) a riscattare il padre e per
questi l’intera umanità peccatrice.
Nella leggenda graalica sono scomparsi apparentemente i 3 Piatti (a
forma di larghe coppe) centrali piú grandi
presenti nella simbologia amerinda, ma il De Boron associa apertamente la
Tavola del Graal alla Santissima Trinità, defininendoli “quei tre esseri pieni
di grazia che sono una sola cosa”. Non
solo, ma la Coppa del Graal, unica rimasta delle tre precedenti amerinde (e, si
può supporre, atlantidee), viene ingiunto a Giuseppe per bocca del Cristo
medesimo di porla “esattamente al centro” della nuova tavola allestita in
ricordo della Tavola dell’Ultima Cena a casa di Simone. Ecco l’aggancio preciso del cristianesimo
esoterico alla tradizione amerinda: i Maya, infatti, o meglio i loro
discendenti chorti, ponevano secondo R.Girard al centro della loro Tavola
Rettangolare una piatta coppa di maggiori dimensioni rispetto alle altre
due. La Coppa Centrale era attribuita al
Figlio Maggiore, le altre due vicendevolmente al Padre e al Figlio Minore. Inutile aggiungere che il Figlio Maggiore
svolgeva veci consimili a quelle del Cristo ed il Figlio Minore a quelle dello
Spiritio Santo. Addirittura,
quest’ultimo era effigiato talvolta dall’Aquila, talvolta dal Colombo.
f) La Colomba dello Spirito Santo
Vedi nota del R.P.
Nessun commento:
Posta un commento