Le macchine volanti della Preistoria
e il transumanesimo dei cyborg
a) La
tecnologia perduta della Preistoria
Se noi provassimo a riflettere sul tempo
e sullo spazio, ci accorgeremmo che sono dimensioni talmente incomprensibili alla
nostra limitata mente umana da non poterne scorgere i confini né da un lato né
dall’altro: è ciò che si assume, per definizione, come indefinito. Essi non hanno
né un inizio né una fine, si estendono ad
libitum. Perché in realtà sono delle
costruzioni della mente, in sostanza delle illusioni. Eppure su tali nozioni si basa l’intero
nostro mondo, che piglia a criterio gli astri del cosmo visibile per frazionare
spazio e tempo, matematicamente e geometricamente, al fine di regolare le
nostre azioni e i nostri pensieri in un senso o nell’altro. Se il mondo umano è stato caratterizzato fin
dai primordi dall’uso del fuoco e della ruota, le piú elementari tecniche conosciute dagli uomini primitivi, è perché
costoro avevano appreso dal sole la nozione di luce e di calore e dal cielo
quello di movimento circolare. Come
insegna Platone nel Timeo. Probabilmente le prime ruote avevano un
significato solare e rituale, come si deduce dalle raffigurazioni presenti nei
templi antichi dell’Egitto ed in quelli medievali dell’India; dal <disco di Aton> di Amenofi IV, che ricordava
secondo il Donadoni l’Atum della
vecchia Heliopolis, al grande cakra a
8 raggi (gr. kríkos, lat. circus)
effigiato su un parete del tempio solare di Konarak in Orissa (XIII sec. d.C.). Gli oggetti sacri debbono in seguito esser
divenuti strumenti tecnici di sviluppo della vita sociale ed individuale, com’è
logico immaginare. Ma di certo ciò che è
giunto a noi è solo una parte delle vestigia dei culti solari del passato
dell’uomo. Di conseguenza, si può
ipotizzare che insieme a tali vestigia sia scomparsa anche la tecnologia riguardante
la vita sociale di quelle lontane comunità; tecnologia che ogni tanto riaffiora
incomprensibile attraverso determinati scavi, non sempre di natura
archeologica. Vedi ad es. lo strano
oggetto rinvenuto in Romania e risalente al Pleistocene, oggetto che sorprendentemente
si è rivelato esser composto da una lega sconosciuta di metalli, principalmente
di alluminio allo stato puro (1). Cfr. Link U. Tanto che potrebbe benissimo stare in un museo
della
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scienza piú che non in un normale museo archeologico. Altre leghe di metalli ignote sono state tramandate in antichi testi, ad es. in India, e sono state realizzate secondo le vecchie prescrizioni scientifiche da scienziati odierni che ne hanno chiesto il brevetto. Cfr. in proposito il Link A. Per non parlare di ulteriori incredibili prodotti tecnici trovati in altre parti del globo, dall'Egitto alla Grecia, sino all'Europa romanizzata. Cfr. Link T.
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scienza piú che non in un normale museo archeologico. Altre leghe di metalli ignote sono state tramandate in antichi testi, ad es. in India, e sono state realizzate secondo le vecchie prescrizioni scientifiche da scienziati odierni che ne hanno chiesto il brevetto. Cfr. in proposito il Link A. Per non parlare di ulteriori incredibili prodotti tecnici trovati in altre parti del globo, dall'Egitto alla Grecia, sino all'Europa romanizzata. Cfr. Link T.
Occorre rammentare che la perdita di
dati tecnici nel tempo e nello spazio ha
molte cause, dalle guerre ai cataclismi, oltre al naturale oblio. Platone narra, per via egizia, che l’Oceano
Atlantico era solcato da navi già molto millenni prima della Grecia del suo
tempo, la Grecia classica. Ma le carte
nautiche in dotazione agli Egizi sono andate perdute coll’incendio doloso della
Biblioteca di Alessandria, da cui tuttavia talune come la mappa del Piri Reis si salvarono, poiché
evidentemente furono sottratte in tempo.
Bisogna aggiungere che parecchie scoperte ed invenzioni moderne, a
giudizio del professore harvardiano di Storia
Oceanica ed Affari John Parry (2), piú che delle vere scoperte furono esattamente delle
riscoperte e delle reinvenzioni di ciò che già l’Antichità conosceva.
Si tenga conto pure che prima
dell’introduzione dell’aritmetica, operata da Leonardo da Pisa agl’inizi del
XIII sec. (3), non essendo ancora note le cifre nella forma indiana era impensabile
uno sviluppo degli studi scientifici e tecnici in loro assenza ossia sulla base
dei soli numeri romani. Mentre altrove,
essendo note tali cifre, le cose possono essere andate diversamente che da noi.
b)
I Vimāna, le macchine belliche
dell’epica indiana
Il primo approccio all'argomento delle
macchine volanti lo facemmo 4 anni fa, tramite Voyager (cfr.Link B); la bella
trasmissione aprí il nostro interesse
verso una possibile interpretazione letterale di certe citazioni dei testi
sacri hindu, che ai tempi della nostra laurea indologica intendevamo in senso
esclusivamente simbolico, andando peraltro contro i nostri stessi
principi. Dato che la base del
simbolismo indiano, come di altre forme di simbolismo, non è mai l’astrusità;
ma semmai un complesso ordinato di livelli interpretativi, soggiacenti l’uno
all’altro come gli strati della cipolla.
Genericamente si può parlare di 4 livelli principali, ma vi sono anche
dei sottolivelli inerenti a ciascuno di essi. In seguito, c'interessammo
del Vaimānika Śāstra (lett.
‘Trattato sul Volo umano’, ossia di Scienza Aeronautica), andandoci a
leggere una traduzione del testo che trovammo ben presto on line. E, impressionati
negativamente dal linguaggio tecnico del
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trattato, il quale mescolava i nomi esotici della mitologia indiana con banali costruzioni tecnologiche (si fa per dire…) ci pareva una commistione di concetti tanto eterogenei da scandalizzarci nel senso d’una profanazione del linguaggio sacro. Nel contempo però, leggendo di una propulsione simile a quella elettrica ovvero di ascese con motori a vortice di mercurio, ci rendemmo conto dopo un po’ che non poteva trattarsi d’una mistificazione apposita creata nel primo ventennio del XX sec. Il trattato, compilato fra il 1918 e il ‘23, è stato difatti stilato in sanscrito da un discepolo dell'illetterato Pandit Subbaraya Shastry (1866–1940), cui sarebbe stato trasmesso oralmente attraverso generazioni varie – o se preferiamo la formula magica, in stato di trance ispirativa – dal Ṛṣi Bharadvāja. Soltanto nel 1973 è uscita la pubblicazone della traduzione in inglese con testo a fronte sanscrito, benché già nel 1959 se ne sia avuta una traduzione in hindi. Si tramanda inoltre che il Vaimānika Śāstra sia solo la quarantesima porzione d’un testo assai maggiore, lo Yantra Sarvasa (‘Tutto sulla Macchina'), ideato dal suddetto ṛṣi per il "beneficio di tutta l'umanità" (4). Non stupisce tuttavia che l’Istituto Indiano di Scienza di Bangalore, dopo aver condotto uno studio particolaregiato sul contenuto del trattato, ne abbia dedotto che si tratti di miscellanea di scarso valore scientifico; coll’aggiunta, del tutto incoerente, che l’unica cosa ad aver senso pratico era il Rukma Vimāna (5). Forse tuttavia era l’unico antico velivolo che gli ingegneri meccanici ed aeronautici contemporanei, i quali avevano analizzato il libro nel 1974, erano riusciti a comprendere bene. Occorre aggiungere, per inciso, che tal atteggiamento denigratorio nei confronti delle cose del passato dell'India è cominciato nei secoli scorsi; allorché si pensava che tutti i miti e le leggende di quella terra fossero frutto di fantasie senza alcun alcun senso ed altrettanto si riteneva riguardo le scienze positive, persino la medicina, presso la quale (vedi Ayurveda) non erano esclusi i trattamenti alchemici nella cura delle malattie (6). Ma si trattava, in genere, di ottusa incomprensione da parte contemporanea. Sia da parte dell'Occidente, sia da parte di autoctoni occidentalizzati. Che il motore a vortice di mercurio funzioni basta vedere i semplici esperimenti che vengono fatti oggi. Applicando un campo elettrico a una vaschetta contenente mercurio, disposta su un campo magnetico, ecco che il mercurio comincia a roteare in senso destrogiro, o levogiro se s'inverte il campo.
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trattato, il quale mescolava i nomi esotici della mitologia indiana con banali costruzioni tecnologiche (si fa per dire…) ci pareva una commistione di concetti tanto eterogenei da scandalizzarci nel senso d’una profanazione del linguaggio sacro. Nel contempo però, leggendo di una propulsione simile a quella elettrica ovvero di ascese con motori a vortice di mercurio, ci rendemmo conto dopo un po’ che non poteva trattarsi d’una mistificazione apposita creata nel primo ventennio del XX sec. Il trattato, compilato fra il 1918 e il ‘23, è stato difatti stilato in sanscrito da un discepolo dell'illetterato Pandit Subbaraya Shastry (1866–1940), cui sarebbe stato trasmesso oralmente attraverso generazioni varie – o se preferiamo la formula magica, in stato di trance ispirativa – dal Ṛṣi Bharadvāja. Soltanto nel 1973 è uscita la pubblicazone della traduzione in inglese con testo a fronte sanscrito, benché già nel 1959 se ne sia avuta una traduzione in hindi. Si tramanda inoltre che il Vaimānika Śāstra sia solo la quarantesima porzione d’un testo assai maggiore, lo Yantra Sarvasa (‘Tutto sulla Macchina'), ideato dal suddetto ṛṣi per il "beneficio di tutta l'umanità" (4). Non stupisce tuttavia che l’Istituto Indiano di Scienza di Bangalore, dopo aver condotto uno studio particolaregiato sul contenuto del trattato, ne abbia dedotto che si tratti di miscellanea di scarso valore scientifico; coll’aggiunta, del tutto incoerente, che l’unica cosa ad aver senso pratico era il Rukma Vimāna (5). Forse tuttavia era l’unico antico velivolo che gli ingegneri meccanici ed aeronautici contemporanei, i quali avevano analizzato il libro nel 1974, erano riusciti a comprendere bene. Occorre aggiungere, per inciso, che tal atteggiamento denigratorio nei confronti delle cose del passato dell'India è cominciato nei secoli scorsi; allorché si pensava che tutti i miti e le leggende di quella terra fossero frutto di fantasie senza alcun alcun senso ed altrettanto si riteneva riguardo le scienze positive, persino la medicina, presso la quale (vedi Ayurveda) non erano esclusi i trattamenti alchemici nella cura delle malattie (6). Ma si trattava, in genere, di ottusa incomprensione da parte contemporanea. Sia da parte dell'Occidente, sia da parte di autoctoni occidentalizzati. Che il motore a vortice di mercurio funzioni basta vedere i semplici esperimenti che vengono fatti oggi. Applicando un campo elettrico a una vaschetta contenente mercurio, disposta su un campo magnetico, ecco che il mercurio comincia a roteare in senso destrogiro, o levogiro se s'inverte il campo.
La
spiegazione scientifica offerta a margine del video è la seguente: "
In this experiment it's noted that one half of an aluminum anodized copper
globe is connected to an electrical wire in
a DC current pole. At the center of the container there is an electrically isolated brass bolt from the container and connected to another pole of the DC current. At the base of the wooden support there is a large loudspeaker magnet that generates a magnetic attraction. Inside the container liquid mercury is poured in a weight of just over 1 Kg. When current flows through the two conductors, it generates a strong magnetic field that supports the system. This favorable condition rotates the liquid mercury as it's an electric conductive metal. This experiment is known as the ‘Lorentz Force’. The operating voltage is 2V DC, 42-43 Amps, controlled by a DC inverter. The system doesn't work in alternating current!”
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a DC current pole. At the center of the container there is an electrically isolated brass bolt from the container and connected to another pole of the DC current. At the base of the wooden support there is a large loudspeaker magnet that generates a magnetic attraction. Inside the container liquid mercury is poured in a weight of just over 1 Kg. When current flows through the two conductors, it generates a strong magnetic field that supports the system. This favorable condition rotates the liquid mercury as it's an electric conductive metal. This experiment is known as the ‘Lorentz Force’. The operating voltage is 2V DC, 42-43 Amps, controlled by a DC inverter. The system doesn't work in alternating current!”
Ecco un secondo
esperimento, connesso al precedente, che prova direttamente come un disco od
altro meccanismo di forma maggiormente complessa possa librarsi in aria
per levitazione dovuta a cause magnetiche, attraverso la repulsione o meno.
c) Rāvaṇa e l’Atlantide Meridionale:
dall’America all’India
dall’America all’India
Orbene, gli studiosi odierni sulla scia
del Davenport si sono accorti che la
città vallinda di Mohejo Daro (lett. ‘Città dei Morti’) ha subito una distruzione violenta, dovuta probabilmente ad un'esplosione improvvisa. Infatti le condizioni archeologiche nelle quali trovavasi al momento degli scavi del Marshall
(1921), allora direttore responsabile dell’Archeological
Survey of India, erano subito apparse spettrali. Nel senso che la città appariva quasi
deserta. Solo una quarantina di scheletri è stata rinvenuta. Niente tombe, niente sarcofagi. L’ipotesi che essa fosse caduta sotto
l’invasione degli Ārya, benché sostenuta da alcuni
pan-indoeuropeisti, non reggeva. Anche
perché le ossa risultavano calcinate, come se avessero subito una violenta
eruzione. Ma, non essendovi vulcani
nella zona, era chiaro che doveva trattarsi di altro. Le ipotesi attuali sono due: 1) o vi è stata
un’esplosione di tipo atomico (cfr. Link
O), ma sarebbe problematico spiegare come potessero gli antichi conoscere la
fisica atomica e la radioattività; 2) oppure, secondo quanto suggeriscono
Hancock et al. (cfr. App.4), gli antichi possedevano una
tecnologia diversa dalla nostra attuale poi andata perduta ma con effetti
similari. Qui non intendiamo
semplicemente fare i pappagalli altrui, però avendo una conoscenza dei cicli
umani a livello cosmografico approfondita, proveremo
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ad impostare una
ricerca sull’origine di tale pressoché ignota tecnologia. Sarà chiaro fin dall’inizio che, se questa
tecnologia bellica è esistita come sembra dai suoi oltremodo deleteri effetti,
non poteva che essere legata ad una primitiva aeronautica quale pare delinearsi
dall’esistenza dei vimana. Ciò è un
punto fermo, che abbiamo l’impressione sia stato accettato da tutti, non essendoci
alternative. La tradizione indiana
afferma che la creazione di siffatti
velivoli sia da ricondurre a Rāvaṇa,
il che è ovviamente da intendere al Ciclo di Ravana, corrispondente al VII
Ciclo Avatarico. Purtroppo né gli indú né
gli orientalisti occidentali od altri studiosi di diverso genere sembrano in grado
di capire a quale periodo umano possa risalire veramente quest’attribuzione, vuoi per un verso vuoi
per un altro. Gl’indú
contemporanei per il fatto che è loro sfuggita ormai la reale comprensione di
tali cicli umani, tant’è che li hanno trasformati in periodi dell’India
preistorica o protostorica; ma i 10 Cicli non costituivano una codificazione
temporale esclusiva dell’India, essi erano noti anche agl’Iranici, ai Sumeri,
ai Greci, ai Romani o ai Celti. Onde non
si può pensare che questi popoli venerassero la storia indiana. Si ha a che fare dunque con effettive
scansioni del nostro passato, tramandate in sede tradizionale, sebbene sia
chiaro che la nozione di ciò che è avvenuto realmente durante codesti periodi
umani sia stata obliterata. La
conoscenza al riguardo, difatti, viene affidata a dei simboli assai ardui da
decifrare. Diciamo subito che il
personaggio di Ravana equivale nella
mitologia greca a Tifone e in quella egizia a Set, come insegna Plutarco. Ravana fungeva da capo dei Rākṣasa, il rapitore di Sītā; paredra di Rāma, su cui è
stato costruito un intero poema, il Rāmāyaṇa. Naturalmente in India la sede regale di
Ravana è Ceylon, ma questo non significa che fosse la sua vera sede
originaria. A nostro parere non è che
una trasposizione geografica sul suolo indiano storico d’una sede non-indiana.
Del resto in un tempo remoto è tramandato nei Purāṇa che il
Deccan si spingesse molto oltre il Kerala, lungo la dorsale oceanica, avendo Varuṇa
(il Cielo) o Agastya (Canopo) <bevuto>
l’oceano. Per capire l’ambiente in cui i
Vimāna
sono stati creati, occorre sapere chi fossero i Rākṣasa. Ebbene, costoro erano dei titani appartenenti
alla Razza Rossa, ovvero delle genti pigmoidi di tipo negritos ibridatesi
dapprima nell’area dell’Oceano Indiano coll’altro ceppo della Razza Nera (paleonigritici
gigantici) durante il Ciclo di Paraśurāma; e,
successivamente, in area sud-amerinda (o meglio, atlantideo-meridionale) con un
ceppo di bianchi gigantici asiatico-settentrionali di tipo turanico. Non degli esponenti della Razza Gialla, come
pretenderebbe erroneamente certa antroplogia.
Insomma, è chiaro che la vicenda dello scontro fra Ravana e Rama, avente
per pretesto il rapimento di Sita, deve essersi svolto per forza di cose
nell’Atlantide Meridionale. Per un
motivo molto semplice. Giacché, come
insegna
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la cosmografia puranica stessa, ogni ciclo avatarico corrisponde ad un
determinato dvīpa (‘ecumene’) ed VII Dvīpa è appunto quello del
Sud-ovest. Quindi il VII Avatāra deve aver svolto la sua azione avatarica, necessariamente, in codesta ecumene.
Dell’Atlantide
sappiamo solamente quel che ci racconta Platone, o poco altro; ma qui non è l’Atlantide
platonica che è tirata in ballo, a nostro giudizio non troppo diversa da quella
andino-caraibica supposta dall’ing. Allen.
È pressappoco l’Atlantide Meridionale di Hapgood, coincidente in
gran parte – è probaile – coll’Amerindia del Sud preistorica; Antartide
Anteriore a parte, forse il ponte di terra attraverso cui delle genti proto-austronesine
si sono spostate dall’Oceano Indiano all’Atlantico. Anche se ciò non è ancora attestato a livello
antropologico-culturale. Vi è tuttavia
un mito ebraico che lo attesta: è quello
dell’incontro-scontro fra Sethiti e Cainiti, i primi essendo alti ed
angelici, tanto da esser chiamati i ‘Figli di El’, e i secondi bassi e corrotti
orgiasticamente. Simile è la differenza
fra Ramaiti (i Lamekiti della Genesi) e Rakshasa. Le ulteriori differenze
potrebbero dipendere unicamente dalla presenza di discendenti di Parashu fra
questi ultimi, poiché vi sono 2 tipi di Ramaiti (cosí come di Lamekiti), dato
che i Lamek biblici sono 2 al pari
dei Rāma puranici; e come già ipotizzato, gli austronesiani dell’Oceano
Indiano debbono essersi ibridati dapprima con un tipo e poi coll’altro di
Ramaiti (o Lamekiti che dir si voglia).
Sta di fatto che la Gigantomachia greca
vede schierati da un lato i Giganti, capeggiati da Tifone, e dall’altro gli
Dei. Ma chi sono questi ‘Dei’ se non i ‘Figli
di Dio’ della Genesi, insomma i
Sethiti, dato che vi è perfetta corrispondenza fra generazioni divine e
generazioni umane tradizionalmente parlando. Bisogna tener conto che, sebbene caratterizzati da tendenze orgiastiche, i
Cainiti avevano una tecnologia maggiormente sviluppata degli altri. Non per niente erano dediti ad un’orticoltura
primitiva. Come abbiano potuto
sviluppare sul suolo atlantideo armi potentissime, dopo le varie ibridazioni, è
senza dubbio un mistero; seppure mitigato in parte da certi strani ritrovamenti
nell’America del Sud quali le cd. ‘Pietre di Ica’, presso le quali (una volta
accertato che non siano dei falsi e non tutte lo sono) si assiste a degli
sconcertanti accostamenti fra immagini preistoriche ed altre di assai diversa
natura, non escluse quelle tecnologiche.
D’altronde, benché questo si situi nel secondo ciclo atlantideo, non
finisce male l’Atlantide secondo Platone perché gli Atlantidei avevano osato troppo
in materia di alta magia (leggi alta tecnologia, visto che l’arte dei fabbri
anticamente era strettamente apparentata alle arti magiche)?
Fra Asia ed
America vi è stato uno sviluppo cultuale quasi parallelo fino ad un certo
punto, anzi quello amerindo deve essere stato addirittura superiore
tecnologicamente. Perciò è chiaro che, se è vero che i vimana sono stati realizzati dai fabbri atlantidei, dopo il Diluvio che ha distrutto l’Atlantide e le consueguenti emigrazioni dei popoli sopravvissuti e rimasti senza patria verso l’Eurasia quella data tecnologia non può che essersi trasmessa anche ivi. A differenza delle genti semitiche, che sicuramente si riallacciano al secondo ciclo atlantideo (il Ciclo Noaico o Krishnaita-pastorale), quelle sumero-dravidiche ed egizio-cretesi, essendo d’origine camitica, sono dirette eredi delle popolazioni dell’Amerca Meridionale. Per questo è da loro che proviene fondamentaalmente la civiltà post-neolitica, la quale ha influenzato tutte le altre. Una civiltà molto elevata, secondo quanto evidenzia l’architettura loro propria, che non a caso ritoviamo quasi identica nell’America Precolombiana. Ragion per cui non vi sarebbe da stupirsi se determinate tecniche siano state trasmesse alle nuove regioni abitate dopo il Diluvio Atlantideo. Probabilmente Creta medesima, in tempi antecedenti al Diluvio Deucalionico di cui si vocifera anche nei testi indiani e sumeri oltreché in quelli greci, era molto maggiore in ampiezza come isola e si dice che i Telchini ossia gli antichi sacerdoti che l’abitavano avessero sviluppato notevoli tecniche indi cadute nell’oblio. In un quadro di fiorenti civiltà non è impossibile che le maggiori fra di esse avessero conservato speciali nozioni tecniche, collegate al passato di cui s’è congetturato, tali da produrre sofisticati congegni terrestri, marini ed aerei con armi potenzialmente distruttive. Il che spiegherebbe in breve tutte le stranezze archeologiche di Mohenjo Daro, confermate sia dall’epica mahabharatiana sia dalle storie narrate dai locali a proposito di signori dell’aria – trasformati in celesti – che lanciavano dall’alto spaventose saette mortifere.
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tecnologicamente. Perciò è chiaro che, se è vero che i vimana sono stati realizzati dai fabbri atlantidei, dopo il Diluvio che ha distrutto l’Atlantide e le consueguenti emigrazioni dei popoli sopravvissuti e rimasti senza patria verso l’Eurasia quella data tecnologia non può che essersi trasmessa anche ivi. A differenza delle genti semitiche, che sicuramente si riallacciano al secondo ciclo atlantideo (il Ciclo Noaico o Krishnaita-pastorale), quelle sumero-dravidiche ed egizio-cretesi, essendo d’origine camitica, sono dirette eredi delle popolazioni dell’Amerca Meridionale. Per questo è da loro che proviene fondamentaalmente la civiltà post-neolitica, la quale ha influenzato tutte le altre. Una civiltà molto elevata, secondo quanto evidenzia l’architettura loro propria, che non a caso ritoviamo quasi identica nell’America Precolombiana. Ragion per cui non vi sarebbe da stupirsi se determinate tecniche siano state trasmesse alle nuove regioni abitate dopo il Diluvio Atlantideo. Probabilmente Creta medesima, in tempi antecedenti al Diluvio Deucalionico di cui si vocifera anche nei testi indiani e sumeri oltreché in quelli greci, era molto maggiore in ampiezza come isola e si dice che i Telchini ossia gli antichi sacerdoti che l’abitavano avessero sviluppato notevoli tecniche indi cadute nell’oblio. In un quadro di fiorenti civiltà non è impossibile che le maggiori fra di esse avessero conservato speciali nozioni tecniche, collegate al passato di cui s’è congetturato, tali da produrre sofisticati congegni terrestri, marini ed aerei con armi potenzialmente distruttive. Il che spiegherebbe in breve tutte le stranezze archeologiche di Mohenjo Daro, confermate sia dall’epica mahabharatiana sia dalle storie narrate dai locali a proposito di signori dell’aria – trasformati in celesti – che lanciavano dall’alto spaventose saette mortifere.
In quanto
poi alle somiglianze ineludibili fra gli ideogrammi dell’antica Valle dell’Indo
e quelli dell’Isola di Pasqua si può arguire che esse derivino da una lingua
ancestrale comune, la lingua atlantidea.
Sembra suggerirlo anche Hancock attraverso un’intervista passata su Voyager, magari riciclata da altre trasmissioni, sebbene per timore forse di apparire poco scientifico non ne abbia fatto diretta
menzione e si sia espresso nei termini vaghi “d’una civiltà antecedente.” Circa i Paleodravidi abbiamo già tratteggiato
grosso modo la loro provenienza, mentre gli abitanti della testé citata isola è probabile siano
dei rifugiati dell’Atlantide in direzione opposta a quella atlantica. Non troviamo altra spiegazione ed una
spiegazione è sempre meglio che nessuna… Immaginare un contatto dalla zona occidentale del Pacifico è
quasi impossibile, troppa è la distanza.
d) I teorici dei <paleo-contatti> ed il transumanesimo
odierno
Non c’è bisogno, a nostro parere, di teorizzare dei paleo-contatti con astronauti extra-terrestri e un conseguente mondo di ufo ignorato od interpretato religiosamente,
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per quanto tale istanza – abbiamo visto – si sia effettivamente
originata a livello popolare (ad es. in
India). Qualcuno – cfr. App.-1 per la
serie The Mysteries of Origins,
inoltre Corrado Malanga nel Link C ed ancora un ulteriore
servizio al Link O – al contrario li postula. Considerate le cose che oggi sappiamo,
bisogna riconoscere che questa tesi non è cosí
peregrina come si potrebbe immaginare di primo acchito, ma personalmente siamo
di altro avviso. Pur con rispetto,
rigettiamo tale tesi sul piano razionale.
Come si spiegano allora gli ‘Scudi Volanti’ dei Romani? Non sapremmo rispondere. Forse con dei residui di quell’alta tecnologia
di cui abbiamo parlato, ma rimane problematico a chi attribuirla. Agl’indiani?
Chissà! Personalmente
divideremmo la teoria degli Antichi Astronauti, che come abbiamo visto è plausibile
in base ai documenti a nostra disposizione, da quella dei Paleo-contatti, che al
contrario ci pare fantasiosa ed inverosimile.
È a quest’ultima, però, che è legato il
fenomeno d’attualità definito transumanesimo.
Che cosa sia questo fenomeno è presto detto.
Per spiegarlo ci appoggeremo ad un bel documentario presentato lo scorso
anno a ‘Sky’ ed intitolato La rivolta dei
robot, per la serie ‘Enigmi alieni’.
Sono stati progettati dai giapponesi robot con numerosi micropropulsori (50 anziché i soliti 10), capaci di ricreare le espressioni facciali a riposo. Un sistema, insomma, adatto a generare il movimento delle labbra. Il sistema si chiama Geminoid. Degli studiosi texani dal canto loro hanno prodotto Dreamer, su ruote, ma si sta studiando l’equivalente su gambe. Combinando Dreamer e Geminoid secondo gli scienziati si potrebbero creare robot indistinguibili rispetto agli esseri umani, con capacità di riflettere sul passato o su sé stessi. Fin qui niente di male, si tratterebbe solamente di un alto prodotto tecnologico, ma la pretesa che questi esseri inanimati debbano esser considerati su un piano umano è davvero luciferina. Poiché è evidente che le funzioni cerebrali non sono il prodotto d’un meccanismo elettromagnetico quale è il nostro corpo, ma semplicemente il riflesso d’una intelligenza ed una razionalità di natura extra-corporale. Vale a dire, la prima si situa in realtà sul piano intellettivo, o spirituale che dir si voglia; e la seconda, ovviamente, sul piano psichico. Entrambi questi piani superano la corporalità, giacché gli organi dei sensi non sono che dei ricevitori ossia degli strumenti attraverso cui udiamo, odoriamo, vediamo, gustiamo e tocchiamo. Ma non sono essi che compiono tali azioni. L’impulso parte dal cervello e a loro volta i sensi trasmettono ad esso le loro percezioni. Che cos’è il cervello, del resto, se non
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un trasmettitore d’impulsi in
entrata e in uscita? Ma la fonte
primaria di codesti impulsi è in un atto intellettivo, un atto cioè non
appartenente al mondo fisico. La mente,
come uno specchio, riiflette passivamente sul cervello l’atto e in tale operare
entriamo già nel ondo fisico. Sia pure a
livello sottile ed invisibile. Il
cervello, viceversa, trasforma in impulsi elettromagnetici le informazioni
mediate dalla psiche, conducendo all’azione sensoriale, che sta alla base del
nostro orientamento corporeo. Su cui
s’innestano tutte le altre azioni, quali espressioni della varietà della nostra
immaginazione mentale. Ma l’impulso
primario, occorre precisare, viene sempre dall’intelletto. Ora, siccome un robot non è dotato né di mente
né d’intelletto, come si può pretendere di parificarlo ad un essere umano? È chiaramente un traguardo impossibile da
raggiungere, come la pretesa di creare la vita in laboratorio mediante una
cellula. Al massimo si può clonare una
cellula, o un individuo, giammai crearli ex
nihilo come fa la Divinità. Sarebbe
un progetto satanico, in altre parole illusorio ed impossibile. Giacché Satana è il grande mistificatore, il
Signore delle Illusioni o, se vogliamo usare una terminologia maggiormente
dotta, il grande Illusionista Cosmico.
Shiva, sotto forma di Kala (Crono), incarna benissimo questo ruolo in
India. La presunzione frankensteiniana è
di creare robot piú intelligenti
dell’uomo, ma se per intelligenza intendiamo la capacità di calcolo
basterebbero una calcolatrice od un elaboratore elettronico per superarci. Ovvero, le cd. ‘intelligenze
artificiali’. Chiaramente delle macchine
ultraperfette avrebbero capacità di sintesi superiori a quelle dell’essere
umano, ma l’intelligenza è un’altra cosa.
L’idea che l’opera creata possa superare il creatore di per sé è
assurda, poiché – come direbbe René Guénon – matematicamente il piú non può venir dal meno. Un allievo può superare il maestro in
qualsiasi campo, è vero, se ci sono in lui attitudini tali da poter sviluppare
gl’insegnamenti fin dove non è arrivato il maestro stesso; ma in questo caso la
cosa va in porto per il fatto che il pupillo usufruisce d’una predisposizione
innata, che non dipende da maestro, bensí
da lui medesimo.
In quanto ad altro nel pur gradevole documentario, ad es. la pretesa dei
sostenitori dei Paleo-contatti che ciò (il superamento degli esseri umani da
pare dei robot) sia già avvenuto oppure da parte dei teorici dell’esistenza d’una
Antica Astronautica che Osiride fosse un robot (in altre parole una macchina
smembrabile e ricomponibile) lascia il tempo che trova. Si tratta di amenità senza costrutto, che è
inutile commentare. Interessante, per
contro, è il riferimento alla Colonna di Djed quale energia o al Colosso di
Rodi. L’esistenza di dispositivi
meccanici nell’alta antichità è un’idea valida.
Basta pensare al gigante Talo, la cui costruzione veniva attribuita ad Efesto,
il signore dei fabbri. Talo costituiva
una sorta di macchina gigante, capace di far da guardia all’isola di Creta. Si cita un
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passo di Pindaro, che nel V sec. a.C.
parlava di statue capaci di prender vita, discese dagli Dei. Ovviamente, però, la cosa va presa cum grano salis. Anche gli Ebrei nel loro
folclore hanno concepito un ibrido umano realizzato con creta o fango quale il
Golem, mentre gli antichi cinesi parlavano di esseri umanoidi già 3000 anni
prima dell’E.V. e gl’indiani
riferivano di spiriti meccanizzati fin dal V sec. a.C. Molto importante per la scienza attuale è la
capacità della Nasa di manovrare robot ad una distanza considerevole, quale può
essere quella dalla Terra d’un pianeta del sistema solare. Le prospettive di colonizzazione in tal senso
rientrano in un futurismo che non vogliamo qui discutere. Esse appaiono allettanti, in fondo non è che
una continuazione del tema itinerario in sede siderea, al modo come nei secoli
passati si sono aperti nuovi orizzonti coi viaggi alla scoperta dl globo. L’unico rammarico è che questi viaggi
costituiscono la profanazione dei veri viaggi dell’Antichità, alla ricerca del
Paradiso Perduto.
Il transumanesimo è in sostanza la pretesa di trasformare gli uomini in cyborg, vale a dire in esseri dotati di parti meccaniche,
sostituibili ad libitum. Già in campo medico esistono protesi
sostitutive di determinati organi malati o chirurgicamente espiantati. Si arriverà, dunque, ad un espianto totale un
giorno? Abbiamo già spiegato che
l’impresa è praticamente impossibile, poiché un robot anche perfezionatissimo
non diverrà mai un essere umano; rimarrà sempre quel che è, un robot. Aggiungiamo, inoltre, che persino siffatta
pretesa rispecchia il tentativo subumano e pertanto mefistofelico di
raggiungere una perpetuità fittizia, la quale rappresenta l’unico bene rimasto
a chi ha abbandonato il sogno iniziatico dell’immortalità. Non meno dell’altra istanza, di cui sopra. Ovvero la pretesa di raggiungee tramite spettacolari viaggi nello spazio dei
paradisi che non sono paradisi, ma aride distese di morte, quali il suolo degli
altri pianeti. Chi vivrà vedrà.
Note
(1) L’alluminio,
un metallo assai resistente all’ossidazione, non si trova in questo stato in
natura. Deve essere ricavato da minerali
di bauxite ed estratto ad alta temperatura, fra i 500° e i 650° .
Fatto che non era noto, almeno ufficialmente, prima del XIX sec.
(2) J.H.
Parry, Le grandi scoperte geografiche- Il Saggiatore, Milano 1963
(ed.or. The Age of Reconnaissance: Discovery, Exploration and Settlement, 1450-1650-
Un.Cal.P., L.Angeles 1982, I ed. Londra 1962), passim.
(3)
Parry, op.cit.,
Intr., p.12.
(4)
Cfr.
Wikipedia, l’enciclopedia libera, on line,
s.v.VAIMANIKA SHASTRA.
(5)
Ibid.
(6)
F.Giampà (a n.c.), Aum… Effetti positivi
della meditazione spirituale sui Tre Dosha, fattori-base dell’Ayurveda- Nel nido del Simorgh (blog, 1-8-15), Cap.Sec.,
§b, p.12.
Illustrazioni
1.
Ruota
Solare, Sūrya Mandir, Konark, Orissa, XIII sec. d.C.
Fonti
1. Wikimedia Commons.
Fig.1
Video:
A) Il
primo video mostra varie ricerche condotte nell'India odierna, basate su
efficaci insegnamenti di antichi testi.
B) Il secondo video riguarda un documento trasmesso su Rai 2 dalla rubrica VOYAGER nel 2014.
C) Il terzo video è dedicato ad una conferenza tenuta dal prof. Corrado Malanga (un chimico, venuto quindi dalla scienza ufficiale e che poi l'ha abbandonata), a Cesena, nel 24-01-2008. Pubblicato nel 2015.
D) (a c. di Rai-2, Voyager) Il quarto video ipotizza che Mojendo Daro abbia subito una distruzione atomica mediante una tecnologia del passato a noi ignota. Si osservano nella 'Città dei Morti' una
quarantina di scheletri dalle ossa calcinate, ma nessun altro resto della
numerosa popolazione che deve averla abitata. Nè tombe, né sarcofagi,
pare tutta evaporata. Gli scheletri ritrovati non presentano ferite da
armi, ma rivelano una morte improvvisa. Pietre annerite tutt'attorno
all'epicentro dell'<esplosione>. Gli studi di Davenport, interrotti alla sua morte negli Anni '80.
E) Il quinto video tratta della scoperta d'un Vimāna in Afghanistan.
F) L'ipotesi è che la tecnologia indiana antica del motore a vortice di mercurio sia stata riciclata fin dagli Anni '50, in segreto, dagli statunitensi (che l'hanno ereditata dai nazisti):
G) Questa tecnica svilupperebbe l'antigravità, che è l'unico mezzo per creare degli oggetti i quali volano liberamente nello spazio (dischi volanti, ufo di forme varie):
https://www.youtube.com/watch?v=TVG-DcbrhQ4
H) Ecco come lavora tale motore:
I) Una sconvolgente verità: questo signore afferma che prima che gli aerei fossero inventati un indiano volò sui cieli indiani alla fine dell'Ottocento. L'Impero Britannico spaventato fece in modo da sopprimere quella tecnologia, sebbene probabilmente se ne sia appropriato, ma è difficile trovare collegament ufficiali. Il primo volo motorizzato dell'aeronautica civile è considerato quello del Wright Flyer. I Wright eran due fratelli americani con un laboratorio per biciclette. Prima c'erano state esclusivamente le mongolfiere ed un tentativo tedesco, finito in tragedia, di creare il prototipo dell'aliante.
L) Nicola Tesla, il maggior genio del XX sec. in fatto d'ingegneria, inventò praticamente i dischi volanti; ma prima se ne servirono i nazisti per i loro scopi, poi furono i Servizi Segreti americani ad impadronirsi di tutti i suoi studi in materia (video in spagnolo):
https://www.youtube.com/watch?v=Aujg2_E1cNw
M) Stesso argomento, con video in inglese (sottotitolato):
N) L'ufo odierno è probabilmente basato su una commistione fra gli studi indiani antichi e quelli contemporanei di Tesla, entrambi scopritori d'una tecnologia antigravitazionale:
O) Questo video fa riferimento, invece, alla conoscenza dell'atomo e della radioattività nonché alle guerre atomiche dell'Antichità fra forze <celesti>:
P) Altra conferenza, a cura del Baccarini:
Q) Un documentario fondamentale:
S) I Nephilim in un documentario Voyager:
https://www.youtube.com/watch?v=jsYsPW50bu0
T) Altra tecnologia antica è discussa in tale video: dall'Egitto faraonico all'Europa romanizzata.
U) Il video parla d'un oggetto in una
lega di metallo, principalmente composta di alluminio, rinvenuto durante certi
scavi in Romania e risalente al Pleistocene.
V) Il video tratta d’un inspiegabile
carro del tempo dell’antica Civiltà dell’Indo, raccolto da un privato. Senza ruote per correre, senza pale per
slittare, senza animali da traino per venir tirato, senza remi per navigare, senza
ali per volare….
Z) Il video si riferisce all'attualità, ma dimostra che la possibilità di realizzare gigantesche astronavi esiste anche oggi.
Appendice 1- Questo video riassume un po' tutta la facenda, anche se l'autore di questa serie aderisce purtroppo alla teoria degli antichi astronauti, che da parte nostra invece mettiamo in dubbio, a meno che si riferiscano a sviuppi umani - e quindi terreni - a noi sconosciuti.
Link:
Appendice 2- l video mette a confronto una scultura sumerica con una maya: in entrambi i casi parrebbe di trovarsi di fronte ad astronauti. Per quanto la cosa possa apparire incredibile. Da parte nostra non ci pare, sinceramente, vi sia forzatura nell'interpretazione. Anche se la cosa, di per sé, ci lascia sconcertati.
Appendice 3- La strana città sotterranea rinvenuta in Cappadocia, a 3 piani, ha tutta l'aria di essere un bunker.
Appendice 4- Un'incredibile immagine trovata nel Regno di Urartu e risalente a c.6000 anni fa. è quella d'un razzo che incorpora un solo pilota. Il pezzo appartiene al Museo di Istanbul, ma non viene esposta poiché si è in dubbio se ritenerla un falso o meno. Egualmente si potrebbe dire dell'<Astronauta> di Palenque, in Messico.
Appendice 5- Un'indagine (ben fatta) sui Wandjina, strani esseri dalla pelle bianca estranei al mondo australiano ma presenti sulle pitture parietali. Da dove venivano? Dall'Atlantide?
Appendice 6- Un'interessantissimo documentario, almeno per le immagini, ma con un commento che mette fuoristrada. Si tratta della scoperta d'un tempio antichissimo, risalente a c.11.000 anni fa, probabilmente dedicato al culto dei morti. Forse una vasta tomba. L'idea che sia stato costruito da cacciatori-raccoglitori (una categoria inventata dall'antropologia culturale) è folle. L'architettura è un arte praticata dai popoli sedentari: i primi architetti erano in realtà dei carpentieri.
Appendice 7- La teoria degli Antichi Astronauti, poi ampliata in quella dei Paleo-contatti, è basata sulle teorie dalla scienza ufficiale ritenute bislacche di Peter Kolosimo ed Erich von Däniken. A sua volta questa teoria, sviluppata negli Anni '60, poggiava sulle tesi della clipelogia degli Anni '70.
Link:
Questo è un ottimo art. di S.Knapp: UFOs and Vimanas (segnalato in WIKIPEDIA, s.v.: VIMANA). Su tali dati riportati non si può più scherzare. Bisogna spiegarli in qualche maniera, senza pregiudizi di sorta.
N.B. Nell'art. si cita il titolo d'un libro che formula la nostra stessa ipotesi, l'autore essendo un certo D.Childress, che sentiamo nominare oggi (29/10/17, 23h 22m) per la prima volta. La nostra ipotesi è che tali macchine nel loro ingranaggio risalgano all'ultimo terzo del Tretayuga, ossia alla prima fase della civiltà atlantidea. L'articolista esagera attribuendone l'invenzione a Brahma, Si capisce bene, però, che ad un certo punto vi è stato un passaggio dalla fantasia all'opera. Pare che l'autore del libro sia invece d'accordo su questa ipotesi, anche se - non avendone letto il saggio - non sappiamo cosa intenda per Atlantis. Siamo invece d'accordo con lui e coll'articolista che gli Ufo attuali siano stati realizzati coll'aiuto dei dati forniti dai testi indiani, probabilmente mescolati colle acquisizioni di Tesla e forse anche di altri. Evidentemente dietro a tutta la faccenda vi sono degl'iniziati che non si sono lasciati ingannare dalle ciarle qualunquiste dell'Accademia, indipendentemente dai fini per i quali tali velivoli siano stati costruiti. La realtà è più complessa di quanto immaginiamo di solito... Circa i viaggi interplanetari, dei quali non sapevamo nulla prima della lettura, rimaniamo da un lato stupefatti (mai l'avremmo immaginato sino a qualche tempo fa) e dall'altro ciononostante non ci meravigliamo affatto conoscendo gl'indiani e la loro dettagliata visione del mondo. Ricordiamo solo una cosa a chi dovesse entusiasmarsi troppo dinanzi a tali riflessioni, sarà forse per le nostre parziali origini ostrogotiche, ma non possiamo non dirlo: sappiamo che l'Atlantide è finita male, molto male, per essersi dedicata alla magia nera. La fine è stata sicuramente dovuta a dei cataclismi ciclici, quindi naturali, che avvengono regolarmente alla fine d'ogni yuga; tuttavia non è da escludere che vi sia stata, per qualche verso, anche la mano dell'uomo.
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