e la nostalgia del Paradiso
(*)
a) Introduzione
Antonello
Scarpulla ha pubblicato su Youtube quasi
un anno fa (esattamente il 16-10-16) una fiction
teatrale adolescenziale a cura del “Mari
Ruci” (l’I.C.S.
Maredolce di Palermo), molto divertente.
Link:
Ivi
si narra la leggenda d’un personaggio molto popolare in Sicilia, divenuto
addirittura l’emblema della regione, anche se si dice originario del Catanese e
poi trasferitosi nel Messinese. Su codesto personaggio si sono accesi
dibattiti innumerevoli presso dotti raccoglitori di fiabe popolari quali il
Pitré, o Calvino ecc. Si sono
interessati a lui, solo per stare ai tempi contemporanei, uomini quali
Benedetto Croce; ma le prime citazioni che lo riguardano risalgono al Tardo
Medioevo e sono continuate in seguito nel Rinascimento e nell’Età Moderna, vedi
ad es. il poeta e filosofo tedesco J.C. F. von Schiller. Ivi non vogliamo ripercorrere le fortune
letterarie del personaggio, che ci interessano poco dal nostro punto di vista,
prettamente esoterico. Semmai vorremmo
tentar di ricostruire – se ne siamo capaci – i risvolti occulti, precisando che
per essi non intendiamo riferirci alle magie del mare e dei pescatori ereditate
dai lontani tempi shamanici; quanto piuttosto ai significati reconditi inerenti alla
storia di Colapisci, quali si possono
dedurre dalle varianti giunteci a noi in forma orale o scritta.
Intanto
cominciamo ad analizzare anticipatamente gli elementi teatrali che ci paiono interessanti
e totalmente al di fuori degli schemi riduttivi della fiaba in questione: in primis la passerella delle creature
del mare, elencate una ad una nelle loro principali forme, sicura eredità di
vecchi rituali piscatori volti a
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favorire la pesca e siultaneamente ad illustrare religiosamente l’indicibile varietà del Creato. Tra queste compaiono anche le Sirene, che generalmente non fan parte delle tradizioni siciliane, ma che rientrano piú specificatamene in quelle pugliesi o partenopee. Queste ultime, ad esser precisi, discendono non dal costume napoletano vero e proprio; bensí da quello dalla Grande Lucania antica, la quale estendevasi fino al Mar Tirreno inglobando certe zone della Campania e della Calabria odierne. E che, quindi, si può ritenere un’estensione tirrenica del folclore dello Jonio. Inoltre, si nota nella fiction la sottolineatura dell’addebito a Nettuno (la forma romana di Poseidone) del Regno Marino, quantunque il dio romano sia in realtà da assimilare maggiormente al Necht celtico, dio delle fonti, che non al suo omologo greco. La canzone di Otello Profazio, dedicata a Colapisci, lo dichiara addirittura un figlio di Poseidone. Anche se, invero il primo, è figura molto maggiormente vetusta del secondo. Un terzo elemento spurio, ma assai efficace per la manifestazione culturale, è l’esaltazione del mare quale bene comune dell’umanità e come fonte d’abbondanza perpetua. Fra le altre cose notiamo che la la sceneggiatura implica l’inserimento della variante crociana dell’inghiottimento di Cola a scopo itinerario. Buona la musica d’accompagnamento e il cantato, anche se un po’ fuori del coro.
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favorire la pesca e siultaneamente ad illustrare religiosamente l’indicibile varietà del Creato. Tra queste compaiono anche le Sirene, che generalmente non fan parte delle tradizioni siciliane, ma che rientrano piú specificatamene in quelle pugliesi o partenopee. Queste ultime, ad esser precisi, discendono non dal costume napoletano vero e proprio; bensí da quello dalla Grande Lucania antica, la quale estendevasi fino al Mar Tirreno inglobando certe zone della Campania e della Calabria odierne. E che, quindi, si può ritenere un’estensione tirrenica del folclore dello Jonio. Inoltre, si nota nella fiction la sottolineatura dell’addebito a Nettuno (la forma romana di Poseidone) del Regno Marino, quantunque il dio romano sia in realtà da assimilare maggiormente al Necht celtico, dio delle fonti, che non al suo omologo greco. La canzone di Otello Profazio, dedicata a Colapisci, lo dichiara addirittura un figlio di Poseidone. Anche se, invero il primo, è figura molto maggiormente vetusta del secondo. Un terzo elemento spurio, ma assai efficace per la manifestazione culturale, è l’esaltazione del mare quale bene comune dell’umanità e come fonte d’abbondanza perpetua. Fra le altre cose notiamo che la la sceneggiatura implica l’inserimento della variante crociana dell’inghiottimento di Cola a scopo itinerario. Buona la musica d’accompagnamento e il cantato, anche se un po’ fuori del coro.
Una
seconda recita al Teatro ‘Regina Margherita’, da parte della scuola elementare
Gen. Macaluso di Racalmuto, mostra una recita un poco piú accurata della precedente,
sebbene manchi della vivacità che caratterizza la stupenda sfilata delle
creature del mare nella precedente. Anche le musiche e le scenografie
sono meglio impostate. Il testo descrive le 3
tappe dell’inabissameno marino di Cola, su cui si basa precipuamente questo
tipo di recite. La videoregistrazione è
stata pubblicata il 4-03-13. Il
pretesto, provocato da Re Federico II e dalla Principessa Costanza, è dapprima
un’Aurea Coppa; poi una Corona d’Oro (ma la leggenda ha come variante la Collana),
indi un Aureo Anello.
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Alla fine c'è un richiamo ai Giudici Falcone e Borsellino, che si giustifica col fatto che nella 'Terza Impresa' l'Uomo-pesce avendo trovato il <Fuoco> che consuma la <Terza Colonna> reggente la Sicilia decide di sacrifcarsi perpetuamente reggendola colle sue mani. In effetti questa Colonna è l'Axis Mundi e regge non solo la Sicilia, ma l'intero Mondo. Del resto tutta la fiaba è orientata a celare il grande mistero della nostra esistenza, e del Paradiso Terrestre in chiave pagana, pur adattato alla visione cristiana e al folclore locale. E non è certo un caso che, secondo quanto insegna il Giudice Imposimato, i suddetti giudici stessero indagando sul 'Nuovo Ordine Mondiale', il quale altro non è che il Regno divenuto visibile dell'Anticristo. L'argomento è perfettamente solidale, per linea antitetica, col tema di codesta leggenda.
b)
L’interpretazione criptica della leggenda
La
prima cosa da fare in casi del genere è il recupero prezioso dei dati
dell’intera storia, quale si può trovare solamente attraverso un lavoro
accurato di giustapposizione ragionata dei vari particolari della leggenda,
anche se in apparenza slegati l’uno coll’altro; il metodo è stato sperimentato
dalla O’Falherty in ambiente indiano, relativamente alla vicenda di Śiva.
Quel che ne è uscito, in quel caso, è un racconto coerente e per nulla
dispersivo. Per questioni di spazio ivi
non citeremo le varie versioni reperite dagli studiosi, anche perché –
immaginiamo – esistono su di essi con tutta probabilità dei copyright di stesura o di trascrizione
in lingua italiana o dialettale, a differenza che nelle tradizioni hindu prese
in considerazione. Ma tenteremo
egualmente di designare quegli elementi che ci paiono fondamentali, elencandoli
ad uno ad uno:
1)
Una
donna, di nome Agata (il nome può variare da una versione all’altra), è la
moglie d’un pescatore nel Messinese; ma è sempre triste non avendo figli e un
giorno decide, tristemente, di togliersi la vita gettandosi in mare con una
pietra legata al collo.
2)
Un
<Pesce Parlante> – esattamente un pescespada – la salva e la rende
magicamente gravida, spronandola ad inghiottire la Conchiglia che sta su uno
scoglio nei pressi.
3)
Il
figlio Nicola che nascerà avrà la passione del mare, tanto da sembrare un pesce
ed esser denominato dalla gente dei dintorni Cola Pesce (in siciliano Colapisci)
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4) Questa sua passione è accompagnata da uno sviscerato amore per le creature marine, contrastante però colla non felice posizione economica della famiglia, dato che il padre è un umile pescatore.
5)
Un bel
giorno la madre, esasperata dal comportamento strano del figlio lo maledice:
“Possa tu diventare un pesce, visto che preferisci i pesci agli uomin!”
6)
Sicché
Cola diviene realmente un pesce, o meglio un anfibio, che riprende forma umana
quando si allontana dall’acqua.
7)
Cosí finisce per eccere accettato nel suo ambiente
e gli è permsso di assentarsi come vuole, facendo lunghi viaggi in mare.
8)
La
fama di questo essere ambiguo tuttavia cresce e un giorno perviene notizia di costui
alle orecchie dell’Imperatore Federico II (oppure Ruggero II).
9)
L’Imperatore vuole metterlo alla prova e
butta in mare una coppa d’oro.
10) Cola la recupera.
11) Seconda prova: la Regina butta la Corona
oppure il Re ributta la Coppa.
12) La riporta, ma
dà notizia che il fuoco dell’Etna raggiunge una delle <Tre Colonne>
reggenti la Trinacria e tale <Colonna> sta per cedere.
13) Terza
prova: la Principessa butta l’Anello oppure il Re per la terza volta la Coppa.
14) Cola
non ritorna piú.
15) Forse è morto, ma altri dicono
che stia reggendo la <Colonna> consumata per il bene dell’isola,
raffigurata in alcuni casi giustamente come quella <Centrale>.
c) Il significato simbolico della storia da un punto di vista esoterico
Naturalmente la Sicilia è qui
un'immagine dell'Isola Paradisiaca, dove il rispetto per gli animali era
l'aspetto principale della vita umana. I bambini, colla loro innocenza, bene
interpretano quello stato sovrannaturale. Anche la sfilata delle creature
marine, come espressione di abbondanza (pure materiale) possiede tale
significato. Le <Tre Colonne> della Trinacria sono del resto le stesse di
quelle del Tempio di Salomone, due delle quali sono riprodotte sulla facciata
di ogni chiesa. La terza, centrale,
corrisponde alla Porta ed è l’ingresso al tempio inteso quale Mundus od Ordine. Una delle tre è corrotta: infatti l'asse
terrestre un tempo era diritto, come racconta il poeta inglese John Milton; ma
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poi gli Angeli (gli Dei) fecero in modo che si piegasse e scomparve quel clima di perpetua primavera ed insieme di beatitudine e benessere materiale, psichico e spirituale caratterizzante la prima metà dell'Età dell'Oro. Colapisci cerca di riportare sulla terra un po' di conoscenza del <Mare>, cioè delle 'Acque Celesti', riportando a galla per ben due volte la Coppa del Re (equivalente al Graal dei 12 Cavalieri della Tavola Rotonda); che infatti in certe versioni è sostituita la seconda volta dalla Corona della Regina a ‘Sette Punte’ (l’Ebdomade Planetario) e la terza dall'Anello della Principessa Costanza (ossia lo Zodiaco). La terza volta tuttavia il rimedio appare impossibile, siccome la Coppa – fuor di metafora il Cuore umano – è troppo corrotto ed è mangiato dal Mostro, il Leviatano. L'unica speranza è nel 'Secondo Avvento', il ritorno del Cristo-pesce (Cola-pesce). Ovviamente le <Tre Colonne> a livello microcosmico sono le tre potenze interori che nel Tantrismo vanno sotto il nome di Nāḍi. E la <Colonna Centrale> equivale senza dubbio a Suṣumnā, la corrente intermedia agente sulla colonna vertebrale. Vedi mio articolo in proposito. Link:
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poi gli Angeli (gli Dei) fecero in modo che si piegasse e scomparve quel clima di perpetua primavera ed insieme di beatitudine e benessere materiale, psichico e spirituale caratterizzante la prima metà dell'Età dell'Oro. Colapisci cerca di riportare sulla terra un po' di conoscenza del <Mare>, cioè delle 'Acque Celesti', riportando a galla per ben due volte la Coppa del Re (equivalente al Graal dei 12 Cavalieri della Tavola Rotonda); che infatti in certe versioni è sostituita la seconda volta dalla Corona della Regina a ‘Sette Punte’ (l’Ebdomade Planetario) e la terza dall'Anello della Principessa Costanza (ossia lo Zodiaco). La terza volta tuttavia il rimedio appare impossibile, siccome la Coppa – fuor di metafora il Cuore umano – è troppo corrotto ed è mangiato dal Mostro, il Leviatano. L'unica speranza è nel 'Secondo Avvento', il ritorno del Cristo-pesce (Cola-pesce). Ovviamente le <Tre Colonne> a livello microcosmico sono le tre potenze interori che nel Tantrismo vanno sotto il nome di Nāḍi. E la <Colonna Centrale> equivale senza dubbio a Suṣumnā, la corrente intermedia agente sulla colonna vertebrale. Vedi mio articolo in proposito. Link:
E
il fuoco dell’Etna che lambisce nel sottofondo marino (Inferi) la ‘Terza
Colonna’ è come la Śakti-kuṇḍalinī, che riportata nel sommo capo al
principio opposto maschile (Śiva = Polifemo) conduce alla visione interiore del ‘Sole-dai-Mille-Petali. Del resto, lo stesso Cola nella versione
greca originaria si chiamava Andríttios ed aveva un corno di pescespada in
fronte, il quale possedeva il medesimo valore del ‘Terzo Occhio’ ovvero la
capacità di contemplare l’Eterno in noi.
N.B.- Per un approfondimento cfr. G.Acerbi, Il Re Pescatore e il Pesce d'Oro. Aspetti della Rivelazione Primordiale, Cap.II, §§ v-z. L'uscita è prevista per il 2018, probabilmente presso 'l Quaderni di Simmetria', Roma.
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